Un blog creato da lasolaris il 21/11/2008

GIURIDICO

lavoro,polizia municipale, mobilita, giurisprudenza, dottrina brunetta, malattia,polizia municipale, concorsi, preparazione

 
 
 
 
 
 

MOBILITA ASL

per inserire disponibilita di mobilità fra dipendenti ASL questo è il link:

 

http://blog.libero.it/doctormobilita/

 
 
 
 
 
 
 

Questo blog sta dalla parte degli italiani onesti che si difendono  da un governo che mira all'interesse di pochi sacrificando il presente ed il futuro dell'intera nazione."

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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QUALSIASI PROBLEMA CONTRATTUALE NELLA P.A.

se avete bisogno da avere informazioni, sulla mobilita' volontaria interscambio, problemi di qualsiasi genere con la P.A., arbitrati, conciliazioni, concorsi ecc, scrivetemi sarò lieta di dirvi come fare, e GRATIS senza alcun impegno, solo perche mi va di farlo, perche sono stanca di vedere continui soprusi su colleghi, da parte della pubblica amministrazione.

 
 
 
 
 
 
 

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PER GLI ASPIRANTI VIGILI

inviatemi le vostre richieste o anche aggiornamenti se richiesti su qualunque materia e vi invio tutto il materiale per email per vincere un concorso da agente di polizia municipale, aspetto vostre richieste.

ps: tutto gratuito

 
 
 
 
 
 
 

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CONTEGGIO STATI

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mobilità

Post n°128 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da sandra4510

Avrei bisogno di sapere se un tenente dell'esercito,nato a Lecce,  in regolare servizio da più di dieci anni, in possesso di tutti i requisiti richiesti e della stessa categoria ( C ) può presentare regolare domanda e a quale normativa deve fare riferimento oltre all'
articolo 30 del D.lgvo 30.03.2001, n. 165.
 
 
Ringrandiano anticipatamente si porgono Cordiali Saluti.
Ten. Christian Esposito

 
 
 

Mobilità da Polizia di stato verso altre PP.AA.

Post n°127 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da roberto.nedile

Roberto: sono un agente della Polizia di Stato, a breve presso un'autorità di bacino si dovrà bandire un concorso per mobilità di un dirigente ingegnere. Ti chiedo, avendone i requisiti di studio, se io posso fare domanda di mobilità volontaria, se è superabile la differenza di categoria essendo mobilità volontaria e se possono negarmi il nulla osta. Grazie 

 
 
 

Concorso per Vigile Urbano

Post n°126 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da filus74
 

Ciao, vorrei provare a fare il concorso per Vigile Urbano e cercando su internet informazioni e materiali per poter studiare, mi sono imbattuto nel tuo sito.

Mi puoi dare qualche informazione in merito?

Grazie.

Filippo.

 
 
 

Chiarimento dubbi su mobilità da spa

Post n°125 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da giuiva

E' possibile la , mobilità da una spa 100% pubblica ad una p.a.?

 
 
 

mobilità

Post n°124 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da ricco.lucia

salve, vorrei sapere quanto segue:

se un asl indice un avviso   di mobilità intercompartimentale e interregionale,io aderisco ed tramite la gratuatoria e colloquio risulti idonea, devo avere per forza il nulla osta dalla mia asl di appartenenza ? e se me lo nega?grazie

 

 
 
 

Mobilita' a tempo

Post n°123 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da saraielmoli

Ciao Laura, la mia domanda e' questa: esiste la possibilità di chiedere mobilita' per un tempo determinato? Magari rinnovabile? Una sostituzione per esempio? Sono impiegata cat C presso ente locale e vorrei andare a Roma. Grazie ciao 

 
 
 

MOBILITA' PRESSO PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Post n°122 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da newbraveheart

ciao LAURA, SONO UN SOTTUFFICIALE DELL'AERONAUTICA CHE PRESTA SERVIZIO PRESSO IL MINISTERO DELLA DIFESA VORREI SAPERE LE LEGGI CHE REGOLANO IL PASSAGGIO PRESSO ALTRE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI........AD ESEMPIO MINISTERO DELLA GIUSTIZIA.............TI RINGRAZIO.....IN ANTICIPO...

 
 
 

Grazie

Post n°121 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da nick1830

Ciao Laura, finalmente sono riuscito a raggiungere il tuo blog.

Volevo ulteriormente ringraziarti per l'aiuto datomi per il dissequestro del motoveicolo e attendo una tua risposta in merito all'eventuale contestazione della cartella esattoriale notificatami sempre riferita al verbale del sequestro.

 

GRAZIE!!!!!

 
 
 

Via libera ai trasferimenti! Niente più nulla osta dell'amministrazione cedente riguardo alla mobilità volontaria

Post n°120 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da geraldbraho

L’orientamento (recente e nuovo) secondo il quale alla luce del tenore e significato letterario della nuova normativa alla luce della Riforma Brunetta, per il passaggio diretto del personale tramitte la mobilità, non occorrerebbe  più alcuna autorizzazione  - nulla osta dell’amministrazione di appartenenza.

 

            A dire la verità, tale orientamento è rappresentato maggiormente dal contributo del prof. Amedeo Bianchi della Bocconi.

            Per completezza della questione e per speditezza di ragionamento riporto qui in seguito l’impostazione del Prof. Bianchi originaria:

 

            “Se l’interpretazione della legge può essere definita come l’attività tendente a determinare il significato della norma giuridica al fine della sua applicazione, ogni qual volta questo processo riguardi un nuovo testo normativo, si finisce inevitabilmente per confrontarsi con il diritto vivente, ossia con quella parte di vita concreta, che si sviluppa, agisce e determina parallelamente all’atto di creazione della norma.

            Inevitabilmente, il caso concreto sfugge allo schema astratto e qui interviene la visione del singolo interprete cui spetterà di misurarsi, oltre che con quello schema, anche con opposte visioni, destinate a permanere diversificate fintanto che non intervenga un’interpretazione autentica del legislatore, posto che se è vero - come insegna Emilio Betti - che "Il senso (della norma) deve essere quello che nel dato si ritrova e da esso si ricava, non già un senso che da esso si trasferisca dal di fuori", raramente una soluzione interpretativa è destinata a rimanere in assoluto “la soluzione”.

            Ciò posto, e preannunciando una disponibilità al confronto che tenga conto di tale assunto, il caso con il quale ci misuriamo in questa sede è quello, non ancora affacciatosi con forza sulla scena del dibattito dottrinale e giurisprudenziale del nuovo articolo 30 del D. lgs.vo 30 marzo del 2001 n. 165 così come consegnatoci dopo la Riforma Brunetta di cui al D. lgs.vo 27 ottobre 2009 n. 150 a mente del quale “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Le amministrazioni devono in ogni caso rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta. Il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato sulla base della professionalità in possesso del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire”.

            L’aspetto maggiormente innovativo della disposizione è racchiuso nella previsione per cui tali passaggi diretti possono essere attuati “previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato” e dunque senza alcuna necessità del nullaosta da parte dell’amministrazione da cui la risorsa proviene.

            Sul punto, però, comincia a delinearsi una visione che appare scettica, sostenendosi, al contrario di quanto la stessa norma afferma, che il nulla-osta dell’amministrazione di provenienza sia ancora necessario, pur se richiesto in forma diversa.

            A parere di chi scrive, tale interpretazione “conservativa” può essere superata facilmente, facendo riferimento a diversi canoni ermeneutici, non senza tener presente, per dirla con Herbert Hart, che "lo scettico sulle norme è talvolta un assolutista deluso".

            Invero, il primo canone ermeneutico da utilizzare è quello dettato dall’articolo 12 – 1° comma, delle disposizioni della legge in generale secondo cui: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

            Ebbene, il testo dell’art. 30 in commento dice: “Il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato”.

            Il senso, fatto palese dalla norma è, dunque, la necessità di acquisire il parere dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici dove il personale ha richiesto di essere trasferito. E consideriamo presupposti consolidati, sia la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, sia il principio di separazione delle competenze.

            Infatti, nonostante la necessità del nulla-osta dell’amministrazione cedente potrebbe adombrarsi nella successiva espressione “cui il personale è …. assegnato”, il significato proprio di tale espressione va piuttosto ricercato nell’ipotesi di dipendente che sia già in servizio in posizione di comando o di fuori ruolo presso l’amministrazione che deve rilasciare il parere, altrimenti l’espressione sarebbe stata completata con “…e sarà assegnato”, e non con l’alternativa “o sarà assegnato”.

Ciò per un ovvio duplice ordine di motivi.

            Il primo sta nel fatto che, se così non fosse, potrebbe, paradossalmente, bastare il parere favorevole solamente dell’amministrazione cedente senza che quella ospitante nemmeno esprimesse il proprio gradimento.

            Il secondo motivo, che ovviamente vede distratti i commentatori più scettici e conservatori, risiede nel disposto normativo che ha visto l’art. 30 del Decreto 165, integrarsi con l’art. 2 bis, aggiunto dall'articolo 5 – 1° comma quater della legge n. 43 del 2005.

            Infatti, tale norma vuole che le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, attivino le procedure di mobilità, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Ecco perché il legislatore, confermando la combinazione tra le diverse disposizioni dello stesso previgente articolo, ha ritenuto di considerare anche il personale che .…è assegnato.

            La norma, a dire il vero, sembra avere il senso di una disciplina di carattere speciale, destinata a prevalere sullo schema ordinario della cessione – rispetto a cui, peraltro, il nulla-osta si pone come

una inutile duplicazione – altrimenti la precisazione avrebbe il senso di un’affermazione pleonastica e priva di rilievo pratico.

            Del resto, l’art. 12 citato, in presenza di problemi interpretativi per insufficienza del dato letterale o equivocità, oltre che del significato grammaticale delle parole, invita l’interprete a tener conto dell’intenzione del legislatore, riferita non soltanto alla volontà di coloro che hanno formulato il testo, quanto alla norma immessa nel sistema di norme che disciplinano la stessa materia.

