Noblesse

Chez moi


Miei non sono i giorni che verranno, mio non è il tempo che mi verrà donato, ma mio è e sarà lo sguardo, e l'eternità.  Oramai il fuoco sta spegnendosi, non mi do pena di ravvivarlo. Sento il peso del sonno sulle palpebre, il torpore che invade il mio corpo. Il nodo che mi serra la gola. Ho provato a scioglierlo.  A volte considero d'essere fuori luogo, per la percezione di sensazioni che non paiono toccare altri. Rinchiuso in un universo soltanto mio, innumerevoli attori che turbinano attorno al mio sguardo. Allo sguardo che, ora, sento come attonito. Gli occhi, bruciano. Il sonno, il fumo. Le lacrime. Il pianto a cui m'impongo di non abbandonarmi..  Ella ha scelto di restare accanto all'uomo che ama, e che io, nella disperazione della mia incapacità, ho giudicato. Non preoccupandomi d'interpretare il suo sentire. Dio, ti ringrazio, per non averlo espresso ad altri! Jacques è familiare, al perdono. Ella avrebbe potuto non esserlo, ed avrei pagato conseguenze d'un atto dettato da nient'altro che da pura e semplice disperazione. Sono deliziosi, insieme. Ancor più ora, che sono, nuovamente, genitori. Non le ho comunicato ciò che ho provato al momento della notizia, ed i giorni seguenti, quando ci siamo presentati a Parigi, in visita. Non le ho mai parlato di ciò che sentivo, nel vederla, così innamorata e devota. Così votata, corpo ed anima, all'uomo che aveva scelto. A quell'uomo, a mio giudizio, splendido, che l'aveva seguita, cercata, osservata, per anni.  Inutilmente. Un altro bicchiere di liquore. In qualche modo, dovrò pur ricacciare l'onda che mi sale in gola... Sento, sul viso, la sostanza del velo da sposa di sua madre. Il ricamo che lo chiudeva. Il mio sciogliere i bottoncini che m'impedivano di sollevarlo, dal suo viso. Lo sento ancora, tra le dita. Un'altra alba, lucente. L'inverno è la stagione più chiara. E mi chiedo se, realmente, mio sia il diritto di chiedere. Se non sarebbe più onesto lasciare che il destino, per infame che possa rivelarsi, non possa seguire il corso segnato. Sono soltanto un uomo. Due bimbre private della presenza dei genitori, a maggior gloria del re di Francia. Padre Eterno, mai avrei creduto che sarei stato capace d'un simile pensiero! Gli innumerevoli bottoni del corsetto, nuovamente. Esattamente come al nostro rientro dall'uscita sul lago. Il nostro quartiere particolare, lontano da tutto. Da tutti. La tenerezza con cui mi s'è svelata. Un velo dopo l'altro. Non c'è nemmeno stato il tempo di lasciar cadere l'ultimo. Eravamo l'uno tra le braccia dell'altra. Mi chiedo quanto rimarrà, alla mia Denise, di tutto questo. Confido che tutto il tempo trascorso lontano dai suoi genitori non le impedisca d'essere serena. Pare a proprio agio, determinata. E' troppo piccola forse, perché io trovi già, in lei, determinazione, ma mi ricorda la sua nonna paterna. Seria, osservatrice, cordialmente affettuosa.  Finché non le ho proposto di trascorrere il resto della sua vita, con me. La mia Lalou... è il ritratto di sua madre. La conosco già. Mi osserva e vedo lei, posso già immaginare, quali saranno le sue parole. Sfida l'interlocutore. Un tratto che i suoi genitori dovrebbero cercare d'addolcire. Io ci ho provato, quando stava a me, essere padre. Ho fallito. Sua madre dice che io avrei dovuto provare a farlo con il mio, prima. Non ha mai tolto, l'anello che le ho donato. Mai. Forse non so più esserlo. Finché non le ho chiesto la grazia di lasciarmi. Ha accettato. Le ho chiesto di non continuare a tormentarmi. Di non tornare. Se non solo e soltanto per me. Due bimbi privati della loro famiglia. Famiglia già distrutta, per quanto ognuno cerchi di non mostrarlo. Mi chiedo chi sia, l'uomo che ha avvicinato Constance. Mi hanno detto che sia un amico di Auguste. Tiene il gilet slacciato, non si rade, e le parla d'una maniera troppo confidente. Fuma in pubblico, delle orribili sigarette che prepara da sé. Ah, sto lasciandomi andare a considerazioni che non mi riguardano. La mia carriera pare non essere servita, quindi. Forse è l'effetto della notte, trascorsa a vegliare. Di cosa parlavo, al mio rientro? Ah, sì... della mia fiducia nella capacità umana. Mio genero non può vedere i suoi figli. A maggior gloria del re di Francia. Io osservo i tratti d'angoscia sul viso di mia figlia. E non so intervenire. In alcun modo. Io... che, per lei, darei la mia stessa vita. Non so migliorare la sua. Finché non è tornata a me. Dicendo d'amarmi. Le ho creduto. Profondamente, non ho mai desiderato credere che sentisse diversamente. Nello stringerla a me, ho percepito i suoi sentimenti. La gioia ed il dolore si sono mescolati, in me, lasciandomi un senso di profonda amarezza. Che ho cercato d'eliminare, in ogni modo, financo