Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
 

Messaggi di Dicembre 2008

Due donne: epilogo

Post n°385 pubblicato il 22 Dicembre 2008 da middlemarch_g
 

Fino a qualche settimana fa mi capitava di passare la mia pausa pranzo del martedì con una compagna di studi conosciuta ad aprile frequentando un corso.

Un soggetto piuttosto interessante, a modo suo. Formatrice volontaria in una struttura privata di supporto per genitori in difficoltà. Ci avevo scritto anche un post. E' il tipo da eviscerazione del tema in oggetto, il genere sacerdotessa dell'indicibile, nel senso che di ogni argomento che abbiamo trattato mi ha offerto la sua visione ponderata da una molteplicità di punti di vista. A volte ero d'accordo con lei, a volte no, a parte il dettaglio che parlava quasi sempre lei e io quasi mai, non potevo onestamente rimproverarle molto. Proprio a voler trovare il pelo nell'uovo, diciamo che forse era afflitta da una certa pesantezza scolastica. Sembrava sempre che prima di parlare avesse preparato le slide della lezione, ma insomma è una cosa che capita spesso a chi di mestiere tiene corsi e magari possiede il talento di un'esposizione sistematica, e non è necessariamente un difetto.

La prima volta che ci siamo viste mi ha raccontato del modo in cui stava affrontando la crisi del suo matrimonio. La seconda abbiamo abbordato il tema della sua salute precaria. La terza e ultima ha attaccato con i figli. Due. Venti e diciassette anni. Ci hanno occupato un'ora e dieci di pausa pranzo. Alla fine, mentre eravamo in fila per pagare, l'ho vista rilassare la sua struttura muscolare, abbassare le spalle, e abbandonare quella posa docente versus discente che fino a quel momento aveva sempre tenuto ben salda. Ha cominciato a sorridermi in modo spontaneo e mi ha dichiarato la sua simpatia, l'importanza che aveva per lei aver trovato qualcuno con cui parlare in questa fase della sua vita. E insomma a un certo punto ho capito che aveva un osso da sputare, uno grosso, e che i 3 incontri che avevamo avuto fino a quel momento erano stati una specie di test, tanto per verificare se poteva davvero fidarsi di me. Vabbè, mi dico, arrivati a questo punto, tanto vale ascoltare anche il resto. Paghiamo. Usciamo dal bar. Risaliamo in biblioteca, e sul corridoio di accesso mi confessa tutto.

Sono turbata, mi fa. E' che ho parlato con mia figlia e le ho chiesto con molta delicatezza come pensava di orientarsi nella sua vita sentimentale. Perché sai – ha aggiunto con un sospiro allusivo – non è come per la nostra generazione, certi confini non sono altrettanto chiari. E insomma lei mi ha risposto così: onestamente mamma, non so ancora se mi capiterà di innamorarmi di un uomo oppure di una donna.

Io ho fatto un lungo respiro. Le ho chiesto: se scegliesse per l'omosessualità tu come reagiresti? Lei ha spalancato gli occhi. Un altro po' le pupille sforavano la montatura degli occhiali, come nei cartoni animati. Ha deglutito. Non sarebbe un problema, le è uscito in un rantolo come se avesse inghiottito una tartaruga di mare con tutto il carapace, anche se devo confessarti che l'omosessualità non mi ha mai convinta fino in fondo visto che non ne è stata ancora dimostrata in alcun modo la base genetica...

Ma pensa un po', manca la base genetica! ho risposto io cercando di non sembrare alterata. Anche la generosità non ha base genetica, anche l'altruismo, o la coglionaggine congenita, o l'imbecillità senza appello. Un sacco di cose non risultano avere base genetica. Non per questo ci sogniamo di negare che esistano, vero? E mentre le dicevo queste cose selezionando vocaboli un po' meno aggressivi di questi, in realtà pensavo tra me e me: sono tempi durissimi per i reazionari. Perché non è più come una volta che ti potevi attaccare alle Tavole della Legge della Pubblica Moralità e vantartene. Oggi un sacco di moralisti – che credono le stesse cose dei loro trisavoli e che si troverebbero benissimo nella Salem del XVII secolo – sono costretti a fare dei voli pindarici faticosissimi per giustificarsi prima di tutto con se stessi. Il libero pensiero li ha stanati dai loro codici così comodamente manichei e li ha costretti a fare i conti con la pluralità delle idee e degli orientamenti. Adesso, quando ti tocca rimediare una scusa che giustifichi il tuo atavico orrore contro l'omosessualità, non basta più limitarti a saper leggere, scrivere, far di conto, e poi affidarti a quel che dice il prete, adesso tocca mettere in mezzo la base genetica! Bisogna saperne di teorie evoluzionistiche, di chimica, di fisica quantistica! Per essere un reazionario come si deve oggi come oggi ti devi fare un culo come un secchio! Questa donna è sinceramente sicura di quello che dice quando racconta a se stessa e a me di non avere alcun problema con l'omosessualità, o quando mi cita – e come poteva mancare! - l'amico carissimo e omosessuale che ha avuto a fianco per anni come patente del suo diritto a parcheggiare nell'area al di sopra di ogni sospetto. Ma quando l'omosessualità viene a stanarla dentro casa, le sue sicurezze le franano sotto i piedi. D'improvviso rimpiange di non poter più ricorrere all'accusa di immoralità, di blasfemia, di impurità, che non sono mai servite a un cazzo, sia detto per inciso, e meno che mai a cancellare l'esercizio di certe pratiche peccaminose, ma che almeno davano ai custodi della morale la garanzia di essere gli Unici Beneficiari della Grazia Divina. Adesso invece bisogna fare buon viso a cattivo gioco, digrignando i denti e fingendo di essere quello che non si è, e che non si è stati mai, e per molti è una cosa da crisi di fegato.