            A ulteriore conferma di quanto si sostiene, basti ricordare che la norma generale de quo, già prima di essere novellata dalla Riforma Brunetta, in ossequio ai principi privatistici che ormai dal 1993 caratterizzano il rapporto di pubblico impiego, considerava il passaggio diretto (mobilità volontaria), come cessione di contratto, prevedendo, però, in maniera assolutamente chiara e inequivocabile che presupposto sarebbe stato il nulla-osta dell’amministrazione cedente.

Presupposto giuridico che, certamente non per semplice casualità, è stato espunto dalla norma riformata.

            Ebbene, anche in tal senso, le intenzioni specifiche della Riforma Brunetta, sono quelle di attuare una maggiore flessibilità, soprattutto per quanto attiene alla disciplina della mobilità, che diventa uno strumento per superare la tradizionale rigidità applicativa dell’istituto nel settore pubblico.

            L’obiettivo del legislatore delegato è stato quello di rimuovere insormontabili ostacoli che da anni impedivano o limitavano il passaggio da un’amministrazione ad un’altra.

            Non a caso è stato da più parti rilevato che le norme in materia di mobilità, sia intercompartimentale che tra amministrazioni diverse, saranno salutate con favore dai dipendenti pubblici interessati a transitare ad altre amministrazioni.

            Se, dunque, la linea tracciata per il futuro è quella di rendere le amministrazioni più aperte al cambiamento, anche sul fronte del reclutamento del personale, in vista di ottimizzare l’allocazione dello stesso, non è possibile pensare che per perseguire tale obiettivo sia stata scelta una strada più impervia della precedente.

            Traccia evidente di tale nuovo percorso è rinvenibile anche in altri ambiti di riforma riguardanti pur sempre il pubblico impiego.

            Ci si riferisce alla norma di cui all’art. 23 – 2° comma, dettata per i dirigenti, che, confermando le previsioni contrattuali collettive, in un’ottica volta ad assicurare la più ampia mobilità degli stessi, privilegiandone la libera scelta, fa rimando proprio al medesimo art. 30: se questa norma prevedesse solo per tale categoria di dipendenti il sistema esposto, il rinvio, avrebbe dovuto sancire una particolarità per questo diverso caso, adottando una tecnica normativa diversa dal rinvio formale.

            Invero, il favor verso la mobilità, pur se storicamente “indigesto” in ambito pubblico, non costituisce affatto una novità. In altri comparti è da tempo diritto pacificamente vivente e la sua disciplina differenziata nei diversi settori pubblici, ha determinato fino ad ora ingiustificate disparità e, di fatto, la pietrificazione del sistema di reclutamento in alcuni comparti, come quello locale.

            E’ dato ritenere, alla luce di ciò, che il legislatore abbia voluto iniziare un percorso di omogeneizzazione della disciplina della mobilità in ambito nazionale, facendo riferimento a normative sviluppatesi nel contesto della contrattazione collettiva, ma pur sempre riferite alla necessità di rendere operativo il diritto alla mobilità. Basti pensare alla normativa di cui al C.C.N.L. integrativo del personale del Comparto Sanità, concernente la mobilità volontaria tra aziende ed

enti del comparto o verso altre amministrazioni di comparti diversi – che nel sostituire la disciplina già prevista dagli articoli dal 12 al 15 del D.P.R. 384/90 (C.C.N.L. Sanità), semplificando l’istituto previsto dall’art. 30 del D. lgs.vo 165/2001 - richiede obbligatoriamente la concessione del solo nulla-osta da parte dell’ente a cui si chiede la mobilità in entrata. Infatti, il dipendente che intenda trasferirsi non deve recedere dal rapporto di lavoro in corso con l’azienda di appartenenza, ma deve semplicemente limitarsi a produrre una comunicazione di “preavviso” per poter effettuare alla sua scadenza il trasferimento.

            A questo punto pare assolutamente opportuno consentire alle amministrazioni che non lo avessero già fatto, di adeguare i propri ordinamenti interni in modo da evitare che il dettato normativo, pur se logico e ragionevole, possa creare problemi di destabilizzazione dell’organizzazione. Infatti pare logico che i Regolamenti interni e, comunque, i bandi di selezione e i contratti individuali di lavoro, prevedano, nel rispetto delle previsioni normative generali, un vincolo di permanenza di almeno cinque anni dalla data dell’assunzione. E, in analogia al contratto dei dirigenti, qualora non fosse previsto il vincolo di permanenza, sarebbe opportuno prevedere un minimo periodo di preavviso che potrebbe, anche per i dipendenti, essere di quattro mesi.

Se dunque, sono questi, allo stato, i dati dai quali si può evincere la voluntas legis, attraverso la rappresentata interpretazione teleologica e sistematica, può legittimamente supporsi che, proprio, a questa più snella modalità di azione abbia inteso richiamarsi il legislatore nel formulare il nuovo art. 30 D. lgs.vo 30 marzo del 2001 n.165.

Opinare diversamente significherebbe sovvertire lo spirito della legge, e, se è vero che “la Pubblica Amministrazione non ha alcun obbligo di conformarsi alla interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, mentre ha invece l'obbligo - dovendo svolgere ogni sua attività con la rigorosa

osservanza del principio di legalità - di applicare la legge dandone, in base ai prescritti canoni ermeneutici, una interpretazione conforme alla sua effettiva portata normativa” (Cassazione Civile Sent. n. 14086 del 01-10-2002), ritornare al passato, svalutando la portata innovativa delle Riforma, significherebbe svolgere questo prezioso compito adottando un “canone inverso” rispetto all’ordinamento vigente e al suo progresso, al solo fine di ostacolarne l’evoluzione.”

 
 
 

modifica art. 33 della 165/2001

Post n°119 pubblicato il 23 Novembre 2011 da lasolaris
 


Legge di Stabilita' 2012
Mobilita' dei pubblici dipendenti: rilevazione delle eccedenze e sindacati all'angolo
La legge di Stabilita' 2012 modifica radicalmente la mobilita' nella Pubblica Amministrazione ed il collocamento in disponibilita' dei dipendenti pubblici, obbligando la PA ad effettuare almeno annualmente una ricognizione del personale per verificare eventuali soprannumeri ed eccedenze, ed escludendo le RSU e le OO.SS. dalla procedura che rimangono esclusivamente oggetto di un'informativa.

L’art. 16 della Legge di Stabilità 2012 (legge n. 183 del 12/11/2011) non introduce nella Pubblica Amministrazione la “Mobilità” e la “Cassa Integrazione” per i dipendenti pubblici, come si vocifera un po’ ovunque, ma va semplicemente a modificare degli istituti già esistenti nel pubblico impiego per cui è sicuramente utile fare un po’ di chiarezza sull’argomento.

Innanzitutto la prima modifica apportata dal maxiemendamento all’art. 33 del D.Lgs. n. 165/2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) – relativo all’eccedenza del personale ed alla mobilità collettiva – consiste nel fatto che mentre prima era prevista la rilevazione di eventuali eccedenze di personale senza alcun riferimento temporale, adesso le pubbliche amministrazione sono obbligate ad effettuare almeno annualmente una ricognizione per verificare situazioni di soprannumero o eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, e sono, inoltre, tenute a darne immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.

L’obbligo è tanto serio da comportare penalità e sanzioni, infatti:

- le amministrazioni che non adempiono alla ricognizione annuale non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in essere;

- il dirigente responsabile che non attuerà le procedure previste dal nuovo art. 33, D.Lgs. n. 165/2001 ne sarà disciplinarmente responsabile (mentre in passato era previsto una responsabilità per danno erariale ma si ricorda che non vi era obbligo di effettuare la ricognizione).

Proseguendo con le modifiche rispetto al passato, non si può non sottolineare come cambi la procedura che prevede solo un’informativa alle RSU ed alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area, a fronte di una precedente procedura che – solo nel caso in cui l’esubero riguardasse almeno 10 dipendenti - prevedeva un’informazione preventiva, con indicazione dei motivi dell’esubero e dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritenesse di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all'interno della medesima amministrazione, con eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e la relativa tempistica di attuazione.

Oggi, quindi, i sindacati e le RSU sono semplicemente oggetto di un’informativa e non possono neanche, come in passato, esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza di personale e, soprattutto, verificare la possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione.

La nuova disciplina prevede che, trascorsi 10 giorni dalla comunicazione ai sindacati, l’Amministrazione:

- risolve unilateralmente i contratti di lavoro del personale dipendente che ha raggiunto l’anzianità massima contributiva di 40 anni ;

- in subordine verifica la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell'ambito della Regione.

Tuttavia è previsto che i contratti collettivi nazionali possano stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al di fuori del territorio regionale che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali.

Trascorsi 90 giorni dalla comunicazione ai sindacati, l’amministrazione collocherà in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni nell’ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità.

Quindi, per sciogliere qualsiasi dubbio residuo, è chiaro che quando si parla di “mobilità” nella PA non ci si riferisce alla mobilità del settore privato ma di un “trasferimento” geografico e/o presso altre amministrazioni.

Resta, invece, identica al passato l’indennità che spetterà al lavoratore pubblico dalla data di collocamento in disponibilità per la durata massima di 24 mesi: l'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato.

I periodi di godimento dell'indennità saranno, come adesso, riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa e sarà riconosciuto anche il diritto all'assegno per il nucleo familiare.


tratto da IPSOA

 
 
 

trasferimento momentaneo, Testo unico maternita e paternita

Post n°118 pubblicato il 10 Ottobre 2011 da lasolaris

mi ero dimenticata che tutti coloro che hanno figli minori ad anni 3 militari compresi, possono chiedere il trasferimento momentaneo alla sede più vicina alla famiglia, per meglio capire ho inserito l'art. del testo unico sulla maternita e paternita, la nota del dipartimento  l'unica sentenza esistente per i militari.

