Carlo Molinaro

Non se ne viene fuori


NON SE NE VIENE FUORISe torno spesso su quell'argomento se ci torno fino alla noia fino a rompermi i coglioni da solo - oltre a romperli agli altri - è perché evidentemente mi crea problemi importanti. E addirittura una rabbia lessicale da non comunicazione: ci si incaglia sempre sulle stesse parole. Io arrivo alla fine alla mia metafora principale (quella che mi sembra inquadrare meglio la questione) cioè che se sono nel giardino più bello del mondo ma proprio il più bello bellissimo del mondo il più meraviglioso è comunque per me un'angoscia tremenda se c'è un recinto intorno se c'è un cancello chiuso: il giardino diventa una prigione. E tu ribatti che se c'è amore non c'è bisogno di cancelli e io ribatto «appunto! allora siamo d'accordo!» ma invece non siamo mica d'accordo perché se esco un attimo dal giardino tu soffri e questo è un cancellissimo un supercancello una muraglia cinese che ovviamente mi dà angoscia però tu dici che non c'è e io dico come fai a dire che non c'è e tu dici come faccio a dire che c'è e a me sembra così ovvio che c'è e a te che non c'è e niente non se ne viene fuori. Che poi anche tu stai meglio in un giardino libero tipo il Valentino che nel giardino murato di una villa borghese: che poi anche tu dici che non puoi stare in un posto solo: dunque ci assomigliamo dovremmo capirci perfettamente e invece niente non se ne viene fuori.