Noblesse

L'éscalier sombre II


Mi avevi stretto le mani, ed avevi abbassato lo sguardo. Improvvisamente, non sentivo più alcun suono. Alcun rumore. Avevo iniziato a sentire il tremito che ti percorreva. Il segnale del raggiungimento del limite della tua capacità di reggerti in piedi. "Vieni. Vieni, sediamo." "No!" "Antoine! Non è il momento di intestardirsi, non ti pare? Possiamo benissimo sedere qui, dove siamo... Vieni, appoggiati a me..." Ti eri lasciato convincere. "Vi ho portato l'erba!" Aveva strappato dei ciuffetti e ne aveva fatto dei mazzi. Uno splendido regalo. L'avevi fatta sedere sulle tue ginocchia. Avevo distolto lo sguardo. Per non mostrare la mia commozione. "Ora ne cerco altra!" Ti avevo aiutato a posarla a terra. "Anche tu, mi manchi." L'avevo detto, sottovoce. Ma ti avevo guardato. Negli occhi. Non volevo che tu ne dubitassi. "Forse voi non lo comprendete... O forse sì..." "Cosa?" "Io non mi sento più un uomo." Era questo, il tuo tormento! Avevo taciuto, certa che ogni parola sarebbe stata fuori luogo. Mi ero avvicinata a te, e ti avevo abbracciato. A lungo, rifiutando di lasciarti. "Mi state facendo male..." "Non m'importa!" "Marianne..." "No! Resto qui, finché non decido di lasciarti!" "Eccone altra!" Ero stata costretta. Mi ero scostata. "Grazie, amore mio..." "Anche io!" Nuovamente, accanto a noi. Per un po' finché non aveva notato qualcosa, ed aveva chiesto di scendere, per andare a verificare, personalmente. "Povero Beynaut! Non avrà un momento di pace!" Avevi taciuto. L'avevi osservata a lungo. "Marianne..." "Sì?" "Io non vi trattengo. Siete libera di andare. In qualunque istante. Vi chiedo soltanto di lasciarmi vedere Michelle, di quando in quando..." Stavi sragionando. "Sei un ingrato." Mi avevi guardato, come se tu non mi avessi mai vista, prima. "Come?" "Oh, sì! Lo sei. Pensi che io sia qui, con te, perché non saprei dove andare, altrimenti? Saprei benissimo, dove! A casa mia, ad esempio! E porterei Michelle con me. E no, non te la lascerei vedere. La porterei con me. Perché è mia!" "Marianne!" "Sì. Se vuoi che io mi consideri così miserabile, lo sarò fino alla fine!" "Marianne!" "Cosa?! Cosa vuoi sentirti dire? Credi che le parole che io ho pronunciato, quando ci hanno uniti, fossero una formuletta vuota di significato? Che io non ci abbia creduto? Che io non ci creda? Mi consideri così vile?" Mi sentivo soffocare. "Amore mio..." "No!" "No?" "No!" "Non mi amate più?" "Non immagini quanto... No!... Non l'immagini!" Avevo sentito le tue dita sfiorarmi il viso. "Sapete, amore..." "Dimmi..." "Poco prima dell'incidente... Io..." "Sì?" La piccola correva in cerchio, attorno al perimetro del laghetto. "Io stavo pensando di... Di chiedervi..." "Piano, Michelle! Attenta!" "Lasciatela..." "Devo sorvegliarla, Antoine. Potrebbe cadere..." Avevi accennato, ma non concordavi. Sei sempre stato troppo indulgente, con lei. "Di chiedermi... Cosa?" "Io avevo sentito nascere, in me... Il desiderio di un altro figlio..." Il tuo sorriso. Uno dei più teneri che ti abbia mai visto. Un'altra carezza. No, non ti avevo risposto, ma ero tornata a prenderti le mani, mentre qualcosa si muoveva, in me. Una profonda emozione, che avevo sentito salire, fino a scaldarmi, completamente. Il mio silenzio ti aveva turbato. "Ora..." "Ora... Cosa?" "Vi prego... Vi prego... Non fingete di non comprendere..." "Sarò felicissima, di regalare un fratellino a Michelle... Felicissima!" Il tuo respiro si era fatto pesante. Accelerato. "La mia condizione non migliora, Marianne. Ed io non voglio che voi restiate accanto ad un uomo che non è più tale. Nemmeno capace di reggersi. Voi meritate molto di più! Buon Dio!" "Non permetterti di imprecare!" "Non lo sto facendo!" "Michelle avrà il suo fratellino. O la sua sorellina. Combineremo il matrimonio anche per lui. O per lei. Ti diverte così tanto! Prima, però, gli compreremo il cavallo. Come hai fatto per lei. Lascia stare il gatto, Michelle! Michelle!" Mi commuovo ancora, se ripenso all'intensità di