Testo unico sulla maternità e paternità(Dlgs 151/2001)

Art. 42-bis. (1)
Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazionipubbliche

1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di eta' dipendente diamministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decretolegislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, puo' essereassegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodocomplessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicatanella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita lapropria attivita' lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un postovacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assensodelle amministrazioni di provenienza e destinazione.
L'eventuale dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devonoessere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.

2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si rendera' disponibile ai finidi una nuova assunzione.

(1) Articolo aggiunto dalla Legge 24 dicembre 2003, n.350.

 

 

nota n.192/04 del 4.5.2004, che diseguito si riporta integralmente.

Prot.n.192/04 Roma, 4 maggio 2004

Al Ministero dell’Interno

Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali

Direzione Centrale per le risorse umane

00100 ROMA

Oggetto: Art.3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003,n.350 – Quesito.

Si fa riferimento alla nota n.A/100 del 19 aprile 2004,con la quale viene posto un quesito circa le modalità di applicazione della

disposizione in oggetto, che inserito nel D.Lgs.n.151/01, l’art.42/bis.

Detto articolo prevede, com’è noto, la possibilità per igenitori con figli minori fino a 3 anni, dipendenti di amministrazioni

pubbliche, di essere assegnati, per un periodo nonsuperiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o

regione nella quale l’altro genitore svolge la propriaattività lavorativa.

Il dubbio sollevato da codesto Ministero in ordine a taledisposizione riguarda, nello specifico, l’ambito temporale del beneficio,

ovvero se l’assegnazione temporanea in esame debbaessere, in ogni caso, limitata fino al compimento dei tre anni di età deiminori.

Al riguardo, lo scrivente Dipartimento è dell’avviso cheil limite di età (…figli al di sotto di tre anni), stabilito dalladisposizione, è il

requisito soggettivo che da diritto al beneficio,determinandone l’arco temporale entro il quale va fatta la richiesta e non illimite entro

cui deve necessariamente concludersi l’assegnazioneprovvisoria.

L’espressione utilizzata dal legislatore “per un periodocomplessivo non superiore a tre anni” pertanto, la durata massima (tre anni)

dell’agevolazione,senza alcun riferim ento all’età dei minori. IL DIRETTORE DELL’UFFICIO –Francesco Verbaro

 

 

 

 

ASSEGNAZIONETEMPORANEA

 

il TAR Lazio -Roma, Sentenza, Sez. I, 24/08/2007 n. 200708127, riapre il diritto ai Militari

 

(estratto dellasentenza) DIRITTO:

 

“La questionesottoposta all’esame del Collegio concerne l’ambito applicativo dell’art. 42bis del D.Lgs. 26.3.2001, n. 151, in base al quale “il genitore con figliminori fino a tre anni di età, dipendente di amministrazioni pubbliche di cuiall’art. 1, coma 2, del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165 e successivemodificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato eper un periodo non complessivamente superiore a tre anni, ad una sede diservizio ubicata nella stessa provincia o regione, nella quale l’altro genitoreesercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza diun posto vacante e disponibile di corrispondete posizione retributiva e previoassenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione”.

 

Lagiurisprudenza, finora intervenuta in materia, non si è espressa in modoconvergente, essendo stati espressi indirizzi di opposto segno, circa lapossibilità che la norma riguardi tutto il personale dipendente daamministrazioni pubbliche (senza distinzione fra personale civile e militare),nonché circa la riferibilità dello stesso testo normativo solo a passaggi fraamministrazioni diverse, ovvero anche a trasferimenti dall’una all’altra sededi lavoro, nell’ambito della medesima Amministrazione (cfr. in senso estensivoTAR Emilia Romagna, Bologna, n. 7/2007; TAR Lazio, Roma, sez. I. n. 57/2006;TAR Lazio, Roma, sez. I quater, nn. 6027/2006 e 7417/2006; in senso contrario,cfr. Cons. St., sez. IV, n. 7472/2005).

 

L’Amministrazioneintimata ha in effetti basato, “per relationem”, il rigetto della domanda,presentata dall’attuale ricorrente, sulle ragioni esposte nella citatapronuncia del Consiglio di Stato, ragioni che possono essere sintetizzate neiseguenti termini:

 

a) riferibilitàdel D.Lgs. n. 165 alla disciplina dello stato giuridico del solo personalecivile dello Stato, come emergerebbe dalla “rubrica” della norma;

 

b) confermaesplicita, nell’art. 3 del medesimo D. Lgs. n. 165/01, della diversa disciplina– ricondotta ai “rispettivi ordinamenti” e non al D.Lgs. stesso – dideterminate categorie di personale, fra cui, per quanto qui interessa, “ilpersonale militare e le forze di Polizia di Stato”;

 

c)applicabilità dell’art. 42 bis del D.Lgs. n. 151/2001 – che consentel’assegnazione temporanea di cui trattasi al personale, da individuare a normadei precedenti punti a) e b) – solo ad “ipotesi di trasferimento daun’amministrazione ad un’altra”, con esclusione di fattispecie, in cui sichieda il “trasferimento tra sedi di servizio della medesima amministrazione”.

 

Dette ragioni,recepite come motivazioni dell’atto amministrativo, che esplicitamente richiamala sentenza in questione, non sono condivise dal Collegio, che ritienepreferibile attenersi all’orientamento interpretativo, già precedentementeespresso da questa sezione.

 

Deve essere inprimo luogo ricordato, infatti, che la disposizione di cui si discute rientrafra le norme dettate a tutela di valori costituzionalmente garantiti, inerentila famiglia ed in particolare la cura dei figli minori fino a tre anni di età,con entrambi i genitori impegnati in una attività lavorativa (attività che soloove svolta – quanto meno – nella stessa “Provincia o Regione” – può prestarsi aforme di coordinamento fra i genitori, tali da consentire la cura ottimale deifigli).

 

Una discriminazione, sotto tale profilo, del personale militare e degliappartenenti alle Forze di Polizia (peraltro pacificamente destinatari di altrenorme a tutela della famiglia, come quella – inerente ai congiunti disabili –di cui all’art. 33, comma 5 L. n. 104/1992) presenterebbe, con ogni evidenza,problemi di costituzionalità.

 

Appare agevole,tuttavia, una interpretazione del più volte citato art. 42 bis D.Lgs. n.151/2001 che escluda i problemi anzidetti e consenta una interpretazioneestensiva, che non appare in contrasto con la lettera della legge.

 

Conriferimento, infatti, alle ragioni negative in precedenza enunciate, possonoformularsi le seguenti argomentazioni:

 

a) ladisposizione in esame riferisce il beneficio dell’assegnazione temporanea alpersonale “di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/01”, ovvero, secondol’epigrafe del testo normativo richiamato, al personale interessatodall’”ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche”(quali sono, indubbiamente, le Amministrazioni che si occupano di Forze Armatee di Polizia); la valenza ampiamente estensiva della normativa in questione –da riferire a “tutte le amministrazioni dello Stato”, anche locali e adordinamento autonomo – è ribadita dall’art. 1, comma 2, del medesimo D.Lgs(ovvero dalla norma, cui fa esplicito richiamo l’art. 42 bis del D.Lgs. n.151/01);

 

b) l’art. 3 delpiù volte citato D.Lgs. n. 165/01 dispone che alcune categorie di personale –fra cui il personale militare e le Forze di Polizia – “rimangano disciplinatedai rispettivi ordinamenti”, ma “in deroga all’art. 2, commi 2 e 3, delmedesimo D.Lgs., ovvero con riferimento al rinvio – operato da queste ultimenorme – alle disposizioni del codice civile ed alle leggi sui rapporti dilavoro subordinato nell’impresa, nonché ai contratti collettivi di lavoro:quanto sopra, per le ovvie peculiarità di alcune tipologie di rapporti dilavoro, che per ragioni istituzionali possono essere sottratte allacontrattazione collettiva e ad altre disposizioni privatistiche, ma chericadono comunque, in assenza di deroghe esplicite, nell’alveo applicativo dinorme dettate – per tutti coloro che siano dipendenti, in via generale, da pubblicheamministrazioni – a tutela di altri valori costituzionalmente protetti, comequelli della famiglia ed in particolare dell’assistenza ai figli minori;

 

c) l’incisodell’art. 42 bis D.Lgs. n. 151/01, che prevede “assenso dell’amministrazione diprovenienza e di destinazione” può ben riferirsi sia a passaggi fraamministrazioni diverse che a trasferimenti ad altre sedi della medesimaamministrazione: quanto sopra, sia per la palese illogicità di una norma, cheimponesse per il soddisfacimento di esigenze di assistenza dei figli minori dilasciare l’Amministrazione di appartenenza e non cambiare più semplicementesede di lavoro, sia perché – come già osservato dalla giurisprudenza (TAREmilia Romagna, n. 7/07 cit) – in una previsione normativa di contenuto ampionon possono non essere comprese fattispecie analoghe minori, sia infine perchéanche le singole sedi di lavoro di una medesima amministrazione costituisconoapparati organizzatori, identificabili quali centri di imputazione di specificiinteressi pubblici, come quelli – riconducibili a situazioni di carenza oesubero di personale – che giustificano le esigenze di assenso, specificatedalla norma in esame.

 

Per le ragioniesposte, in conclusione, il Collegio ritiene fondato ed assorbente il primomotivo di gravame, riferito a violazione del combinato disposto dell’art. 42bis del D.Lgs. n. 151/01 e dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165/01; il ricorso vienepertanto accolto, con conseguente annullamento dell’atto negativo impugnato efatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione; quanto alle spesegiudiziali, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto contodel non univoco orientamento giurisprudenziale, esistente in materia.""

