Creato da mohamed21 il 01/03/2007

Mohamed H. Kalif

Consulente del Lavoro (Email: mhk.consul@gmail.com)

 

 

« UnoTre »

Due

Post n°368 pubblicato il 14 Settembre 2022 da mohamed21
 

Stasera ho rischiato renderLa, di rendere l’anima al Signore.
Sono a Cork sulle rive del fiume Lee, sono le sette di sera ed è l’ora esatta per andare alla ricerca della selvaggina come faceva il grande Cecil, l’amico leone ucciso a tradimento lo scorso mese in Zimbabwe. Fortunatamente non sarà necessario un considerevole sforzo perché lì in fondo scorgo già un locale perfetto per mangiare e per parlare. Dunque mi avvicino a questo posto e noto subito che ha un’insegna particolare su cui vi è scritto “Vuoi gustare il miglior kebab di Cork ? Sei proprio certo che vuoi mangiare il miglior kebab di Cork ? Sei convinto che è esattamente questo ciò che desideri nella tua breve vita ? Potremmo considerarlo il tuo ultimo desiderio ? Allora è necessario fare solo una piccola cosa preliminare: entrare e non bussare”. E io faccio esattamente l’opposto: busso e subito dopo entro.
Entro dunque e dietro al bancone, invece degli immancabili egizi o yazidi, mi trovo di fronte il gemello ben nutrito di André the Giant. Un signore grande e grosso, alto due metri e più, dal peso di centinaia di chili e con una drammatica barba incolta sul viso da circa un decennio. Lui subito mi vede ma non si sforza di rivolgermi una parola darmi ascolto o, men che meno, chiedere cosa volessi ordinare. Sembra che finga che non sia entrato nessuno e seguita tranquillo a mangiare la sua abbondante cena del martedì. Nel frattempo trascorrono alcuni istanti dal mio ingresso e il silenzio nel locale persiste nonostante diversi tentativi da parte mia di trovare udienza. A un certo punto fingo anch’io di non esser entrato e per far passare il tempo contemplo il soffitto come fossi al cospetto della “Decollazione di San Giovanni Battista” di Merisi. Dopo un po’ tolgo lo sguardo dal soffitto e noto che nel locale ci sono altre due persone, più o meno delle stesse dimensioni di André the Giant, e anch’esse stanno voracemente mangiando senza considerare l’aleatoria eventualità di parlarsi. Sfogarsi sul cibo sembra essere la loro unica missione di questa sera a Cork. Poi scorgo pure una terza persona, seduta da sola in fondo al locale, e per fortuna non è un peso massimo nonostante mangi un indescrivibile pietanza in cui l’unica cosa che si distingue è la maionese debordante dal piatto stesso. Sfogarsi sul cibo di Cork è la missione di questa sera anche per quest’uomo. Nel frattempo il proprietario continua a rimanere in silenzio e a fingere di lavorare pur di non prendere la mia ordinazione. Pure io continuo a fingere il nulla e per darmi un semitono prendo lo zaino, estraggo il telefono e invio un casuale “Come stai ?” a un numero composto a caso sulla tastiera. Poi, dopo quel messaggio, ne invio un altro ma questa volta a un numero vero della rubrica scrivendo un asettico “Tutto bene caro/cara ?”. Fiero delle mie azioni riposo con calma il telefono nello zaino e a testa alta guardo dritto negli occhi André the Giant. Respiro profondamente e come in una partita a scacchi attendo la mossa del cavallo. E’ giunta l’ora di passare alla delicata fase dell’ordinazione che necessita di preparazione e impeccabile tempistica. So che per mandare a buon fine un confronto dialettico in genere è necessario non sbagliare la postura del proprio corpo. Bisogna anzitutto essere atletici, sani, giovanili e possibilmente gioviali. Il movimento del braccio destro deve essere fluido e disteso verso destra, il corpo all’opposto si deve invece spostare a sinistra mentre il collo, contemporaneamente a ciò, si deve portare in avanti ruotando il capo con un’inclinazione di quarantacinque gradi circa. Se si è mancini il tutto deve essere invertito per avere gli stessi effetti sull’interlocutore. Questa tecnica la uso da anni con i pizzardoni di Piazza Venezia e ha sempre egregiamente funzionato. Ora però sono a Cork, questo non è il Vittoriano e la certezza di essere servito in questo locale non è garantita. Purtroppo vi è ancora il permanere del silenzio nonostante gli sms al roaming, la “Decollazione di San Giovanni Battista” e le più sofisticate tecniche dialettiche. Anzi, il silenzio ora sembra essere ancora più assordante e inizio a nutrire dubbi circa la salute psicofisica del proprietario del locale. Forse questo signore è un non vedente, probabilmente anche un non udente con gravi impedimenti nell’esprimersi a parole e con i gesti. Una brava persona ma in grandissime difficoltà e che non ho rispettato facendo dei ragionamenti astrusi, errati, parziali e colpevolmente preventivi. Ho addirittura inviato due sms al roaming che mi sarei potuto risparmiare se avessi provato a comprendere i limiti di un magnanimo figliolo. Occorre compassione e comprensione delle difficoltà del prossimo che per le sacre scritture potrebbe anche essere, a nostra insaputa, il Signore in persona e non è saggio rischiare ritorsioni future dal carattere perpetuo. Pace e bene fratelli e ricordiamoci che nel mondo non tutti hanno il dono di vivere una vita sana, serena, realizzata e felice. Non a tutti ciò è concesso e purtroppo la persona che mi è di fronte è una di quelle a cui è stata negata una vita sana, serena, realizzata e felice. Una persona in un cammino irto e tortuoso e per la quale mi rincresce di non essermene reso conto per tempo. Gli uomini forti non devono esitare nel mostrarsi timorati in determinati frangenti e dunque non avrò remora alcuna nel farlo in questa occasione: profondo timore al kebab di Cork.
Comunque.
Nel frattempo sono passati altri minuti e finalmente mi decido a parlare esclamando timidamente “Un kebab per favore”. Per venirgli incontro pronuncio la frase due volte in modo lento e scandendo bene tutte le singole sillabe “Un - ke - bab - per - fa - vo - re”. Lui non mi risponde e con un ulteriore terzo tentativo procedo ancora con la lenta sillabazione e lo guardo, questa volta, come un essere sfortunato che nella vita ha lottato molto per ottenere il misero locale in cui mi trovo. Mi sento ormai obbligato a mangiare qui per senso di responsabilità e compassione verso il prossimo che, per le sacre scritture, potrebbe sempre essere il Signore in persona. Il destino sembra essersi accanito su quest’uomo apparentemente senza alcuna ragione. Preghiamo.
