Carlo Molinaro

Riflessione a 61 anni


RIFLESSIONE A 61 ANNI Non ho mai cercato, in nessuna persona, tutta la persona. Mi pareva crudele, troppo crudele. Ho sempre preso, di ogni persona, la parte che più mi piaceva. Posso amarti perché sei simpatica, o perché sei bella, o per un gesto, o per un pezzo della storia della tua vita, o per un'idea, o perché sorridi in un dato modo, o anche solo perché sei in un luogo in un dato momento. Posso esserti amico perché sei intelligente, pur avendo un carattere di merda, o perché hai un bellissimo carattere, pur essendo cretino. Un puntoluce potente che vedo in te mi basta a cancellare tonnellate di merda eventuale, così come un faro sul boccascena oscura il fondo del palco e le quinte. È un po' come per le città: un paesone tutto cemento e polvere e stronzi e grigiore lo posso amare intensamente perché c'è uno simpatico in un bar. Posso amare Parigi come Rho. Forse questo mio modo di funzionare mi ha illuso su una possibile reciprocità della cosa: essere amato per un gesto, per una poesia, per un colpo di simpatia, per una conversazione, per essermi trovato in un dato luogo in un dato momento. Che a me sembra amore bello perché non pone condizioni. Ha molta purezza in sé. Lascia all'altro un'immensa libertà. Però compiuti adesso i sessantuno anni comincio a raccogliere alcuni indizi che le cose non funzionano così. Che le persone nelle persone cercano e vogliono tutta - o almeno quasi tutta - la persona. Questo rende le relazioni umane molto più difficili e complicate e strazianti di come ho sempre pensato. Però mi sa che va proprio così, così è la realtà. Ora adesso non so, alla mia età, se riesco a reimpostare le mie modalità: si vedrà.