THE VOICE OF SOUL

GRAFFITI - QUANDO LA SCUOLA INIZIAVA IL 1° OTTOBRE


 Post nostalgico dedicato ai“pluriventicinquenni” e dintorni.
  Allora, c’erano le cartelle, borse marroni con quella strana chiusura, quella sorta di due“tasti” metallici a forma di U ormai estinta, perché risalente a una qualche lontanissima era geologica, della quale, le nuove generazioni, non ne hanno nemmeno lontana memoria.   Producevano un rumore metallico, uno scatto, quando venivano inseriti nell’apposita scanalatura, simile ad uno scivolo.   Mi richiamava alla memoria lo scattare delle trappole per topi, che il nonno, in campagna, d’estate, piazzava strategicamente, lungo il percorso dei suddetti.   Era un suono triste, quando venivano appoggiate sui banchi la mattina all’arrivo in classe alle 8,30 e, aperte per tirare fuori libri e quaderni, ma il suono diventava di una incontenibile allegria, sorta di festoso scoppiettare, al suono magico della campanella che sanciva la fine delle lezioni.   Le cartelle pesavano poco, ed era possibile anche per i piu’ piccoli, portarle agevolmente.   I bimbi “ricchi”, ne sfoggiavano una sofisticata versione con bretelle per essere portata sulle spalle, e il colore non era di un triste marrone, ma di brillanti tinte, spesso piu’ di una combinata nella stessa cartella.   L’inizio delle lezioni era fissato per il 1 ottobre: S. Remigio, i piccoli della prima elementare, venivano chiamati teneramente “remigini”.   Alle elementari, i libri erano due.   Il libro di lettura, finestra sul mondo, illustrato con patetiche figure, sempre sorridenti, per altrettante patetiche “storie”, dove il trionfo dei buoni sentimenti, soprattutto quelli legati alla mamma e al papà, era addirittura imbarazzante.   Il sussidiario, micidiale concentrato di orrori che spaziava dalla grammatica, all’aritmetica, passando per la religione che poteva “vantare” l’imprimatur della Curia.   Si andava in classe rigorosamente in “uniforme”: grembiule bianco per le femmine e nero per i maschi.   Grembiule, accessoriato di colletto, sotto il quale faceva bella mostra di sé un enorme fiocco blu.   Il gioco “piu’ gettonato” era quello di slacciarselo a vicenda.   L’appuntamento fisso dal cartolaio- sconosciuti i “centri commerciali” dove fare razzia, di cancelleria ,disposta su lunghissime file di scaffali- era per l’acquisto dello stretto necessario che costituiva il “magro corredo” dell’alunno.   D’obbligo, l’acquisto di quella scatola di leggero cartoncino di un indefinibile colore, sorta di pallido giallino, recante sul fronte una finestrella dalla quale si intravvedevano le   matite colorate.   In basso, la storia di Angelo di Bondone, meglio noto come Giotto, raffigurato accucciato mentre disegna su un masso una pecorella, sotto gli occhi attenti e l’espressione severa di Cimabue, posto alle sue spalle.   Pochissimi quaderni dalle anonime copertine, accessorio d’obbligo, le sovraccoperte in plastica, per preservare dalla devastazione quaderni e libri.   Sui banchi, incredibile ma vero, c’erano ancora i fori per i calamai, retaggio di altre epoche e di altri alunni.   Quando qualcuno entrava in classe, era d’obbligo l’alzarsi tutti in piedi, soprattutto la mattina, quando la maestra faceva il suo ingresso nell’aula.   Qualche maestra particolarmente severa, usava la bacchetta per colpire i piu’ refrattari alla disciplina.   Qualcun’altra arrivava“all’ardire “ dello schiaffo, ma l’aspetto incredibile era che se lo dicevi a casa, rischiavi di “buscarne” altri.   (Splendore)