 

 
 
 

ricorso giudice di pace, nuove norme entrate in vigore il 06/10/2011

Post n°117 pubblicato il 10 Ottobre 2011 da lasolaris
 

Ricorsi al giudice di pace, si cambia. Dal 6 di ottobre, è divenuto effettivo, per fare ricorso al giudice di pace abbiamo solo 30 giorni di tempo dalla notifica o dalla contestazione immediata

Si dimezzano i tempi. Dal giorno in cui è avvenuto l'accertamento (in caso di contestazione nell'immediatezza della violazione) o dal giorno della notifica (in caso di violazione contestata successivamente) ci sono solo 30giorni di tempo per fare ricorso al giudice (60 giorni se si risiede all'estero)

Possibile chiedere la sospensione dell'efficacia del verbale. Nel ricorso è possibile chiedere la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato (per esempio della sospensione della patente), che il giudice può disporre con decreto fuori udienza, cioè nell'immediatezza del deposito del ricorso in cancelleria, ma solo "in caso di pericolo imminente o di un danno grave e irreparabile", e che il magistrato deve comunque confermare alla prima udienza, pena la sua decadenza. Almeno dieci giorni prima dell'udienza, il comando di polizia che ha fatto la multa deve depositare in cancelleria "copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento,nonché alla contestazione o notificazione della violazione". Per le sanzioni pecuniarie, dato che è previsto che il giudice disponga il pagamento entro 30giorni dalla notifica di deposito della sentenza (ovviamente se il ricorso èrespinto), l'iscrizione a ruolo non potrà che avvenire dopo che sarà trascorso tale termine.

Ricorso respinto se non ci si presenta in aula. Se non ci si presenta in udienza in assenza di "legittimo impedimento" il giudice convalida il verbale contro il quale si è presentato ricorso e provvede sulle spese, ameno che l'illegittimità del provvedimento impugnato risulti dalladocumentazione allegata dall'opponente, oppure il comando di polizia non depositi i documenti. Con la sentenza che accoglie l'opposizione il giudice può annullare in tutto o in parte il verbale. Il giudice accoglie l'opposizione anche quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell'opponente.

Il giudice può determinare l'importo della sanzione. Se invece il ricorso è respinto, il giudice determinerà l'importo della sanzione in una misura compresa tra il minimo e il massimo edittale stabilito dal codice della strada per la violazione accertata. Per esempio, in caso di superamento de limite di velocità di oltre 10 km/h ma non oltre 40 km/h, violazione che comporta il pagamento di una sanzione di 159 euro (e la perdita di 3 punti), il giudice può fissare la sanzione in un importo compreso tra 159 e 639 euro. Il pagamento della somma dovrà avvenire entro i trenta giorni successivi alla notificazione della sentenza ed essere effettuato con modalità stabilite dall'amministrazione a cui appartiene l'organo accertatore. Ovviamente, se il ricorso è respinto il giudice non può escludere l'applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida.

Attenzione alla data in cui è stata commessa la violazione. Come precisato dal ministero dell'interno con una circolare del 30 settembre 2011,le novità si applicano a tutte le violazioni accertate a partire dal 6 ottobre.Per tutte le violazioni accertate prima del 6 ottobre i tempi di presentazione del ricorso restano di 60 giorni, anche se il verbale è stato notificato dopo il 6 ottobre.

Resta il contributo unificato. Nulla cambia, infine, per quanto riguarda il contributo unificato, l'"obolo" che si deve pagare al momento della presentazione del ricorso e che dallo scorso 6 luglio è aumentato a 37 euro (per le sanzioni di importo fino a 1.033 euro). E nulla cambia perquanto riguarda modalità e procedure del ricorso al prefetto. In questo caso ci sono sempre 60 giorni dal giorno in cui è avvenuto l'accertamento (se laviolazione è contestata immediatamente) o dal giorno della notifica (in caso diviolazione contestata successivamente). Ricordiamo che il ricorso al prefetto non costa nulla ma se è respinto l'importo della sanzione raddoppia (con possibilità di presentare ulteriore ricorso al giudice di pace, entro 30giorni, contro l'ordinanza-ingiunzione prefettizia).

 

 
 
 

tutto quello che riguarda la 104/92 e le sue modifiche, insieme a sentenze dei vari TAR

Post n°115 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

per tutte le richieste che mi pervengono per l'obbligatorieta del trasferimento per gravi motivi o possessori della 104 ho inserito le sentenza dei vari TAR e della cassazione che rendono obbligatorio il trasferimento con la legge 104/92.

 
Modifiche alla Legge 104/1992: ecco le Circolari

Il 9 novembre 2010 è stata pubblicata il Gazzetta Ufficiale la Legge 183/2010 (il cosiddetto Collegato Lavoro) che contiene nuove disposizioni sui permessi lavorativi a favore dei dipendenti che assistono familiari con handicap grave. L’articolo 24 modifica, infatti, la Legge 104/1992 che, in origine, ha introdotto quelle agevolazioni.

L’INPS, l’Istituto previdenziale che assicura gran parte dei lavoratori privati, ha prontamente diramato le proprie disposizioni con una specifica e articolata Circolare (3 dicembre 2010, n. 155), a cui è seguita la Circolare del Dipartimento Funzione Pubblica n. 13 del 6 dicembre 2010.

Le due Circolari sono, opportunamente, molto simili fra loro tanto da rendere evidente una intesa fra i due enti, “intesa” che il Dipartimento indica espressamente nelle premesse.

Entrambe ripercorrono le novità introdotte dalla Legge 183/2010 e forniscono, su ciascun aspetto, nuove indicazioni operative per i propri assicurati.

 

Gli aventi diritto

Ambedue le Circolari ricordano che – in base al nuovo dettato normativo – hanno ora diritto ai permessi lavorativi i parenti e gli affini entro il secondo grado (figli, nonni, suoceri, cognati ecc.) oltre al coniuge.

Solo in particolari condizioni le agevolazioni possono essere estese ai parenti e affini di terzo grado della persone con disabilità da assistere. Queste “eccezioni” sono fissate dall’articolo 24 della citata Legge 183: i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

INPD e Dipartimento interpretano l’espressione “mancanti”, “non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità”.

La possibilità di estendere dal secondo al terzo grado di parentela/affinità la concessione dei permessi si verifica anche nel caso in cui anche uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle situazioni di assenza, decesso, patologie invalidanti. Si motiva tale interpretazione con l’analisi letterale della norma laddove viene utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge). Quindi, ad esempio, se in una famiglia uno solo dei due genitori affetto da una patologia invalidante, mentre l’altro non lo è e non ha più di 65 anni, un parente o un affine di terzo grado può comunque godere dei permessi.

 

Patologie invalidanti

L’INPS e il Dipartimento entrano anche nel merito della definizione di “patologie invalidanti”, cioè della terza condizione che dà luogo alla possibilità di estendere dal secondo al terzo grado di parentela/affinità la concessione dei permessi

Il Legislatore è stato molto generico e quindi il dubbio è stato posto al Ministero della salute il cui parere è stato che le patologie da prendere a riferimento sono quelle indicate dall’articolo 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000. E cioè:

  • le patologie acute o croniche che determinano permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;

  • le patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;

  • le patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.

Non si fornisce una indicazione circa la documentazione sanitaria “accettabile” per dimostrare quelle condizioni. La questione centrale da chiarire sarà se le relative attestazioni possano essere rilasciate dai medici di famiglia o debbano essere rilasciate esclusivamente da medici specialisti.

 

Parenti ed affini di minori di tre anni

INPS rammenta che la Legge 183/2010 ha eliminato all’articolo 33, comma 3, della Legge 104/92 le parole “successivamente al compimento del terzo anno di età del disabile”.

Conseguentemente è stata introdotta anche per i parenti e gli affini del minore di tre anni in situazione di disabilità grave la possibilità di godere dei tre giorni di permesso mensili.

 

Il referente unico per l’assistenza

La Legge 183 ha sottolineato come non possano essere concessi i permessi mensili ex Legge 104/1992, a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con disabilità grave. Già in precedenza era chiaro che il limite di tre giorni mensili era riferito a ciascuna persona disabile.

Dipartimento e INPS interpretano tale indicazione come un divieto all’alternatività fra più beneficiari, a meno che essi non siano i genitori di figli con grave disabilità.

In effetti il nuovo articolo 33, comma 3 della Legge 104/92 prevede in favore dei genitori, anche adottivi, di figli con disabilità grave, la possibilità di fruire dei permessi in argomento alternativamente, sempre nel limite dei tre giorni per persona disabile, condizione esclusa per i parenti e gli affini.

Se la logica sostenuta è certamente motivata anche dal diverso ruolo dei genitori rispetto agli altri familiari, la disposizione appare – al momento – piuttosto fumosa.

Di fatto, agevolmente, si sostanzia nel divieto di dividere i permessi fra aventi diritto (es. due giorni all’uno, uno all’altro). Ma appare più difficoltoso sostenere il divieto all’alternanza degli aventi diritto in mesi diversi, in presenza di una rinuncia espressa di uno di questi. Si tratta, quindi, di una indicazione che senz’altro subirà degli assestamenti dopo la prima applicazione.

 

Genitori che assistono figli in situazione di disabilità grave

Correttamente INPS e Dipartimento sottolineano come la nuova norma abbia impresso un maggior rilievo alla particolarità del rapporto genitoriale dettando specifiche norme per i genitori che assistono un figlio in situazione di disabilità grave.

La prima novità risiede nell’opportunità per i genitori di minori di tre anni di fruire anche i tre giorni di permesso, in alternativa alle altre due forme di agevolazione già previste e cioè il prolungamento del congedo parentale e le due ore di permesso giornaliero.

In realtà, agli effetti pratici, non si tratta di un significativo vantaggio in termini quantitativi o qualitativi.

INPS rammenta che, mentre il prolungamento del periodo di congedo parentale e le due ore di riposo giornaliero retribuito possono essere utilizzati a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente, i tre giorni di permesso (comma 3, art. 33, legge 104/92) possono essere goduti, da parte dei genitori o da parte degli altri familiari, dal giorno del riconoscimento della situazione di disabilità grave.

Inoltre, trattandosi di agevolazioni volte alle medesime finalità di assistenza al disabile, “la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese”.

Sulla stessa linea interpretativa è anche il Dipartimento.