con lo champagne offerto per il brindisi, al nostro matrimonio. Celebrato da Jacques. Che amo come un fratello, che non so smettere d'amare. Che comprendo, nella sua sofferenza. Perché l'amore, quello vero e pulito, sincero, può assumere innumerevoli aspetti, nessuno biasimevole. E va rispettato. Mia moglie intende ritardare la nostra partenza, per quanto desideri rivederla. E' necessario che io mi astenga dall'atteggiarmi come ho fatto soltanto poche ore fa... Non è da me. L'ho fatto soltanto perché la rabbia e la tristezza avevano invaso ogni fibra del mio essere. Abbraccerò i nipotini. Indossava il suo presente, il giorno delle nozze. Non l'ha mai tolto. Mai. Non le ho mai chiesto di farlo. Due piccole nuove creature, affacciatesi alla vita in ciò che io considero il peggior periodo storico mai esistito. Il più bel Paese del mondo, allo sbando. Tutti contro tutti, a maggior gloria del re di Francia. Che è stato così coraggioso da fuggire. Mio padre non ci crederebbe. Per grazia di Dio, quest'orribile, ignominioso spettacolo, gli è stato risparmiato. Mia madre piangerebbe, lacrime amare. Le stesse che sto sentendo risalirmi, ostinatamente, in gola. Mezzo bicchierino di rosolio. Sento tanto freddo. Passerà le dita sul viso dei suoi figli, per indovinarne i tratti. Mia figlia osserverà la scena. Vorrei tanto poter già essere lì, con loro. Abbracciare lui. Stringere lei, a me, rassicurarla. Come ho sempre fatto. Quale che fosse, il problema, ero sempre lì, per lei. L'ametista riluceva alla luce delle candele, la nostra prima notte nuziale. Le sue carezze hanno soffocato i miei dubbi. Chiederò il permesso di portare le bimbe, a conoscere i fratellini. In assenza di Antoine, mi rivolgerò a Victor. Così... cambiato! E' sempre cordiale, fino all'imbarazzo, ma avverto, in lui, una disillusione ed un disincanto che mi fanno pensare che il suo carattere, così sensibile, per quanto oltremodo introverso, ne abbia risentito. Che porti in sé, dopo l'ignobile ed immeritato periodo di prigionia, una ferita soltanto fasciata. Inguaribile. Spero che non consideri la mia richiesta come inopportuna. Credo che le bimbe potrebbero essere felici, di rivedere i loro genitori, di conoscere i fratellini... Saprò adeguarmi alla sua decisione. Avrei apprezzato d'incontrare Antoine ed Olympia. Riluceva, sia alla luce del giorno, che al bagliore delle candele. Ogni qualvolta la stringevo a me, era presente. Ella non lo considerva altro che un ricordo, mi diceva. "L'amate ancora?" L'espressione sorpresa, nel suo sguardo. S'era fermata, ad osservarmi. "Sì, lo sai." Non sapeva mentire, non l'ha mai fatto. Gliel'avevo chiesto come voto nuziale. Tra noi non ci sarebbero stati segreti, mai. E m'era venuta incontro, abbracciandomi. M'aveva tenuto stretto a sé. "Ma il figlio che attendo è nostro" E m'aveva baciato, senza nemmeno concedermi il tempo di reagire. Sopraffatto dall'emozione, l'avevo tenuta tra le braccia, senza permetterle di scostarsi. L'avevo sollevata, nonostante le sue proteste, e l'avevo condotta in giardino, a sedere, con me, sotto il salice. Eravamo rimasti lì, fino a tarda sera. Non mi risolvevo a lasciarla. Non ho mai dubitato, di noi. Spero d'essere stato un marito accettabile. Un padre presente. Non pretendo di non aver mai errato. A mia discolpa, posso dire d'averlo fatto credendo che fosse un bene.  L'idea di tornare a dibattere, di questi tempi, mi risulta insopportabile. A maggior gloria del re di Francia. Riluceva, sulla sua pelle, entrambe le volte in cui s'è lasciata cadere, tra le mie braccia, e l'ho condotta nella sua stanza, adagiandola al letto. Mentre mi stringeva la mano, implorandomi di starle accanto. Mi sono sempre ripetuto che la sua scelta fosse stata dettata dal cuore, e ne sono convinto. La sofferrenza m'assale soltanto nei momenti di maggiore tensione, e pare che, per trovare un motivo di tormento, io ritorni a questioni risolte quasi quarant'anni fa. La sola persona che abbia realmente motivi per soffrire è Jacques. Ho notato la luce, nei suoi occhi. L'ama ancora, come il primo giorno. Ed ama me, così come io amo lui. E' mio fratello. Rivedevo il suo bagliore, mentre attendevo. Chiuso oltre l'infame limite, invalicabile. Impotente. La sua luce è scomparsa, entrambe le volte in cui ho ricevuto i nostri figli, tra le mie braccia. Mentre osservavo il suo sorriso. Espressione di pura gioia, senza ombre. Una sensazione che egli non conosce. Per cui mi sento colpevole, quando l'osservo.  I miei gioielli. Inestimabili. La sola opera per cui essere realmente fiero.  I soli momenti in cui io mi sia, realmente, sentito a casa. Esattamente in questo istante, mi rendo conto di come non m'importi, assolutamente, della gloria del re di Francia.