Non le ho esposto questi concetti nello stesso modo in cui li sto dicendo a voi, perché questo non avrebbe garantito un sereno svolgimento del dialogo, ma le ho spiegato perché al posto suo non mi sarei preoccupata. Mi sono mantenuta esemplarmente calma mentre lo dicevo, e tutto sommato sono abbastanza orgogliosa di me. Perché dentro non ero calma, e non avevo nessunissima voglia di affrontare in modo ragionevole una donna che nel corso della nostra discussione ha definito l'omosessualità come una scelta volubile essenzialmente fondata sul fatto che è una cosa che va di moda. Non l'ho fatto per lei, naturalmente, l'ho fatto per la figlia adolescente. Perché se, Dio non voglia, alla fine dovesse fare la scelta volubile che teme la madre, per lei sarà una vita d'inferno, e si merita che qualcuno almeno provi a far ragionare la donna che l'ha messa al mondo.

E ho provato. Ma la qualità del mio intervento non deve essere stata granché, perché mi ha salutato affettuosamente, ma da quel momento, ed è ormai passato un mese e mezzo, non ha più messo piede in biblioteca. Non so bene com'è, ma adesso durante i miei pranzi del martedì sono di nuovo sola.

 
 
 

Per aspera ad astra

Post n°384 pubblicato il 21 Dicembre 2008 da middlemarch_g
 

E' bello che nella settimana che precede il Natale sia tutto un florilegio di notizie che alimentano la fratellanza fra i popoli. Prendete questa. Non è tenera nella sua invereconda ricostruzione dei fatti?

Per il prossimo 17 febbraio – cadranno giusti giusti 409 anni dall'evento! - mi aspetto che il papa appaia alle finestre raccogliendo in un fraterno abbraccio tutti i convenuti a commemorare il rogo di Giordano Bruno. Potrebbe dire qualcosa del genere: perché i filosofi come lui hanno contributo a farci capire diverse cose sui misteri della dinamiche fra combustibili e comburenti. Anche questi sono miracoli della natura. Eh si. E' giustissimo. Non ci piove.

L'imbecille sono io che mi ostino a illudermi che ci siano cose che la decenza dovrebbe impedire anche solo di pensare.

 
 
 

Post N° 383

Post n°383 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da middlemarch_g
 

Nella frenesia delle feste, un altro po' me lo dimenticavo 

Questa settimana statolatria è  senz'altro la mia parola preferita. In spagnolo, se per caso avete la curiosità di saperlo, si dice nello stesso modo. Chissà che la perfetta sovrapposizione fonetica e semantica non risulti di buon auspicio anche per noi.

Hai visto mai.

 
 
 

Middlechristmas

Post n°382 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da middlemarch_g
 

Qualcuno s'è fermato sulla porta con una mano sullo stipite e l'altra appoggiata leggermente alla maniglia. Ha dato un'occhiata, mi ha sorriso, ha lanciato un bacio sulla punta della dita, poi ha richiuso discretamente e se n'è andato via. Secondo me non sarebbe stato difficile fare un passo in più ed entrare, ma non posso vivere la vita degli altri e non ho alzato la voce per chiamare il loro nome.

Qualcuno invece è entrato a passo deciso e s'è buttato in poltrona, appoggiando i piedi sul tavolo con una compiaciuta arroganza che ho adorato. In certi casi s'è spinto a condividere i miei gusti in fatto di arredamento, in altri non ha nascosto le sue perplessità. Ce n'è uno in particolare che non s'è limitato a esprimere un dissenso: ha fatto volare i quadri dalla finestra e fracassato i vasi di vetro colorato con una sua scientifica, imperturbabile calma zen. Ma perfino con lui, alla resa dei conti, mi sono fatta delle gran risate e due o tre discussioni sui massimi sistemi che hanno cambiato di segno al mio senso dell'amore.