Il che significa che i tre benefici sono incompatibili se fruiti nello stesso mese.

 

L’assenza di ricovero

Ambedue le Circolari sottolineano che uno dei requisiti essenziali per la concessione dei permessi lavorativi è l’assenza di ricovero a tempo pieno della persona con grave disabilità. L’indicazione ha una chiara e consolidata fonte normativa.

Rispetto alle indicazioni interpretative, l’INPS riprende in larga misura indicazioni già espresse in precedenza, mentre il Dipartimento Funzione Pubblica per la prima volta le fa proprie.

Per per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso “strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa”.

Le parole “assistenza sanitaria continuativa” non sono trascurabili; l’Istituto sembra negare infatti l’eventuale rilevanza della necessità assistenziale “non sanitaria” (aiuto all’igiene, all’alimentazione, al supporto personale) di cui molto spesso i familiari di una persona ricoverata di fanno carico. È una lacuna di non poco conto, senza dubbio non nuova, che risiede già nella normativa.

INPS e Dipartimento da parte loro, ribadiscono tre eccezioni. I permessi, anche in caso di ricovero, possono essere concessi in tre casi:

  • interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate;

  • ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine;

  • ricovero a tempo pieno di un minore con disabilità in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi già prevista per i bambini fino a tre anni di età (Circolare n. 90 del 23 maggio 2007, p. 7).

La continuità e l’esclusività dell’assistenza

Veniamo all’aspetto che avrà maggiori ricadute operative. Le due Circolari prendono atto che il Legislatore ha abrogato i requisiti della continuità e dell’esclusività quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari. “Pertanto – conferma INPS - oltre al requisito della convivenza, già eliminato dall’art. 20 della suddetta legge 53/2000, anche la “continuità” e l’ “esclusività” dell’assistenza, non sono più elementi essenziali ai fini del godimento dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104/92.”

Ricordiamo che INPS aveva rielaborato quei due confusi concetti facendone derivare due altre definizioni: quelle di sistematicità e all’adeguatezza dell’assistenza, poi fatti propri anche dal Ministero del Lavoro.

Anche queste, congruamente, decadono e l’Istituto raccomanda che “Gli uffici (...) non dovranno più acquisire le dichiarazioni relative alla sistematicità e all’adeguatezza dell’assistenza al disabile, prima richiesti (...).”

Come già detto l’abrogazione di quei due requisiti, riapre la possibilità per moltissimi lavoratori di ripresentare domanda nel caso in cui, precedentemente, ad esempio, fosse stata rigettata per assenza di continuità (distanza notevole dall’abitazione del familiare da assistere).

 

La concessione e la decadenza

Il nuovo comma 7-bis dell’articolo 33, legge 104/92, prevede espressamente la decadenza, per il lavoratore, dal diritto a beneficiare dei tre giorni di permesso, “qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti”.

Va ricordato che gli assicurati INPS quando richiedono i permessi, firmano una dichiarazione di responsabilità in cui si impegnano a comunicare entro 30 giorni dall’avvenuto cambiamento, le eventuali variazioni delle notizie o delle situazioni autocertificate nel modello di richiesta ed in particolare:

  • eventuale ricovero a tempo pieno della persona disabile in condizione di gravità;

  • revoca del giudizio di gravità della condizione di disabilità da parte della Commissione medica competente;

  • modifiche ai periodi di permesso richiesti;

  • eventuale decesso del disabile.

INPS ricorda le conseguenze penali e civili derivanti dal rilascio di dichiarazioni mendaci o false sia per il lavoratore che per i medici preposti agli accertamenti. Inoltre, anche in forza del nuovo comma 7-bis, INPS provvederà alla verifica a campione delle situazioni dichiarate dai lavoratori richiedenti i permessi.

Diversa la procedura prevista dal Dipartimento Funzione Pubblica.

Il dipendente pubblico al momento della domanda di concessione dei permessi deve presentare, oltre al certificato di handicap grave (art. 3 comma 3, Legge 104/1992), la documentazione sanitaria relativa alle patologie del coniuge o dei genitori della persona disabile, nel caso in cui questi sia un parente o affine di terzo grado. Inoltre viene richiesta una dichiarazione sottoscritta in cui risulti che:

  • il dipendente presta assistenza nei confronti del disabile per il quale sono chieste le agevolazioni ovvero il dipendente necessita delle agevolazioni per le necessità legate alla propria situazione di disabilità;

  • il dipendente è consapevole che le agevolazioni sono uno strumento di assistenza del disabile e, pertanto, il riconoscimento delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell’impegno - morale oltre che giuridico – a prestare effettivamente la propria opera di assistenza;

  • il dipendente è consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l’effettiva tutela del disabile;

  • il dipendente si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua la perdita della legittimazione alle agevolazioni.”

Appare chiaro che la sottoscrizione di queste dichiarazioni comporta una maggiore efficacia nelle eventuali rivalse da parte dell’Amministrazione nel caso di abusi. La verifica è una responsabilità affidata ai dirigenti responsabili.

 

Cosa succede ora e cosa fare.

Sotto il profilo operativo, sia INPS che Dipartimento (cioè tutte le Amministrazioni pubbliche) applicheranno i nuovi criteri (entrati in vigore il 24 novembre 2010) nell’analisi di tutte le nuove richieste.

Per gli assicurati INPS, a breve dovrebbero essere disponibili (online sul sito www.inps.it) anche i nuovi moduli di richiesta.

L’aspetto di maggiore cambiamento riguarda le richieste già evase e i permessi già concessi prima del 24 novembre 2010.

Saranno riesaminate:

a. le domande e i permessi già concessi a parenti e affini di terzo grado delle persone disabili in situazione di gravità.

b. le domande e permessi già concessi più familiari (a meno che non si tratti dei due genitori) per l’assistenza allo stesso soggetto con disabilità in situazione di gravità.

Su queste verifiche INPS è più dettagliato del Dipartimento. Nel primo caso, verrà richiesto al lavoratore tutti gli elementi utili a verificare la sussistenza o meno dei nuovi requisiti (età del genitore o del coniuge della persona assistita, patologia invalidante degli stessi; assenza o mancanza degli stessi).

Nel secondo caso, visto che i permessi possono essere fruiti esclusivamente da un solo lavoratore, verrà richiesto ai lavoratori interessati di indicare un unico beneficiario degli stessi. È, quindi, facilmente prevedibile che i lavoratori che rientrano in queste due “categorie” saranno prossimamente raggiunti da comunicazioni da parte di INPS.

L’INPS non formula indicazioni, per ora, circa la possibilità da parte del lavoratore, che sia a conoscenza della decadenza del proprio diritto, di comunicare in proprio all’Istituto e al datore di lavoro la nuova condizione, cessando la fruizione dei permessi.

Lo stesso “silenzio” riguarda il datore di lavoro che sia a conoscenza delle medesime situazioni. Quest’ultimo, comunque, in linea con la prassi adottata da INPS non può revocare la concessione dei permessi se prima non ha appurato formalmente l’assenza delle eccezioni previste dal Legislatore (età del genitore o del coniuge della persona assistita, patologia invalidante degli stessi; assenza o mancanza degli stessi).

Il Dipartimento Funzione Pubblica, al contrario, è molto chiaro. Ogni amministrazione dovrà procedere a “riesaminare i provvedimenti di assenso già adottati al fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla nuova legge.”

In caso di insussistenza dei requisiti, salvo integrazione della documentazione già prodotta, i benefici vengono revocati.

Discorso diverso riguarda i lavoratori ai quali in passato sia stata negata la concessione dei permessi lavorativi per assenza dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza, criteri ora abrogati. Questi lavoratori hanno oggi l’opportunità di ripresentare la domanda, contando su diversi e molto più favorevoli criteri di valutazione.

 

Particolari indicazioni del Dipartimento

Nella sua Circolare, il Dipartimento Funzione Pubblica, reca due indicazioni che in quella dell’INPS non ci sono e che quindi interessano più da vicino i dipendenti pubblici.

La prima indicazione riguarda cumulabilità dei permessi in capo allo stesso lavoratore che assista più familiari con handicap grave o in capo al lavoratore disabile che assista a sua volta familiari con handicap grave.

Il Dipartimento corregge una sua precedente indicazione (Parere n. 13/2008), precisando che nessuna disposizione impedisce o condiziona tale ipotesi. Pur sottolineando che tali situazioni dovrebbero essere eccezionali, che creano disagio alle attività amministrative, e che i permessi “cumulativi” dovrebbero essere richiesti solo nel caso in cui non ci siano altri familiari in grado di prestare assistenza, il Dipartimento conclude che le considerazioni devono essere rimesse “alla valutazione esclusiva e al senso di responsabilità del lavoratore interessato (...).”

Il secondo aspetto riguarda la programmazione dei permessi lavorativi. Nessuna norma indica espressamente entro quanto vanno richiesti i permessi: vanno, quindi, contemperate le esigenze del lavoratore (o meglio del disabile da assistere) e quellle di buon andamento delle amministrazioni.

In tal senso la Circolare del Dipartimento precisa che “salvo dimostrate situazioni di urgenza, per la fruizione dei permessi, l’interessato dovrà comunicare al dirigente competente le assenze dal servizio con congruo anticipo, se possibile con riferimento all’intero arco temporale del mese, al fine di consentire la migliore organizzazione dell’attività amministrativa.”

