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La casa di Jack


Ci sono film che passano inosservati ed altri che,invece,lasciano il segno in maniera indelebile. Lars Von Trier ci dona il suo film più personale,tormentato ed epico che tocca vette cinematografiche difficilmente eguagliabili. E proprio per questo spiazzanti. Ma partiamo dal principio..Inizio anni '70,Stati Uniti. Jack è un ingegnere sociopatico con tendenze malvagie ossessivo-compulsive che,quasi per caso,arriva ad uccidere una donna che aveva soccorso sul ciglio della strada. Dopo questo omicidio,nato più da un impulso istintivo che da una vera progettazione,Jack inizia ad avere una esigenza sempre più crescente ad uccidere donne alla ricerca della perfezione e di un retroscena artistico collegato a questi omicidi. La sua ossessione verso la pulizia e la perfezione,unita alla sua passione per l'arte in generale,lo porta a compiere gesti sempre più efferati che scopre avere poi anche una sorta di risvolto positivo verso le sue ossessioni,e la corsa contro la polizia non fa altro che avvicinarlo sempre più verso una follia emotiva ed emozionale.Un film spiazzante e cinico,elettrizzante ed unico,introspettivo e malato,un vero toccasana per un cinema che troppo spesso dimentica la sua vera natura artistica: stimolare il cervello. Un progetto che attinge nell'arte (da Alighieri alla fotografia),dal cinema anni '70 (l'horror di stampo italiano su tutto) e con un Matt Dillon semplicemente meraviglioso nella sua maschera psicopatica che ricorda molto da vicino il Norman Bates del maestro Hitchcock. Qui,semplicemente,si va a lezione di cinema.