Storie di un giorno

Pomeriggi


Di Roma si dicono molte cose. Ne parlano tutti.E’ un argomento facile, all’apparenza.Roma radiocentrica – stratificata – compagnona – città “de core” – magnanima e papalina – conservatrice ma che si lascia vivere. E poi il traffico, il cibo, il lavoro, il clima. Sì.C’è qualcos’altro.Roma è una puttana. Dove un lavoro di bocca costa meno di una parola disinteressata.Una città che apre le gambe – meravigliose – con dolcezza mista a lascivia, senza fare neanche troppa resistenza, anzi partecipe e proattiva, ma dopo ti chiede i soldi.E’ una femmina addormentata su sogni rocciosi, stuprata ed in cerca di vendetta, solida nel suo cinismo costretto – troia e caritatevole, cinica e amante passionale.Ha i giardini più verdi del mondo, forse, ed una piazza il cui architetto – Coppedè – ha realizzato forse una tra le più straordinarie fusioni tra scuole architettoniche.Ha quartieri “veramente” residenziali e quartieri “veramente” popolari, favelas e luoghi di lusso.E’ una capitale, è vero, ed ha millenni di storia.Ha cimiteri monumentali e Basiliche che tolgono il fiato.Chiese per ogni angolo, ed arte e ruderi che puoi osservare non appena volgi lo sguardo da un punto all’altro del tuo orizzonte.Acquedotti e tangenziali, e - se non si sottilizza – un Colosseo dietro l’altro.Quartieri consacrati alla prostituzione, come da sua natura, e chiese, comunità – colli ed avvallamenti, un continuo saliscendi, temporale ed emotivo, geologico e sentimentale.In questa altalena di peripezie umane, oggi pomeriggio ho attraversato Roma, come leggendo uno haiku di tema autunnale.