 

ultimo aggiornamento: 12 dicembre 2010

 


 
 
 

sentenza TAR puglia novembre 2010

Post n°114 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

T.A.R. per la Puglia – Lecce Sez. III n. 01990 del 24.09.2010

 

I gravi motivi personali obbligano la p.a. a trasferire il dipendente anche in mancanza di posti vacanti

SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 1113 del 2006, proposto da: *** Salvatore Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Argia Russo, Maurizio Scardia, con domicilio eletto presso Maurizio Scardia in Lecce, piazza Mazzini 72; contro Ministero dell'Interno - Roma, Questore di Brindisi, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento notificato il 14. 4. 2006 di rigetto dell’istanza di trasferimento, prot. 333- C/I sezione . Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Roma e di Questore di Brindisi; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2010 il dott. Luca De Gennaro e uditi per le parti l’Avv. Sforza, in sostituzione degli avv. ti Russo e Scardia, e l’Avv. Pedone; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il sig. ***, Ispettore Capo della Polizia di Stato, in servizio presso la Questura di Brindisi ha inoltrato in data 26.1.2006 istanza di trasferimento agli uffici di Lecce della Polizia di Stato ai sensi dell’art. 55, comma 4 DPR 335/1982, allegando le gravi condizioni di salute della propria moglie. In data 14.4.2006 il Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha notificato provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento, considerando che il personale in servizio negli uffici della Polizia di Stato della Provincia di Lecce risulta già essere superiore all’organico previsto. Con l’odierno ricorso il sig. *** impugna il diniego deducendo i seguenti motivi:

1. Eccesso di potere per erronea presupposizione, contraddittorietà e irragionevolezza, violazione di legge;

2. Eccesso di potere per carenza di istruttoria.Si è costituita l’Amministrazione chiedendo la reiezione del ricorso. Con ordinanza 820/2006 questo Tribunale ha accolto la domanda di tutela cautelare. All’udienza del 17 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione. Il ricorso merita accoglimento. L’art. 55, comma 4, DPR 335/1982, prevede che “il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all'organico dell'ufficio o reparto . . per gravissime ed eccezionali situazioni personali”. Nella istanza di trasferimento il ricorrente ha indicato i gravi motivi familiari che giustificherebbero il trasferimento; alla moglie del ricorrente è stato diagnosticato un carcinoma mammario che richiede cure e assistenza continue; il dipendente deve quindi sostenere e assistere la propria consorte e, al contempo, provvedere alle necessità dei due figli minorenni (15 e 9 anni). Fermo quindi il carattere di gravità della situazione personale del ricorrente, che l’Amministrazione stessa peraltro ritiene degna di rilievo, il diniego di trasferimento viene motivato con la considerazione che l’organico effettivo è già ampiamente completo e non consente l’ulteriore assegnazione di personale. Alla luce del dato normativo, il diniego è illegittimo atteso che, espressamente, la disposizione di legge richiamata consente il trasferimento del dipendente, in presenza di gravissime situazioni personali, “anche in soprannumero”, senza imporre alcuna espressa considerazione comparativa sulle esigenze organizzative degli uffici e impedendo all’Amministrazione, nel motivare il rigetto dell’istanza, di arrestarsi alla mera constatazione della mancanza di vacanze in organico. Pertanto, in base a quanto considerato, il Collegio accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Terza Sezione di Lecce accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2010

 
 
 

sentenza TAR sardegna obbligatorieta di trasferimento legge 104 novembre 2010

Post n°113 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA SARDEGNA
SEZIONE PRIMA
Un Vigile del Fuoco, in servizio presso la sede in Savona, formulava Istanza di Trasferimento presso la sede di
Oristano, Sanluri o Cagliari al fine di poter assistere la propria madre, ai sensi della Legge 104/92 in quanto
affetta da un grave forma di “ SCLEROSI MULTIPLA”. L’amministrazione rigettava l’Istanza sulla base che il
richiedente non assisteva la propria madre in maniera continuativa ed esclusiva.Il richiedente, alla luce del diniego
posto dall’Amministrazione, proponeva Ricorso al Tar per la Sardegna, specificando che il Ministero degli Interni
con memoria depositata riferiva che il ricorrente sarebbe stato trasferito ai sensi della Legge 104/92 in occasione
della prossima mobilità del personale. La Sentenza che veniva depositata in data 25 Novembre 2010, accoglieva il
Ricorso, disponendo entro 30 giorni, il trasferimento ai sensi della Legge 104/92 del richiedente, motivando tale
trasferimento immediato, per esigente urgenti e tempestive di assistenza che non possono essere lasciate senza
copertura per molti mesi, condannando il Ministero alla somma di Euro 2.500.
N. 02620/2010 REG.SEN.
N. 00275/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 275 del 2009, proposto da:
_____________________, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Mameli, con domicilio eletto presso il suo studio
in Cagliari, via Raffa Garzia N.1;
contro
Vigile del Fuoco, trasferimento Legge 104/92
o Regionale del Lazio
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Vigile del Fuoco, trasferimento Legge 104/92
MINISTERO DELL'INTERNO, Ministero dell'Interno DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO, Ministero
dell'Interno Dipartimento Vigili del Fuoco Direzione Centrale Risorse Umane, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
Distrettuale, domiciliata per legge in Cagliari, via Dante N.23;
per l'annullamento
DEL RIGETTO DEL 10.12.2008 DELL’ISTANZA DI TRASFERIMENTO PER INSUSSISTENZA DEI
PRESUPPOSTI DELLA LEGGE 104/1992, ART. 33 (assistenza continuativa ed esclusiva al congiunto
portatore di handicap grave).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2010 il Consigliere dott. Grazia Flaim e uditi per le parti i
difensori avv. Vargiu, in sostituzione, e avv. dello Stato Risi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, vigile del fuoco in servizio presso il comando provinciale di Savona, ove è stato trasferito in data 3
maggio 2006, formulava istanza per poter ottenere il trasferimento presso la sede di Oristano, Sanluri o Cagliari, ai
sensi dell'articolo 33 della legge 104 / 1992, al fine di poter fornire assistenza continuativa ed esclusiva alla propria
madre __________________, residente in Guspini, affetta, sin dal 1996, da una grave forma di “sclerosi multipla”
(la madre è stata dichiarata in condizioni di ai sensi dell'articolo 3 della legge 104/92).
L'Amministrazione respingeva la domanda con provvedimento del 10 dicembre 2008 (del direttore centrale per le
risorse umane - Ministero dell'Interno) sostenendo che non risultava comprovato che il ricorrente prestasse
assistenza alla madre invalida in maniera regolare, sistematica ed esclusiva; soprattutto in riferimento al fatto che
l'assistenza viene fornita dal padre il quale provvede anche ad accompagnare la moglie per le visite mediche.
Il trasferimento veniva quindi negato per insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge 104/92
(assistenza continuativa ed esclusiva al congiunto portatore di handicap grave).
Con ricorso consegnato per la notifica il 6 marzo 2009 e depositato il 26/3 il provvedimento di rigetto è stato
impugnato formulando le seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione dell'articolo 33 della legge 104/92 con riferimento all'articolo 32 della
costituzione;
2) violazione dell'articolo 33 comma 5 della legge 104/92 e dell'articolo 20 della legge 53/2000 ed eccesso di
potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione degli stessi.
In particolare si poneva in evidenza che:
o Regionale del Lazio
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Vigile del Fuoco, trasferimento Legge 104/92
-il padre Casula Elvezio è anch'egli invalido al 70% e non è in grado di prestare assistenza “adeguata” alla moglie,
in particolare l'assistenza per l'accompagnamento presso il Centro specializzato per la patologia di cui la madre è
affetta sito in Cagliari (Ospedale Binaghi) –con spostamento da Guspini a Cagliari, di oltre 60 km.,-, sia per gli
ordinari controlli, sia in caso di crisi; e la dichiarazione dell'handicap del padre era stata espressamente fornita nel
modello di domanda, nonché documentata con l’ allegata certificazione della commissione USL di prima istanza;
-la documentazione sanitaria attesta che l'accompagnatore presso il centro specializzato era il figlio
________________________;
-da circa 7 mesi la madre, impossibilitata, non si presenta più per i controlli presso il centro specialistico
per la sclerosi multipla;
-il requisito della convivenza è venuto meno con la legge 53 / 2000, articolo 20, che ha modificato il 5
comma dell'articolo 33 della legge 104/92;
-non vi sono altri familiari che possano provvedere in loco all'assistenza della madre.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione, depositando un provvedimento (del direttore centrale per le
risorse umane - Ministero dell'Interno) del 25 maggio 2010, con il quale si comunica all'interessato che
l'istanza di trasferimento temporaneo è stata favorevolmente esaminata; con attuazione del trasferimento
“in occasione della prossima mobilità ordinaria nel ruolo dei vigili del fuoco”.
L’Avvocatura sostiene, quindi, che sarebbe sopravvenuta la carenza di interesse alla decisione del ricorso
(per accoglimento di una successiva richiesta che sarebbe stata presentata dal ricorrente l’8.7.2009, con
attivazione di una nuova istruttoria, e con “sopravvenienza dei requisiti per la concessione del beneficio
richiesto”).
All’udienza del 10 novembre 2010 il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITTO
L’”an” in ordine alla spettanza del trasferimento è stato già risolto dall'amministrazione nel maggio 2009 -
superando, sotto tale profilo, il precedente provvedimento negativo del dicembre 2008-;
in ordine al “quando” la questione è rimasta aperta, posto che -ad una richiesta in ordine ai tempi entro cui si
procederà al concreto trasferimento, formulata dal legale del ricorrente il 21 settembre 2010, l'amministrazione ha
risposto solo che "i movimenti connessi alla procedura di mobilità ordinaria nel ruolo dei vigili del fuoco potranno,
presumibilmente, essere attuati entro il primo trimestre del 2011”.
Indubbiamente la richiesta di trasferimento, sostenuta dalla motivazione dell'assistenza di un congiunto affetto da
, se accolta ( come in questo caso) non può essere disgiunta dalla concreta attivazione in tempi
rapidi e immediati.
Ciò in quanto la finalità della norma è proprio quella di consentire la realizzazione di un delicato “bene della vita”
(sia per il soggetto che ha diritto all’assistenza, sia per il soggetto che la presta):
la concreta assistenza ad un soggetto debole che ne è sprovvisto e ne ha diritto.
E sotto tale profilo anche la tempistica è essenziale (e non secondaria) per l'attuazione del bene protetto.
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Vigile del Fuoco, trasferimento Legge 104/92
In caso di dilatazione della decorrenza (fatta confluire negli "ordinari" movimenti di mobilità, a molti mesi di
distanza) il soggetto direttamente tutelato rimane nelle more, di fatto, sprovvisto della concreta assistenza che gli
è dovuta e che gli è stata attestata e riconosciuta; dall'altro, il dipendente è privato in radice della possibilità di
fornire le cure ed attenzioni al proprio congiunto.
Posto che la difforme valutazione (tra il precedente provvedimento negativo ed il successivo positivo) è scaturita,
sostanzialmente, dall'istruttoria che è stata compiuta tramite il Comando provinciale dei carabinieri di Cagliari, che
ha confermato (solamente) che il ricorrente "assiste effettivamente in maniera continuativa ed esclusiva la madre"
(cfr. nota del prefetto di Cagliari del 13 gennaio 2010), non è possibile ipotizzare che, accolta la domanda, il
trasferimento venga di fatto "congelato" per quasi un anno (da gennaio-maggio 2010 a marzo 2011).
L'assistenza del congiunto implica interventi immediati e non procrastinabili. L'amministrazione è tenuta
quindi ad adottare atti concreti e tempestivi per consentire al dipendente di provvedere adeguatamente
all'assistenza del familiare.
La gravità dell’ handicap, che giustifica e motiva il trasferimento, implica esigenze urgenti e tempestive di
assistenza, che non possono essere lasciate senza copertura per molti mesi.
Ne deriva che la direzione centrale per le risorse umane è tenuta ad attuare il
trasferimento conseguente all'accoglimento, già disposto (fin dal 25.5.2010), della domanda ex legge
104/1992, e comunque entro 30 giorni dalla notifica della presente sentenza.
In conclusione dichiara, in parte, la sopravvenuta la carenza di interesse (sulla spettanza del trasferimento) e, in
parte, accoglie il ricorso (sui tempi di adozione/attuazione).
In considerazione degli interessi in gioco ed in considerazione del fatto che tutti gli elementi erano stati esposti e
chiariti fin dalla domanda del 2008 e relativi allegati, le spese e gli onorari di giudizio vanno posti a carico del
Ministero ed in favore del ricorrente.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
-in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (sulla spettanza);
-e, in parte, lo accoglie (sui tempi di attuazione);
-condanna il Ministero dell’Interno al pagamento, in favore del ricorrente, di euro 2.500 per onorari e spese, oltre
IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Aldo Ravalli, Presidente / Alessandro Maggio, Consigliere / Grazia Flaim, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 25/11/2010 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm

