MILK

Il giusto equilibrio di MILK


Se c'è una tematica che per autori e produttori costituisce delle vere e proprie sabbie mobili, quella è (notoriamente) l'omosessualità: se la si affronta in modo troppo compiacente, si rischia di essere tacciati di buonismo; se la si affronta in modo poco compiacente, al contrario, si rischia di essere tacciati di omofobia. E in entrambi i casi, molto spesso, anche di astuta speculazione in nome dello show business.C'è però una terza via percorribile, che è poi quella dei grandi autori e dei grandi produttori, ovvero quella di svincolare la tematica gay da qualsiasi "prurito di diversità" facendola passare del tutto in secondo piano rispetto al messaggio e alla metafora che essa incarna.Ecco: Gus Van Sant, con Milk, è riuscito nella (tutt'altro che semplice) impresa di confezionare un film che per oltre due ore affronta la cosiddetta "questione omosessuale" - con scene talvolta anche piuttosto esplicite - lasciando però in bocca soltanto il sapore di un racconto umano e politico in parte figlio degli Anni '70 ma, molto più genericamente, del tutto vivo e attuale ancora oggi...Così, dopo avervelo presentato alcune settimane fa, siamo finalmente riusciti a vedere in anteprima il film che, a detta di tutti (e non a torto), è uno tra i più seri pretendenti a fare incetta di statuette nell'imminente Notte degli Oscar.L'intreccio segue l'evoluzione della carriera di Harvey Milk da "squattrinato" attivista gay a consigliere comunale di San Francisco - il primo a dichiarare apertamente le sue inclinazioni sessuali - fino al tragico epilogo del 27 novembre 1978 quando fu assassinato dal suo principale osteggiatore, l'ex consigliere comunale Dan White.La prima cosa che colpisce, per chi è abituato a considerare San Francisco la storica capitale gay per eccellenza (quella, per intenderci, cantata dai Village People), è la ricostruzione del clima culturale e sociale che aleggiava lungo Castro Street prima che Milk la eleggesse a epicentro della propria propaganda. Un quartiere chiuso e represso, che si trasforma lentamente, e non senza fallimenti e incidenti di percorso, in una bomba a orologeria contro il pensiero piccolo-borghese da una parte e contro ogni  genere di discriminazione razziale dall'altra, animata dall'autentico spirito della democrazia e della rivoluzione.A convincere in maniera ancora più marcata è però il cast, splendidamente corale e con interpretazioni di genuina spontaneità (anche in questo caso, se non si è grandi attori è piuttosto facile tenersi eccessivamente sopra o sotto le righe), da Sean Penn a Emile Hirsch - irriconoscibile, e autentica rivelazione del film - e da James Franco a Josh Brolin, più che mai sotto i riflettori anche per il concomitante W. di Oliver Stone.È soprattutto grazie a loro se la militanza di Milk assume i contorni non di un "caso di cronaca" bensì di una "favola nera" le cui origini e le cui motivazioni (la lotta alla intolleranza e la difesa dei diritti umani) popolano ancora oggi, a 30 anni di distanza, le prime pagine dei giornali, e hanno trovato in Barack Obama una figura altrettanto destabilizzante per essere portate avanti.Forse, volendo trovare il classico "pelo nell'uovo", si potrebbe riconoscere alla pellicola alcuni momenti di eccessiva puntigliosità nella ricerca filologica delle dinamiche politiche a discapito di quelle più strettamente emotive tra personaggi opposti (che poi costituiscono anche il reale fattore scatenante del tragico finale), ma si tratta di un peccato veniale corrispondente, forse, a una precisa scelta tecnica.Tratto da http://www.madeinaction.tv/2009/01/-se-ce-una-tematica.php