sous le ciel de ...

Crocevia


La Duchessa del Devonshire, Deborah Vivien Freeman Mitford, in un sontuoso abito da sera con manto in taffetà, dà da mangiare alle sue galline. (Foto Bruce Weber, Chatsworth House, 1995) L’aria è fresca e viola quando arrivo. Sull’uscio Paulette mi aspetta per consegnarmi le chiavi. Non ha età questa signorina dai capelli grigi raccolti con le forcine a comporre uno chignon talmente immobile e uguale a tutte le estati trascorse qui, che potrebbe indurre a credere che sia un posticcio, cristallizzato sulla sua nuca. Un tuppo fossile. E invece, a dispetto della sua misteriosa età anagrafica, - lei non la dice, àncora i suoi momenti di vita ad avvenimenti storico-socio-culturali e politici precisi del passato, senza indicarne l’anno,- Paulette è ben sveglia, l’intelligenza vivace e la battuta sempre pronta. Le sue osservazioni sono argute e le sentenze, premonizioni. Non ha inquietudini economiche: “ce li ha i soldi”, potrebbe acquistarsi dei vestiti nuovi, potrebbe andare dal parrucchiere tutte le settimane, comprare delle scarpe nuove e una borsetta nuova. E invece, forse per un antichissimo retaggio dei bambini nati tra le due guerre e che hanno vissuto proprio le conseguenze della Seconda, Paulette indossa abiti, calzature, collant (sic), forcine, foulard e ogni tipo di accessorio, nella borsetta ha persino dei guanti in organza ricamati, sicuramente bianchi come lo zucchero una volta, di quelli da passeggio che si soleva indossare per riparare le mani dal sole e da ogni altra amenità esterna, tutto di almeno sei decine di anni fa. Paulette non è consumata, non lo sono i suoi abiti, di ottima qualità indubbiamente se hanno resistito a più di mezzo secolo e certamente conservati con cura, non è liso alcun accessorio né prodotto che la copre e che l’accompagna. Tutto è solamente vecchio, nel senso di antico e di usato, datato come Paulette e la sua acqua di colonia alle violette. Se fosse indossato con vanità e non quotidianamente, si potrebbe etichettare vintage e invece è solamente demodé. Non solamente i vestiti, l’acconciatura e gli accessori raccontano altri tempi, Paulette impiega anche un registro di lingua anacronistico per narrare comportamenti e avvenimenti quotidiani lontanissimi. Come la vita che si svolgeva nella grande épicerie di proprietà familiare, gestita dai genitori, il solo e unico esercizio commerciale con bar annesso, del paese. Ora non esiste più ovviamente, e da decenni, non molto distante dalla Chiesa di San Michele Arcangelo, sorge un Carrefour. Fornitissimo e sempre aperto, come era una volta, la drogheria di Paulette. Vado a fare la spesa.