 
 
 

sentenza corte di cassazione nr. 9557/2010

Post n°112 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

Sentenza della Corte Suprema di Cassazione su permessi legge 104/92

 

Sentenza della Corte Suprema di Cassazione su permessi legge 104/92

Cassazione

La Corte Suprema di Cassazione – Sezione Lavoro - con la sentenza n. 9557 depositata lo scorso 22 aprile, ha riaffermato il principio  che  per avere diritto alla fruizione  dei tre giorni di permesso  previsti dalla legge 104/92, non è necessario il requisito della convivenza con il disabile ma occorre soltanto che l’assistenza al congiunto, portatore di handicap, sia in atto, continuativa ed esclusiva.         
Il provvedimento riveste particolare importanza perché da un lato sgombra in via definitiva  il campo dalla possibilità di equivoci e  conseguenti  applicazioni  non univoche della norma, dall’altro  salvaguarda  il principio dell’assistenza in atto, accettata dal disabile, al fine di evitare rotture traumatiche  e dannose della convivenza.
Il Segretario Nazionale
(Gabriella Di Girolamo)
Sentenza Cassazione 9557/2010

 
 
 

sentenza tar lazio 2010 giugno legge 104

Post n°111 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 941 del 2005, proposto da
_____________________ elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone n. 28 presso lo studio
dell’avv. Tommaso Manzo che lo rappresenta e difende nel presente giudizio
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e
difende nel presente giudizio
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. n. GDAP – 0413784-2004 del 16/11/04 con cui il Ministero della Giustizia –
Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l.
n. 104/92 presentata da _____________;
Legge 104/92 - Trasferimenti
o Regionale del Lazio
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Legge 104/92 - Trasferimenti
Visti gli atti e documenti contenuti nel fascicolo processuale;
Designato il dott. Michelangelo Francavilla quale relatore per la pubblica udienza del 3 giugno 2010;
Uditi gli Avvocati delle parti come da verbale;
Ritenuto, in FATTO, e considerato, in DIRITTO, quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in date 18/01/05 e 19/01/05 e depositato il 03/02/05 _______________ ha
impugnato il provvedimento prot. n. GDAP – 0413784-2004 del 16/11/04 con cui il Ministero della
Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di
trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal predetto.
Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio con memoria depositata l’08/03/05 (come si
evince dalle risultanze del sistema informatico).
Con ordinanza n. 3547/05 del 25/06/05 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dal
ricorrente.
All’udienza pubblica del 3 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
_________________ impugna il provvedimento prot. n. GDAP – 0413784-2004 del 16/11/04 con cui il
Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di
trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal predetto.
Con la prima censura il ricorrente prospetta l’esistenza del vizio di difetto di motivazione in quanto
l’atto gravato non contiene un’esaustiva indicazione in ordine alle circostanze di fatto e di diritto poste
a base della decisione.
Il motivo è fondato.
Dall’esame dell’atto impugnato si evince che l’istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n.
104/92, presentata dal ____________ è stata respinta “per carenza di posti liberi in organico nella
sede richiesta per il ruolo di appartenenza”.
La motivazione in esame non è idonea ad esplicitare in maniera congrua l’iter logico-giuridico
seguito dall’amministrazione ai fini della decisione in quanto nella fattispecie il Ministero, tenuto
conto anche della particolare natura della situazione giuridica soggettiva posta dal dipendente a
fondamento della richiesta, avrebbe dovuto supportare con dati numerici il riferimento – del tutto
generico – all’inesistenza di posti in organico, ritenuta ostativa all’accoglimento dell’istanza di
trasferimento, e ciò anche al fine di consentire un efficace controllo – da parte del privato e dello stesso
Tribunale - delle circostanze di fatto presupposte dal diniego.
o Regionale del Lazio
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Legge 104/92 - Trasferimenti
Per altro, la motivazione dell’atto impugnato contiene un incongruo, oltre che generico, riferimento alla
situazione di organico “nella sede richiesta” laddove l’istanza del ricorrente era finalizzata a conseguire
il trasferimento, in alternativa, in due sedi diverse quali ovvero la Casa Circondariale di Caltanissetta e
la Casa di Reclusione di San Cataldo.
Anche sotto tale profilo, pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato risulta carente ed
illogica e, comunque, violativa dell’art. 3 l. n. 241/90.
Solo per esigenza di completezza il Tribunale rileva che anche la documentazione prodotta in giudizio
dall’amministrazione non appare del tutto intelligibile e, in sé, congruente con particolare riferimento
all’organico in dotazione presso la Casa Circondariale di ________________ (indicato in ______ unità
nella tabella allegata al decreto ministeriale del febbraio _____ e in ______ unità nella nota del
__________ trasmessa dalla Casa Circondariale).
La fondatezza della censura esaminata comporta l’accoglimento del ricorso (previa declaratoria di
assorbimento degli ulteriori motivi per esigenze di economia processuale) e l’annullamento dell’atto
impugnato con salvezza degli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione riterrà di adottare all’esito
del riesercizio del potere.
La peculiarità della vicenda oggetto di causa giustifica, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., la compensazione
delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale Del Lazio – Sede di Roma, Sezione Interna I Quater:
1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato facendo salvi gli ulteriori provvedimenti
dell’amministrazione;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 3 giugno 2010 con l'intervento dei
Magistrati:
Pio Guerrieri, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Michelangelo Francavilla, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 03/08/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 
 
 

sentenza TAR LAZIO legge 104

Post n°110 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

Tar Lazio Sez. I Quater - Sent. del 13.02.2009, n. 1461 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO 9629 Reg. Ric.
Anno 2008

- Sezione I -quater -

 

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sul ricorso n. 9629 del 2008, proposto da C. Marcello,

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

previa sospensione, del provvedimento prot. n. 0236318-2008 reso dal Direttore Generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia in data 7 luglio 2008, notificato al ricorrente in data 4 agosto 2008, nonché di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e conseguenti;

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti le memorie ed i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il Primo Referendario Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

Fatto

Attraverso il ricorso in epigrafe, notificato in data 2 ottobre 2008, il ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 0236318-2008, con il quale il Ministero della Giustizia - DAP - Direzione Generale del Personale e della Formazione ha confermato le determinazioni di cui al provvedimento n. 0180262-2008 del 26 maggio 2008 di diniego del trasferimento richiesto ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, “non rilevando ulteriori elementi di valutazione”.

In particolare, riferisce:

- di essere assistente di Polizia Penitenziaria, con sede di servizio presso la Casa Circondariale di Sanremo (IM), distaccato per mandato elettorale presso la Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi;

- di aver inoltrato in data 6 maggio 2008 istanza di trasferimento, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, presso la C.R. di Sant’Angelo dei Lombardi o, in alternativa, presso la C.C. di Ariano Irpino, per provvedere all’assistenza continua di suo nonno, il sig. Rocco C., riconosciuto portatore di grave handicap;

- che, con provvedimento prot. n. 0180262-2008 del 22 maggio 2008, il Direttore Generale del Personale e della Formazione del D.A.P. respingeva la predetta istanza per carenza del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza;

- di aver prodotto in data 28 giugno 2008 istanza di riesame, presentando nuove dichiarazioni, rese da tutti i parenti, da cui si desumeva che per motivi fondati ed obiettivi nessuno era in grado di assicurare al disabile l’assistenza continua necessaria;

- che, in data 7 luglio 2008, detta istanza veniva rigettata dal Direttore Generale del Personale e della Formazione del D.A.P., “non rilevandosi ulteriori elementi di valutazione”.

