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Gravidanza (32esima settimana)


In questi giorni i gruppi che frequento cominciano a decimarsi. Donne che si ritirano, donne che partoriscono, donne che decidono di concedersi maggiore riposo dopo qualche contrazione in più. Comincio a sentirmi un pò sola. Non c'è niente di peggio che restare ultima (o quasi) nella cerchia di partorienti che frequenti: cominci ad invidiare loro che già ne sono fuori anche se sai che hanno cominciato un capitolo non di certo facile, e la tua panciona che cresce ti sembra ancora più difficile da portarti dietro pensando che loro non la sentono già più. Vorrei che qualcuna di loro mi rassicurasse, dopo esserci passata ma temo che una domanda di troppo significherebbe un "non sai che ti aspetta": a certe donne piace così tanto vestirsi del ruolo di "chi la sa lunga", anche se in alcuni casi è "lunga" solo poche ore o giorni!Chi non ha la pancia si organizza per le vacanze estive: quelle vacanze che noi non faremo, in vista di una lista di ragionevoli precauzioni che è lecito pensare di seguire almeno nell'ultimo periodo di gravidanza. Questo mi intristisce un pò, perché so che il parto non è un traguardo ma una partenza, e non ci sarà un "dopo" in cui è possibile rilassarsi.Le mie ossa scricchiolano, la schiena minaccia di cedere ma ancora non molla, il mio corpo si piega sotto ulteriori deformazioni, a volte temo di non riuscire a resistere.Il counter ha cominciato a scorrere verso il count-down, e i giri cominciano a diventare più stretti, le cose non rimandabili, i pensieri più densi.Da qualche giorno mi sembra di scrivere sentendo la mia voce su queste pagine virtuali come un io-narrante che mi racconta. E' da un pò di giorni che mi chiedo il senso di tante cose, che mi chiedo come finirà questa storia, chi continuerà a leggermi sino alla fine, in questi ultimi giorni, se mi mancherete dopo che tutto sarà finito, e soprattutto cosa scrivere in questi momenti in cui il tempo sembra rallentare e le parole cominciano a diventare più liquide. Le sensazioni sono chiare, ma diffficili da tradurre in parole, come se il tempo dilatasse le forme e le rendesse un pò sfuggenti ad un primo sguardo.La fine della gravidanza ha un ritmo tutto suo che non somiglia a niente che io abbia mai vissuto finora. C'è una velocità frenetica che sembra immobile (ma è tutto l'opposto): mente lo scrivo, mi torna in mente il paradosso che su tanti temi ho vissuto sin dall'inizio. Chi ha già partorito forse capirà di cosa parlo.Il mio tono dell'umore è generalmente buono, forse meno angosciato se mi guardo indietro e ripenso ad altri momenti, ho la sana e dovuta paura di affrontare qualcosa di nuovo e sconosciuto come il parto. Solo i dolori che arrivano più forti e la mancanza di ferie mi angosciano più profondamente, ma sono transitori i primi, inevitabile la seconda.Nuotare (quando riesco ad andare) mi aiuta molto: mi fa sentire "normale", "com'ero prima", "senza pancia", allevia quel peso insopportabile che ormai sento ovunque, persino sugli organi interni quando sono sdraiata. A questo però corrisponde un nuovo senso di concretezza di mia figlia che adesso comincia a diventare qualcuno con cui poter parlare, e che risponde in modo decisamente interattivo alle sensazioni sulla pancia. Se nei primi giorni della gravidanza nemmeno sapevo di essere incinta, ed era impossibile sentire la simbiosi che una creatura così minuscola stabilisce con il corpo di sua madre, se nel secondo trimestre la differenziazione tra ciò che ero io e ciò che era lei è diventata più evidente, se finora tutti i nostri ritmi sono stati diversi e quasi opposti (sonno-veglia, stasi-movimento), ora sembra essere iniziata una collaborazione in vista del "traguardo finale". Come se entrambe avessimo capito che c'è qualcosa che inevitabilmente dobbiamo fare "insieme", e che tantovale collaborare, nell'interesse reciproco. Al di là della battuta ironica, ho la sensazione che qualcosa si stia preparando ad andare in una direzione diversa, che le energie si convoglino, che le cose (sembra banale dirlo in un periodo di cambiamenti continui) stiano cambiando. Cambiare: sì, ancora, per l'ennesima volta. Per una come me che ha sempre temuto i cambiamenti, questo momento di vita è un continuo stravolgimento degli assetti, e se non dimenticherò tutto appena completata la mia metamorfosi (cosa che non mi auguro) avrò almeno imparato a fare i conti con l'imprevedibile incertezza  prevista dall'avventura della crescita.