Storie di un giorno

Gotico espanso


Una scala in una casa, in un quartiere a ridosso di un bosco, nella città dei matti.La casa ha un orto interno, un letto in stile giapponese. Sui lampadari, abbassati di un metro oltre la misura naturale, al posto delle lampade riposano candele impolverate.La scala conduce ad una porta in legno rosso. Tutto è sbilenco, qui.Nella casa si accede da un portone in legno, imponente, decadente – vecchio.Nel salone alle pareti in penombra spiccano le foto di antenati austroungarici.Bianco e nero, bianco e nero – in questa oscurità il colore si perde, diventa irraggiungibile.I velluti dei divani giacciono appesantiti su cuscini secolari ed inutilizzati da anni.Un piccolo materasso riposa in un angolo, usato per coiti occasionali.L’unico colore è il rosso della porta in cima alle scale.Stanze inattese, imprevedibili, vive o morte, stanno lassù.Sotto, una vecchia pendola attende di poter ricominciare a contare il tempo.Qui puoi essere vivo o morto, e niente cambierebbe.Nella cucina tutti gli utensili stanno fermi nel modo in cui furono lasciati.Da anni nessuno entrava qui, in questa casa maledetta dal Signore, dove nessuno è sopravvissuto.Qui, dove i morti riposano nell’orto, o forse al di là delle pareti impolverate, o al di là di quella porta rossa.La porta che vorrei varcare, per scoprire qualcosa che possa sembrare eterno, o quantomeno vivo, o anche adatto ad ospitare un uomo vivo.Ma non c’è niente che io possa amare veramente, osservare con passione. Qualcosa attraverso cui trascendere, e respirare l’aria dell’eterno.Non c’è niente di vivo, forse neanche al di là di quella porta rossa.Mi siedo sul divano, che mi inghiotte nel suo sonno immortale.Riportandomi al punto di partenza.