Avverso il provvedimento da ultimo menzionato il ricorrente solleva le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, in quanto l’Amministrazione si è astenuta dal comunicare il c.d. preavviso di rigetto;

2) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, atteso che l’Amministrazione si è limitata ad opporre una giustificazione del tutto generica, inidonea a dare conto, neppure in minima parte, delle nuove informazioni (suffragate da documentazione) fornite;

3) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92 e dell’art. 20 della legge n. 53/00. Dalla documentazione allegata all’istanza di trasferimento si evince che tutti i parenti ed affini entro il terzo grado del disabile risiedono in località lontane dal luogo di residenza di quest’ultimo o sono affette da gravi patologie e - ovviamente - non sono disponibili (né oggettivamente potrebbero esserlo) ad assistere il loro congiunto. In base a tali incontrovertibili dati non è dato comprendere quali ulteriori elementi sarebbero dovuti essere forniti per provare il requisito dell’esclusività.

Con atto depositato in data 6 novembre 2008 si è costituita l’Amministrazione intimata, la quale - nel prosieguo e precisamente in data 10 novembre 2008 - ha depositato una memoria, corredata di allegati, nell’ambito della quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, adducendo la natura meramente confermativa del provvedimento in epigrafe rispetto alla precedente nota prot. n. 0180262-2008 del 26 maggio 2008, non tempestivamente impugnata. Nel merito, ha sostenuto la legittimità del provvedimento di diniego adottato in quanto “la documentazione prodotta dal ricorrente a corredo dell’istanza di trasferimento non prova in alcun modo l’esclusività dell’assistenza dal medesimo prestata”. In particolare, afferma che sono state presentate “solo generiche dichiarazioni di indisponibilità relative a problemi di salute non univocamente comprovanti l’impossibilità a prestare l’assistenza in questione”.

Con ordinanza n. 5327/2008 il Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione, “considerato che le peculiarità del caso .. inducono a ritenere necessaria una pronta definizione del ricorso nel merito”.

Con memoria depositata in data 4 dicembre 2008 il ricorrente ha confutato la natura meramente confermativa del provvedimento impugnato. Nel merito, ha ribadito che “non si comprende quale ulteriore prova avrebbe dovuto fornire” al fine di dimostrare la sussistenza del requisito dell’esclusività.

Il ricorso è stato introitato per la decisione alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009.

Diritto

1. In via premiare, deve formare oggetto di esame l’eccezione di inammissibilità, sollevata dall’Amministrazione sulla base del carattere meramente confermativo che caratterizzerebbe il provvedimento impugnato.

Tale eccezione è infondata.

In proposito, è necessario considerare che il provvedimento impugnato rappresenta l’atto conclusivo del procedimento attivato dal ricorrente con l’istanza inoltrata al fine di ottenere un riesame della richiesta di trasferimento in origine avanzata.

Atteso che tale istanza era corredata da ulteriore documentazione, innovativa rispetto a quella prodotta in precedenza, appare evidente che l’Amministrazione non ha potuto esimersi dall’effettuare una nuova valutazione della situazione del ricorrente, anche se al solo fine di confermare la decisione già assunta.

Ciò detto, il provvedimento in epigrafe va inteso come una nuova manifestazione di volontà dell’Amministrazione, suscettibile di produrre un’autonoma lesione e, dunque, impugnabile.

2. Nel merito, il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

2.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente sostiene l’illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione, in esito al riesame dell’istanza di trasferimento dal medesimo inoltrata ai sensi della legge n. 104/92, ha confermato “le determinazioni di cui al provvedimento n. 0180262-2008 del 26/05/2008″, ossia il diniego di trasferimento in precedenza opposto sulla base della carenza del requisito dell’esclusività “in quanto scarsamente documentato”.

A tale fine denuncia, tra l’altro, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33, comma 5, della legge n. 104/92 e 20 della legge n. 53/2000 in quanto afferma che - attraverso l’integrazione della documentazione in origine prodotta - ha fornito prova dell’indisponibilità dei parenti e/o affini entro il terzo grado del disabile ad assistere il loro congiunto, tanto da non comprendere quali ulteriori elementi avrebbe dovuto fornire per provare la sussistenza del requisito dell’esclusività.

Tale censura è fondata.

2.2. Come già osservato in numerosi precedenti della Sezione, l’esclusività nell’assistenza rappresenta un requisito soggettivo espressamente prescritto dall’art. 20 della legge n. 53/2000 per la concessione del beneficio del trasferimento di cui all’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92.

Detto requisito si identifica con l’”indisponibilità” soggettiva e/o oggettiva di altri parenti ed affini entro il terzo grado a sopperire alle esigenze del disabile.

Tale interpretazione, la quale appare rispettosa della tutela offerta dal legislatore ai portatori di handicap in quanto meno rigorosa di quella imponente l’ “inesistenza”, conduce alla conclusione che l’esistenza di altri soggetti nelle vicinanze del disabile in posizione fattuale non differenziabile da quella del dipendente che aspira al trasferimento “fa venir meno la esclusività dell’opera assistenziale e dimostra la possibilità di assistenza alternativa” (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 814 del 2007).

Tutto ciò premesso, si ravvisano le condizioni per affermare che in capo al dipendente grava l’obbligo di fornire una compiuta dimostrazione della sussistenza dell’esclusività nell’assistenza, con la conseguenza che, nei casi in cui la dimostrazione de qua risulta carente, il datore di lavoro è tenuto a negare il trasferimento.

La dimostrazione che i parenti ed affini dell’handicappato, pur se residenti nelle sue vicinanze, non sono in grado di occuparsi dell’assistenza al disabile non può, comunque, trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì necessita della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente anche stati psico-fisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare l’indisponibilità sulla base di criteri di ragionevolezza tali da concretizzare un’effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I quater, sent. n. 73 dell’8 gennaio 2008).

Il Collegio si sente, pertanto, chiamato a valutazioni da effettuare caso per caso, al fine di verificare se il diniego opposto dall’Amministrazione ad una domanda di trasferimento, inoltrata ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/92, sulla base della carenza del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza sia o meno contrastante con il dato normativo, ossia trovi effettiva e concreta rispondenza nella situazione rappresentata dal dipendente.

2.3. Ciò detto, va rilevato che, dalla documentazione prodotta a supporto della domanda di riesame dell’istanza di trasferimento, risulta che il ricorrente - a riprova della sussistenza del requisito dell’esclusività nell’assistenza - ha fornito una dichiarazione, dal medesimo sottoscritto nella consapevolezza “delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni mendaci”, nella quale attesta che l’unico familiare o affine entro il terzo grado domiciliato vicino alla residenza del disabile è “la nipote De Feo Maria” nonché numerose dichiarazioni, sottoscritte sia da quest’ultima che da altri parenti entro il terzo grado del disabile, le quali rivelano la sussistenza di effettivi impedimenti di carattere oggettivo a prestare assistenza al disabile.

Orbene, la situazione familiare di cui è stata evidenza - oltre ad apparire completa, atteso che dall’esame sia degli allegati al ricorso che della memoria dell’Amministrazione non emerge la presenza di ulteriori parenti e/o affini entro il terzo grado - rivela condizioni tali da escludere che il disabile possa essere adeguatamente assistito da persone diverse dal ricorrente.

In altri termini, le dichiarazioni prodotte in allegato all’istanza di riesame appaiono idonee a supportare in concreto lo stato di indisponibilità di altri parenti ed affini entro il terzo grado e, dunque, valevoli per rappresentare - sotto il profilo in trattazione - una situazione conforme alla fattispecie tutelata dalla normativa in esame.

In ragione del quadro probatorio sopra sintetizzato, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato non sia rispondente alle circostanze documentate dall’interessato, tanto più ove si consideri che, a fronte della formulazione di una motivazione particolarmente generica, l’Amministrazione - regolarmente costituita in giudizio - si è del tutto astenuta dal fornire elementi integrativi, atti a rappresentare - mediante riferimenti concreti - le ragioni alla base della conferma della precedente determinazione.

In tale situazione, il Collegio riscontra l’illegittimità della pronuncia negativa dell’Amministrazione, sotto il profilo della violazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e dell’art. 20 della legge n. 53/00.

3. Tanto appare sufficiente per l’accoglimento del ricorso, sicché le ulteriori censure formulate sono assorbite.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione I quater accoglie il ricorso n. 9629/2008 e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 0236318-2008, reso dal Direttore Generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia in data 7 luglio 2008.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Depositata in Cancelleria
il 13.02.2009

 

 
 
 

mobilita' da scuola ad altro ente

Post n°109 pubblicato il 29 Marzo 2011 da senorainblues

ciao,

sono una educatrice scolastica ,ruolo equiparato a insegnante scuola primaria.

in seguito ad una malattia invalidante,ho un problema legato alla deambulazione,occupo  una buona posizione,ma non riesco a tollerare piu' il viaggio.Posso far richiesta di essere assegnata ad u n ruolo d'ufficio?posso candidarmi ald altri enti per mobilita'?

grazie

+attendo fiduciosa

invalidita' pewrmanente 75%

martina

 
 
 

Interscambio con stessa qualifica, come va interpretata ?

Post n°108 pubblicato il 29 Marzo 2011 da renato.dib

Buongiorno, avrei bisogno di un chiarimento ! Avrei la possibilità di un interscambio con un collega inquadrato nella mia stessa fascia D, ma mentre io sono un architetto D1 lui è un ingegnere D3, entrambi dipendenti di enti locali. E' possibile in questo caso l'interscambio ? Cosa si intende esattamente con stessa qualifica funzionale, la sola fascia D o ci deve essere anche corrispondenza e quindi è possibile solo tra D1 e D1 o D3 e D3, posto che comunque siamo entrambi nel ruolo tecnico ? Avrei una certa urgenza di capire perchè dovremmo presentare la richiesta prima di Natale. Ma se la domanda è destinata ad essere respinta con certezza ne facciamo ovviamente a meno.

Grazie ! Renato      

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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