Fossi stato al suo posto mi sarei già dimesso da tutto e al giorno d’oggi mi troverei ospite presso una confraternita benedettina nel sud del Madagascar. In ogni caso nemmeno il terzo tentativo sortisce effetto e quando stavo per accingermi a uscire noto André the Giant girarsi verso di me rosso in volto e guardarmi in modo fisso e arrabbiato.
Fisso, arrabbiato, cattivo, criminale e intenzionato.
Morto.
Io a Cork sono morto e André the Giant non è sicuramente il nostro Signore.
Ma cos’è accaduto ? Perché quest’improvvisa alterazione ? La cosa mi sorprende molto e non capisco ciò che io abbia fatto per far alterare André the Giant. E soprattutto non capisco quel che abbia fatto di diverso ora rispetto ai dieci minuti precedenti. Ho solo proceduto con un’educata sillabazione per acquistare il suo buonissimo kebab. Sono certamente dalla sua parte e desidero che quest’attività cresca nonostante la sua testardaggine. Il suo sguardo adesso è in ogni caso di quelli cattivi, chiari, criminali e non vi sono dubbi sulle sue imminenti intenzioni. André the Giant mi sta guardando come se avessi offeso la sua povera mamma giacente ora in un letto d’ospedale e allo stato terminale. La situazione qui è talmente bislacca che per qualche istante ho avuto anche il dubbio che l’avessi offesa, forse a mia insaputa, ma sono più che certo che non l’abbia fatto. Nel frattempo the Giant toglie il suo sguardo da me e scatta come un felino di duecento chili verso la carne alla sua sinistra. Accende il fuoco e senza aspettare che si scaldi taglia in modo sgraziato il kebab, lo posa su un piatto, apre un cassetto, prende del pane, lo mette sulla carne e mi pone il tutto davanti. Poi in un baleno scompare tornando nel posto da dove era venuto.
Dopo avermi servito, però, non mi comunica nulla a voce ma con gli occhi mi è sembrato di capire qualcosa di simile a “Se osi fare domande sul kebab ti spezzo l’osso del collo”. Ed è stato chiarissimo.
Devo pagare subito ? Devo pagare dopo ? Devo pagare quando sono a metà del piatto ? Tutto questo non è chiaro e prudentemente preferisco non porre quesiti di cui potrei pentirmi per il resto della mia vita.
Prendo il piatto facendo attenzione a toccarlo il meno possibile per non sporcarmi e mi siedo dall’altra parte del bancone. Nel frattempo André the Giant e gli altri due giganti iniziano a conversare e dalle poche parole che sento intendo subito che la loro lingua è il groenlandese. Nell’intento di posticipare il più possibile il primo morso al kebab, continuo a guardarmi attorno sospettoso e il mio sguardo si imbatte casualmente con quello dell’unico cliente non artico e non peso massimo del locale. E anche qui accade un qualcosa di inaspettato e del tutto inspiegabile. Anche il signore solitario mi guarda in malo modo e con la stessa intensità criminale che aveva poco fa André the Giant. Ho la sensazione che pure lui ritenga che io abbia ripetutamente offeso la sua povera mamma irlandese, pia donna di Cork, che in quel momento era anch’ella in un letto d’ospedale in attesa dell’ultimo respiro. Questo posto per me è un problema e sinceramente non so come risolvere queste inspiegabili situazioni di tensione. E’ ovvio che non ho offeso quelle povere due donne, che nemmeno conosco, ma i loro figli sono convinti dell’esatto opposto. Anzi, io non solo non le ho offese ma se mi è permesso avrei il piacere di augurare alle pie donne una buona e pronta guarigione. In ogni caso è meglio evitare di augurare guarigioni perché la logica e il buon senso in questo locale sembrano essere ignoti. Ci potrebbe addirittura essere l’eventualità di ulteriori fraintendimenti e non è saggio rischiare quando ci si trova in terre lontane. La cosa di cui sono ormai certo è che la situazione degli sguardi è molto complicata in questa città e ritengo che sia il caso di non guardare più nessuno e di non sentire più alcuno. Musica maestro allora, forse solo la musica è ciò che occorre per tralasciare queste inusuali antipatie. E poi non devo dimenticare che sono venuto fin qui per commemorare Lee Morgan e non sarà certo un cliente misantropo o una vecchia gloria del wrestling a distogliermi dai miei obiettivi primari. Con “Nite Flite” ad alto volume si può iniziare a mangiare quest’obbrobrio di carne che l’amico Cecil non avrebbe osato neanche annusare. Cuffie maestro allora, cuffie, occorrono solo cuffie e la sublime musica di Lee Morgan. Ora.
Nonostante la musica e la mia grande buona volontà, però, non riesco a finire il cibo e purtroppo André the Giant lo nota. Ho l’impressione che si senta offeso da tale fatto in quanto ritiene di aver preparato il tutto con cura, attenzione e grande professionalità. Dal suo punto di vista sono un indegno e ciò conferma ancor di più l’idea che si era fatto di me in occasione della questione inerente alla sua povera mamma. Ho la certezza che se non faccio qualcosa subito lui mi farà una domanda sul cibo non mangiato e con una stupida scusa troverà una giustificazione per accusarmi di qualcosa per poi picchiarmi a morte nel suo locale. L’atmosfera qui si sta surriscaldando oltre misura e non ho intenzione di correre rischi umani. Lo anticipo dunque e prima che lui faccia un’irrimediabile mossa prendo lo zaino, lascio cento euro sul bancone ed esco dal locale come un bersagliere. Appena la porta alle mie spalle si chiude il bersagliere lascia il passo ad Abebe Bikila e corro veloce con tutte le mie forze in direzione del fiume. Quando sono a una sufficiente distanza mi volto indietro e noto che per fortuna ha soprasseduto all’idea di tirarmi dietro un coltello da cucina. Sono salvo finalmente. Dopo circa cinquecento metri di corsa al massimo delle mie forze rallento e mi ritrovo di nuovo libero, solo, sereno, sicuro e sulle rive di questo fiume omonimo del grande Morgan Lee. Fiume Lee. Esperienza André the Giant inaspettata e per buona sorte pericolo André the Giant scampato. Addio morte a Cork dunque. E La cena ? Vi è per caso la possibilità di una cena per placare la mia grande fame ? Forse sì ma sarà opportuno per questa sera accontentarmi di un anonimo fish & chips e senza sillabazione dei cibi.
Cork, 11/08/2015
da “L’Irlanda in jazz” di Mohamed H. Kalif
__________________________
Nite Flite - Lee Morgan
(1966 - Blue note records)
Lee Morgan, tromba
Joe Henderson, sassofono tenore
McCoy Tyner, pianoforte
Bob Cranshaw, contrabbasso
Billy Higgins, batteria