quei momenti. Non avrai lasciato che il fuoco si spegnesse, spero. Non punirti. Non farlo! "Non voglio. Non voglio che voi soffriate. Non immaginavo... Vi giuro che io non ho opposto resistenza... Non per vigliaccheria... Solo... Sapevo che voi e Michelle mi stavate attendendo... Ho soltanto alzato le mani, in segno di resa. Se ne sono andati, con tutto ciò che avevo di prezioso, su di me... Mi hanno sparato alle spalle... Non potevo prevederlo... Marianne... Vi imploro di perdonarmi!" "Amore mio..." "Siete così bella... Così adorabile... Non meritate questo, amore..." "Io voglio stare con te..." "Se tutto ciò fosse permanente..." "Io continuerei a sorreggerti." "Io non potrei permetterlo... No... Siete così... Desiderabile... La vostra vita sarebbe rovinata... Per l'amore che sento per voi, sarebbe mio dovere, lasciarvi andare..." Eri tornato a farmi inferocire. Il gatto era passato, velocissimo, tra le nostre gambe. Michelle lo stava inseguendo. L'hai presa, mentre passava.  "Lasciatemi!" "No, no!" "Aaaaaahhhhh!" "Capriccetto, lascia stare il gatto!" Questa era la prima volta, che ti sentivo imporle un divieto. Ne ero felice. Felicissima. L'hai stretta a te, e l'hai baciata. Ti ha abbracciato, e si è tranquillizzata. Straordinario. "Posso scendere, ora?" "Lo lascerai in pace?" "Ve lo prometto..." Mi sono alzata, e ti ho aiutato a metterla a terra. Ha ripreso a correre, senza più badare alla povera bestiola. Che era incolume, in realtà. Soltanto un po' spaventata. Chissà come mai, noi, da piccoli, non capiamo che sollevare un gatto dalla coda non sia esattamente un bene... A periodi, tornavi a propormi la separazione. Che non ho mai voluto accettare. Non sarebbe stato giusto. Non avrei mai voluto. Non avrei mai potuto. Tutto ciò che stava accadendo ci stava permettendo di avvicinarci, ancora più intensamente. Abbiamo festeggiato il quarto compleanno di Michelle, insieme. Siamo tornati a dormire nello stesso letto, per quanto le tue ferite non fossero rimarginate. Mi hai voluto con te. L'oppio serviva a calmare la sofferenza, che non accennava a lasciarti. Più di qualche volta, mi sono svegliata, e ti ho trovato alla finestra.  Mi sono chiesta se tu non fossi lì per ammirare il cielo notturno o se tu non stessi meditando di toglierti la vita. Voglio sperare che Michelle ed io siamo stati i pesi che ti hanno trattenuto sulla terra. Quella scala buia tornava a visitare i miei sogni. Quando non rimanevo a vegliare. Tenendoti la mano, mentre scivolavi in un sonno artificiale. Posavo una mano al tuo petto. Tentavo di rassicurarti. Ti ho visto, sin troppe volte, nascondere il volto nel cuscino. Rifiutare le visite. Persino quelle di Fabien. Fabrice è nato qualche giorno prima del settimo compleanno di Michelle. Abbiamo scelto il suo nome, insieme. E' stato il costruttore delle nostre nuove vite. L'artigiano della nostra rinascita. Il maestro che ha ridotto al minimo il danno che ti era stato inflitto. Ti ho voluto accanto. Non come alla nascita di Michelle... Tu, ed i tuoi impegni inderogabili! La piccola era entusiasta! Non quanto noi, credo... Quante volte ti ho chiesto di non indossare la camicia! Ti sedevo accanto, mentre giacevi. Ti accarezzavo la schiena, indugiando proprio nei punti che erano stati colpiti. Ti sentivo fremere. Non ti sei mai lamentato. Non al mio tocco. Nemmeno quando sono tornata a stringerti. Sono fiera, di te! Della tua forza di volontà. Della tua debolezza. Non hai temuto di mostrarmela. E di traformarla in azione. Credi, non ho mai pensato di lasciarti! Io ti rimarrò accanto fino al nostro ultimo giorno.  Non tormentarti, ti prego! Hai già sofferto abbastanza. D'accordo... Avresti dovuto lasciare andare il piccolo Beynaut... Ma... Lo so... Ti senti responsabile della felicità di nostra figlia. E della sua. Ti senti colpevole. Credo che, nonostante il tuo comportamento, quel ragazzo abbia imparato ad amarti. Spero che vorrà farlo anche con me... Ora scendo. Vengo da te. La scala sarà illuminata, a quest'ora...