Storie di un giorno

A casa di M.R.


Il frammento di un racconto rubato nel sonno.Un sonno che non sa dare pace, ma solo un’interruzione al permanente dolore del giorno. “A casa di M.R. non passo spesso, ma solo di quando in quando. Non sono subito arrivata al ‘dunque dunque dunque’, ma ho aspettato che il resto si risolvesse.Mi godo una certa pace, una essenzialità dell’essere semplice, l’affetto che voglio, e la possibilità di andarmene quando voglio, senza dover nulla dire, nulla spiegare. Comando il gioco.Le camere da letto sono ai due lati dell’ingresso – di fronte c’è la cucina.Il bagno, boh, non ricordo.Nulla è nuovo, nulla è granché pulito. Anche l’altro affittuario non se la passa benissimo. E’ fratello di un collega. Ma non vede e non sente. E comunque, niente presenta un impegno. Posso andarmene quando voglio. E questo è importante. Questo è fondamentale. La mia pace. La mia libertà.Non riesco ad andare avanti. Altro non so dire. Altro – forse – non ho.Per te, invece, non ho idee. Ho solo provato l’attrazione di un gioco intellettuale, bello, inutile, eccitante e a vuoto. Quelle che tu chiami bugie. Ma era un gioco, anche se non innocuo.Un week-end di presunta malattia - il tema ricorrente, la malattia - ed un vederti ed evitarti, mentre vai - ne sono certa - al nostro bar.Ora: aspetterai al nostro bar (bellissimo bar, lo ammetto) le mie eventuali novità, il riemergere della mia passione per te, il mio riavvicinamento – impossibile, perché dopo tutto non ti sono mai stata veramente vicina, né ti ho mai amato. Ti ho detto che forse tornerò, ma sai che non è così. Non ti temo, non mi interessi, alfine.Non mi sei mai interessato. Il resto è stato menzogna. Ed ogni altra mia parola è solo cattiveria”. Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.Eugenio Montale, “Ossi di seppia”