Universo persona

OLTRE IL MARE


Oltre il mare (Miriam Comito)Un vento insistente sbatteva le imposte e una luce frammentata illuminava il chiaroscuro dei pensieri. Sedeva il Capitano su una poltrona logora, con il volto sereno, mentre il giorno volgeva al tramonto, e taceva. Non avrebbe cenato e i suoi occhi vigili avrebbero visto l'immutabile cambiamento di ciò che si ripete e mai si arresta.Arrivò la notte, la calma notte e, com'era solito fare, uscì fuori e decise di attendere l'alba, ascoltando i flutti e accarezzando con lo sguardo la superficie vellutata delle acque scure. "Perché l'assenza notturna", diceva, " amplifica la voce del mare e il mare ha tante cose da dire". Quella notte si fece accompagnare da fantasmi di vecchi pirati ed esaltanti avventure, da miraggi di isole lontane e dall'immagine di lei, che all'oceano sembrava aver rubato l'essenza. Quando la brezza mattutina incontrò il suo volto, sorrise e sputò verso l'orizzonte per buon auspicio, convinto com'era di lasciare qualcosa di sé a quel mare che amava e bestemmiava, di unirsi alle sue profondità, di sondare i suoi misteri.Si diresse poi al timone e accompagnò le urla dei gabbiani, mentre le vele si issavano dinanzi alla sua figura austera di uomo alto e forte. Il viaggio di ritorno era appena iniziato insieme ai compagni di sempre. Avrebbe saputo descrivere di essi ogni pregio e difetto: erano la sua famiglia e quella nave il suo mondo. Poche ore di navigazione prima di raggiungere il porto e lei sarebbe stata lì.Quando la vide la prima volta, camminava elegante sulla prua, fermava il suo cappello con una mano e con l'altra scrutava oltre il mare. Vestiva un abito bianco, soffice e leggero, come spuma di mare sulle sue onde. Non aveva mai lasciato il posto di comando il Capitano, ma quel giorno lo fece con decisione. Da sempre ammirava la bellezza svelata dal chiarore dell'alba, che in quell'istante disegnava il profilo di lei. Sorpresa a fischiettare, si era voltata verso il Capitano e aveva nascosto con le dita affusolate un sorriso malizioso, quando una folata di vento le fece volare il cappello, che volteggiando nell'aria si posò lieve sull'acqua distante. Nessuno dei due ne seguì il volo ed io li vidi con gli occhi intenti ad attraversare l'uno lo sguardo dell'altra, mentre si trovarono immersi nell'aura dorata di un intenso silenzio.Seguirono giorni un cui si incontrarono spesso e fecero lunghe passeggiate sul ponte. Fu sicuramente in una di quelle occasioni che lei decise di affidarmi a questa nave. Poi, arrivata a destinazione, prese solo i suoi bagagli e ci salutò. Ero poco più di un ragazzo. Trascorse un lungo anno prima di tornare a casa, in cui imparai tante cose del mio autorevole compagno, del mare, forse della vita.Ricordo che quel giorno, appena la nave approdò, il Capitano si fece largo tra la gente e arrivò dinanzi a lei: lo aspettava immobile sulla banchina, come ultimo approdo di un inquieto navigare. Si chinò per dire qualcosa e, al suo sorriso, le cinse i fianchi, l'avvicinò a sé ed io lo vidi baciare, forse per la prima volta, mia madre.Oggi sono io ad occuparmi della nave. A volte osservo la vecchia poltrona messa in un angolo della cabina e intanto affido a carta ingiallita dal tempo le storie che con voce grave mi vennero raccontate. Mi chiedo se è proprio vero che il mare di notte racconta i suoi segreti e se, alcuni anni orsono, con ammalianti voci di sirene, abbia cantato un canto d'amore per il mio Capitano.