Carlo Molinaro

Favoletta dell'uomo di scarsa empatia


«Quando percepisco che una cosa non ti fa piacere, mi blocco» - disse Alfio a Bianca.«Questo mi sembra bene» - disse Bianca ad Alfio.«Quando percepisco che una cosa ti fa piacere, mi blocco» - disse Alfio a Bianca.«Ohibò, questo non mi sembra bene» - disse Bianca ad Alfio.E domandò: «Perché?»«Per lo stesso motivo».«E qual è lo stesso motivo?»«È che se percepisco qualcosa che viene da te, la mia azione (o non azione) diventa legata a uno scopo. Farti piacere, non farti dispiacere. Diventa l'insignificante appendice di uno scopo. Diventa finta. Diventa irreale».Alfio spiegò meglio:«Non è più una mia spontanea azione o non azione. È qualcosa di indotto in me da circostanze esterne. Dunque, non esiste».«Mi sembra una cazzata» - ribatté Bianca. E aggiunse:«Però hai detto che se percepisci che una cosa mi dà fastidio ti blocchi. In questo caso fai una cosa positivamente indotta dalle circostanze, e pare che vada bene».«Attenta: non ho detto che smetto di farla, ho detto che mi blocco. Se la sto già facendo, ciò che blocco è lo smettere di farla, perché sarebbe quello (lo smettere) la cosa indotta, cioè finta, cioè inesistente».«Mi sembra una stronzata» - ribatté Bianca. E aggiunse:«Però a volte ho la sensazione che tu faccia spontaneamente cose che mi fanno piacere, e che tu smetta spontaneamente di fare cose che mi fanno dispiacere. Non è così?»«Alcune volte è così. È quando, in un modo che a me pare del tutto casuale, e dunque veramente mio, reale, non legato a uno scopo conscio inquinante, il mio agire ti dà piacere, o il mio smettere di agire ti toglie un dispiacere».«È bello quando accade. Io credo che sia l'amore».«Forse. Ma possiamo basare la nostra relazione su qualcosa di così accidentale? Che non sai quando accade e quando no?»«Tu dici che se non è accidentale è finto!»«Questo mi pare ovvio. Dunque una relazione ha bisogno di moltissima finzione».«Ti fai troppe seghe mentali» - ribatté Bianca. Ci fu un minuto di silenzio. Bianca, ragazza riflessiva, espresse una sua riflessione:«Mi pare che ogni cosa esistente fuori dalla tua testa renda a te inesistente, se da te percepita, il tuo agire. È corretto?»«Abbastanza».«Dunque tu mi ameresti meglio se io non ci fossi».«Potrebbe essere vero. Però...»«Però?»«Però il tuo non esserci sarebbe un dolore insopportabile. Nulla è più insopportabile di un non esserci di un'amata».«E dunque che si fa?»«Siici, ti prego. E in qualche modo, vere o finte, le cose d'amore con te le farò. In fondo che importa il vero o il finto? Mi pare che al mondo nessuno ci badi».«Io ci bado al vero o finto, e anche tu» - ribatté Bianca. E aggiunse:«Non so bene cosa fare. Devo pensarci. Non so». Ci fu un altro minuto di silenzio, poi Alfio disse:«Uscendo da questa stanza, voglio sbattere contro il muro».«Puoi farlo, se vuoi».Alfio andò a sbattere violentemente contro il muro. Gli uscì dal naso molto sangue.«Perché lo fai?»«Perché se imbocco la porta, il mio uscire da questa stanza non è più una mia azione spontanea, ma qualcosa di indotto dalla posizione della porta, quindi finto, quindi irreale».«Capisco» - rispose Bianca, e aggiunse:«Forse non ce la faccio a stare con te».