Ogni giorno, per molti giorni, le stesse cose.
L’automobile parcheggiata mille volte entro lo stesso raggio di cinquanta metri.
Le posizioni per guardarsi – le stesse, ripetute come si ripetono i saluti alle persone care – al tavolo di un bar, al ristorante, in auto, o altrove, in altri luoghi, o anche in piedi davanti al cancello, quando non era mai troppo tardi perché il buio sopraggiungesse, perché uno dei due (sempre lo stesso) se ne andasse, forse tornando il giorno dopo, o forse rimanendo un momento di un soggiorno non si sa quanto lungo.
Grazia, felice,
Non avresti potuto non spezzarti
In una cecità tanto indurita
Tu semplice soffio e cristallo,
Troppo umano lampo per l'empio,
Selvoso, accanito, ronzante
Ruggito d'un sole d'ignudo.
(Tu ti spezzasti, G.Ungaretti)
Spezzando non solo te – ma costringendo altri ed altrove a raccogliere i momenti sparsi e accantonati da mani ignote ed impietose negli angoli quasi tutti di un solo quartiere – stretto vivo popoloso e che ignora ciò che è giusto ignorare, almeno per i più.
E trascinando in quella cecità l’azione del tuo quotidiano ipotetico divenire.
Raccogliendo – spazzando via – la fila al supermercato come la cena all’aperto, il bacio davanti alla zingara benedicente come gli sguardi rubati durante una passeggiata.
L’inutile albergo e le scale ripide percorse di nascosto, quasi nella vergogna.
Tutte le cose stanno. Ed ogni azione riporta con violenta fatica al perché dell’azione stessa.
Tutto rimane fermo ed inespresso in un silenzio che non ha ragioni, né intimità con il pensiero. Così posso – ragionevolmente – riandare con la memoria alla mia personale liturgia, e tornare a quel bar, e a quella pizzeria. Da solo, stavolta.
Tutti e due, a un tavolino, si guardano in faccia
nella sera, e i passanti non cessano mai.
Ogni tanto un colore più gaio li distrae.
Ogni tanto lui pensa all'inutile giorno
di riposo, trascorso a inseguire costei,
che è felice di stargli vicina e guardarlo negli occhi.
Se le tocca col piede la gamba, sa bene
che si danno a vicenda uno sguardo sorpreso
e un sorriso, e la donna è felice. Altre donne che passano
non lo guardano in faccia, ma almeno si spogliano
con un uomo stanotte. O che forse ogni donna
ama solo chi perde il suo tempo per nulla.
(Lavorare stanca, C. Pavese)
Così fu, per la stagione di una sera.
Inviato da: gianlucagian69
il 25/01/2010 alle 09:55
Inviato da: poison.dee
il 25/01/2010 alle 08:45
Inviato da: gianlucagian69
il 13/02/2009 alle 00:01
Inviato da: quotidiana_mente
il 12/02/2009 alle 23:57
Inviato da: gianlucagian69
il 08/02/2009 alle 23:31