Con qualcuno mi sono rotolata sul divano in certi pomeriggio di inverno che a ripensarci oggi mi vengono ancora i brividi, e non è per il freddo. Qualcun altro aveva le idee molto chiare su come avrei dovuto vivere la mia vita, e m'è toccato disilluderlo perché sono orgogliosa delle mie cazzate tanto quanto delle cose per cui verrò ricordata, mentre mi sarei vergognata di quelle fatte a nome suo senza distinzione sia nel primo che nel secondo caso. C'è stato chi m'ha promossa madonna angelicata per fare di me lo scopo della sua vita, e m'è toccato disilludere anche lui. Mi arrampico con te sulle peggiori ferrate, ma non mi chiedere di fare da contenitore per la tua anima, perché la vita ha indubbiamente sempre un senso ma tu sei l'unico responsabile delle tue risposte.

Uno, e uno solo, ha costeggiato ogni tratto del cammino, perfino quelli che ho fatto sola, prima di incontrarlo, e non m'ha messo mai i bastoni tra le ruote, né l'ho visto una sola volta farmi scontare l'arroganza di un passo avanti o accontentarsi di uno indietro.

L'unica cosa che vorrei dire è che al contrario di quello che si potrebbe pensare solo perché ho il vizio di frequentare tempi e modi assoluti, qui c'è sempre spazio. C'è molto spazio. Nessuno si deve sentire obbligato ad uscire. Nessuno sbiadisce col tempo. Nessuno viene destituito. Non ci sono amministratori a cancellare nomi dal citofono o facchini a rimuovere il segno di un passaggio inopportuno. Lo dico soprattutto a quelli che non riescono a crederci. Perché è Natale, e a Natale si può fare lo sforzo di accettare anche qualche pretesa impossibile. Del resto dire se sia davvero impossibile o meno, è qualcosa che spetta al talento della mia ambizione e non al limite del vostro giudizio.

Lo ripeto, a chi ha orecchie per intendere e ai sordi. Qui c'è spazio. E' un'entrata senza uscite, un pieno senza vuoti, una forza non soggetta all'entropia. Scegliere di passare oltre è una vostra decisione che non discuterò. Scegliere di uscire spontaneamente è un'opzione che sarà sempre praticabile. Io non ho pretese e non ho dichiarazioni da rilasciare se non questa: che c'è spazio. Ed è un luogo sicuro.

 
 
 

Lost war

Post n°381 pubblicato il 18 Dicembre 2008 da middlemarch_g
 

Vado a una riunione in centro. Portello, Borgo Altinate, Palazzo del Bo'. Riunione. Presentazione dei risultati del questionario che aveva l'obiettivo di verificare se e quanto i docenti di ateneo ricorrono alle risorse bibliotecarie. Risultati spassosissimi. Lievemente contraddittori, anche. Tipo quella cosa sul reference. Il reference sarebbe un modo pomposo per indicare cumulativamente tutto-quello-che-un-bibliotecario-sa-e-che-tu-ignori-per-cui-se-non-te-lo-spiega-lui-non-capirai-mai-come-funziona. La domanda era:  in che misura  i docenti di ateneo ricorrono ai bibliotecari per un supporto di reference? Risposta:  l'1%. Successone. Domanda successiva: come valutano il livello di preparazione dei bibliotecari? Risposta: molto positivamente. La domanda che mi pongo io, in camera charitatis, è invece la seguente: ma se tu, docente universitario, m'hai appena detto che non mi chiedi mai una mazza perchè solo l'1% di voi ricorre al reference, la valutazione positiva delle mie capacità la basi su che? Disinvoltura ed eleganza? Bella presenza? Talento per l'entertainment? Non è dato sapere.

Comunque. La riunione finisce. Torno in biblioteca. Palazzo del Bo', Borgo Altinate, e prima di passare il confine col Portello li vedo. Stivali. Neri. Tipo questi. Non proprio esattamente come questi perché hanno la punta un po' più arrotondata Ma il tacco è uguale. E a parte il dettaglio della punta sono proprio tipo questi. Hanno i laccetti dietro, tra l'altro, e questa è una cosa che stimola enormemente il mio lato fetish. Oddio, io per certi aspetti sono fetish come Biancaneve nella versione alla carbonara. Però Biancaneve fetish secondo me può avere il suo fascino. Specie con quei tacchi lì.

Guardo il prezzo. Ma con calma. Non c'è fretta. Due ore a sentire cazzate sul reference, potrò passare un minuto in meditazione prima di leggere quel cartellino, no? Respiro. Lo inquadro. Lo so. La cosa peggiore è quella che temevo. Me lo posso permettere, porca paletta. Porca, dannata, paletta.

E' che quando una viene su intrippata di transfer letterari, poi può solo  detestare il fatto di essere così schifosamente permeabile alle tentazioni più prosaiche.

 
 
 

Great expectations

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

 

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