MILK

Indipendence gay


Ciak, n°1 – gennaio 2009 – Intervista a Gus Van SantChe cosa rende Harvey Milk così speciale per lei? Ha avuto qualche dubbio se dirigere o meno questo film?No, non ho mai avuto dubbi sul fatto che lo avrei diretto. Era importante che lo facessi, proprio perché le persone hanno dimenticato la storia di Harvey Milk e un periodo importante. È la nascita di un quartiere internazionale gay, Castro. È il primo decennio in cui si attenua l’idea che l’omosessualità sia criminale: prima del 1969 venivi sbattuto in galera solo se danzavi insieme ad un uomo su una pista da ballo. Ci stavi per diversi anni, forse dieci, perché avevi ballato con una persona! Dunque si, era molto importante per me fare questo film.Quanto era necessario per lei girarlo nella vera San Francisco?Era importante perché è lì si sono svolti davvero i fatti. È stato grandioso. Io volevo girarlo lì, ma è stato soprattutto Sean Penn che ha insistito perché lo facessimo nella vera Frisco. È lui che ha reso possibile questa scelta, insistendo con la produzione: ha detto che non avrebbe fatto il film se non avessimo girato lì.Ci sono pochissimi gay dichiarati tra gli attori di spicco di Hollywood. Pensavo che in una professione del genere fosse qualcosa di più facile da accettare, per esempio rispetto alla politica. Perché fanno outing solo in pochi?Penso che sia dovuto agli spettatori. I film si rivolgono a un pubblico più vasto possibile. Se il pubblico si compone all’80% di eterosessuali, allora chi produce il film preferisce raccontare storie d’amore eterosessuali, perché pensa che sia quello che il pubblico cerca. Credo sia soprattutto un fatto commerciale. Se gli attori non accettano le regole di questo gioco, la loro carriera potrebbe bloccarsi, almeno in America. Non penso che sia necessariamente così anche negli altri Paesi.Molte persone pensavano che non avrebbero mai visto un presidente afroamericano nella loro vita. Potremmo mai vedere un presidente omosessuale? Penso di sì. Harvey sarebbe stato un buon Presidente.