 

 
Commenta il Post:
* Tuo nome
Utente Libero? Effettua il Login
* Tua e-mail
La tua mail non verrà pubblicata
Tuo sito
Es. http://www.tuosito.it
 
* Testo
 
Sono consentiti i tag html: <a href="">, <b>, <i>, <p>, <br>
Il testo del messaggio non può superare i 30000 caratteri.
Ricorda che puoi inviare i commenti ai messaggi anche via SMS.
Invia al numero 3202023203 scrivendo prima del messaggio:
#numero_messaggio#nome_moblog

*campo obbligatorio

Copia qui:
 

AREA PERSONALE

 

ULTIMI COMMENTI

Molto bello! ciao, gi
Inviato da: maresogno67
il 30/06/2024 alle 18:38
 
memorabile brano!
Inviato da: maresogno67
il 31/12/2023 alle 18:34
 
E’ vero, hai ragione, uno dei più grandi jazzisti in...
Inviato da: mohamed21
il 05/02/2023 alle 17:43
 
Uno dei più grandi sassofonisti della storia del Jazz, è...
Inviato da: Mr.Loto
il 04/02/2023 alle 19:50
 
Grazie Gianni, e auguri di buon anno anche a te. Un caro...
Inviato da: mohamed21
il 02/01/2023 alle 09:13
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963