Storie di un giorno

La macchia


E’ stato una settimana fa.Un corso d’acqua del quale rimangono solo sabbia e pietra.Dopotutto, è lo stesso corso d’acqua di un anno fa, o del Duemila, o di circa vent’anni fa.Comunque, questo è stato. Ora – perché talvolta il tempo sa essere assoluto, seppur non immortale.Un giro nei corridoi, come attraverso vallate e montagne, un mediocre parquet che rimanda alla mente mille strade di provincia e salite montane.Strade come corridoi e persone nelle stanze come gente che occhieggia da bar e botteghe.Personal computer che potrebbero essere piccole fabbriche, ognuno assiepato dietro la propria occupazione, lavorando o facendo altro, comunque costruendosi un sogno privato.Dopo tutto il giro, i piani percorsi e le salite scalate, i saluti distratti e le commesse sbadate, quel punto oscuro – la stanza non più occupata, la camera d’albergo che torna ad essere singola – non vedi più quella luce oscura. Il fuoco estinto, il richiamo assente. La macchia.L’ombra emanata da una lampada ambigua, intermittente. Intensamente, intimamente dolorosa.Non ci sono più i mostri ad urlare nella testa, né l’incitamento ad aver cura di sé ed ognuno dell’altro, non ci sono appelli da raccogliere né parole da ascoltare (che valga la pena d’ascoltare).Non ci sono più macchie.Il passato è limpido. Il futuro è vuoto.Il mondo fu pieno di colori. Oggi ogni voce rimane nello stomaco, o nelle teste altrui.