Universo persona

ASCOLTARE L'ALTRO


E’ proprio vero che per accogliere realmente l’altro occorre “tollerare di non sapere cosa incontreremo. L’incontro e l’ascolto sono un’avventura ed è solo l’altro che ci può indicare la strada, passo dopo passo.” (G. Blandino, P. Cavaglià)
Ascoltare comporta un impegno mentale ed emotivo non indifferente: lontano da sterili forme di passività, richiede uno sforzo di comprensione e un atteggiamento di partecipazione sgombri da preconcetti e schemi cataloganti. Si può incorrere nella presunzione di aver ascoltato, quando si banalizza, con l’arroganza di chi ha già capito, senza confrontare ipotesi interpretative diverse, finendo magari narcisisticamente nella manipolazione dell’interlocutore, sulla base dei propri fini. Si arriva ad ostacolare una comunicazione autentica, se si ha la convinzione aprioristica di saper ascoltare, senza accettare di mettersi in discussione, mancando di recepire non solo ciò che avviene nell’altro, ma anche in se stessi, quando si entra in relazione con l’altro. L’ascolto dell’altro si fa ancora più difficile, poi, quando si deve tradurre in disponibilità ad accogliere vissuti dolorosi, traumatici, che rimandano ad un’esistenza inaccettabile o imprevedibile; si fa quasi intollerabile quando si carica di pesanti silenzi, rifiuti, ribellioni.  E’ possibile in tali circostanze reagire invadendo la sfera altrui, con l’egocentrico atteggiamento di chi attira l’attenzione su di sé, negando di fatto il riconoscimento dell’alterità, ovvero la paternità delle scelte e l’abilità di trovare soluzioni al disagio. E’ altresì  un rischio il ricorrere ad un’interpretazione illusoria della realtà, come meccanismo di fuga da eventi sgradevoli e dai sentimenti penosi ad essi associati, con la conseguenza di una registrazione non corretta delle informazioni per eccesso o per difetto. In Pedagogia clinica l'ascolto dell’altro è richiesto praticamente sempre, in ogni forma, circostanza e attività, ma in particolare durante il momento del colloquio anamnestico. La raccolta della storia dell’individuo, scandita dagli avvenimenti incisivi e le reazioni ad essi, avviene senza un cliché fatto di domande o una modalità inquisitoria. Rispettando il fluire del racconto che la persona fa di sé, in un clima di fiducia e accoglienza benevola, il Pedagogista clinico regola i suoi interventi, con l’intento di recepire motivazioni profonde, stili di vita, ansie, necessità, risorse …, nella consapevolezza di quanto sia delicato questo compito. Egli fin dal primo istante dell’incontro avvia con la persona una comunicazione che si rende verbale ed extraverbale insieme e che restituisce un senso e un significato nuovi ai vissuti.