Carlo Molinaro

Poetry slam al «Circolo dei lettori»


Ieri sera ho partecipato a un poetry slam organizzato al «Circolo del lettori», a Torino in un palazzo sontuoso, del Seicento, mi pare, che mette soggezione. È un palazzo dove abita anche della gente, certo gente un po’ particolare, non credo precari da 700 euro al mese. C’è pure un portinaio che sembra un ammiraglio (ma non è sempre il medesimo: anche lì, ormai, cooperative sparse di ammiragli a tempo determinato e senza pensione). Quindi è un condominio, e funziona come tutti i condomìni: i condòmini si lamentano del viavai del «Circolo dei lettori», benché tale circolo sia aristocraticissimo. È nella natura del condomino lamentarsi: dove c’è una discoteca si lamenta della discoteca, dove c’è un bar si lamenta del bar, dove ci sono bambini che giocano si lamenta dei bambini che giocano, dove non c’è nulla si lamenta che il quartiere è abbandonato.Comunque: ho partecipato al poetry slam e sono arrivato terzo su sette. Non male, anche se come al solito (è almeno la terza volta che mi succede) dopo la partenza lanciata con un componimento classico di sicuro effetto (il Recitativo contro i treni rapidi), mi sono fregato al secondo giro con una poesia che stavo ancora scrivendo, nuova, neppure ancora finita, e per di più vagamente d’amore. Poco adatta. È un errore che commetto spesso, ma non importa. Mi rifiuto di scegliere sempre i pezzi più adatti alla competizione, altrimenti la poesia poi comincia a sembrarmi un mestiere e se mi sembra un mestiere poi rischio di odiarla come si odiano tutti i mestieri: come si odia, naturalmente, ogni cosa che deve essere fatta in cambio di qualcosa.La poesia in questione avevo cominciato a scriverla il pomeriggio all’Imbarchino, un posto affacciato sul Po che vi consiglio vivamente (è al Valentino, più o meno sotto il castello della facoltà di Architettura, un po’ a valle, mi pare, delle società di canottieri Armida e Cerea ­– o un po’ a monte, adesso non riesco a focalizzare, comunque nelle vicinanze) perché è bellissimo, è gestito da una cooperativa di ragazzi e puoi passarci tutto il pomeriggio prendendo un caffè (80 centesimi) o anche prendendo niente, ma qualcosa prendi, dai, se no finisce che fallisce e chiude e sarebbe un vero peccato. Poi avevo continuato a scriverla cenando con un’insalata al Brek di piazza Carlo Felice. Quando l’ho letta al poetry slam non era proprio finita, ma quasi; adesso è finita e ve la offro qui. La copertina di libro a cui è ispirata la potete comodamente vedere: è l’immagine attaccata al messaggio che precede questo. Bene. Va così.   LE ALI DI CHIARA Osservando una fotografia intitolata appunto Le ali di Chiara, sulla copertina del libro di Ornela Vorpsi La mano che non mordi, nell’edizione Einaudi, collana L’Arcipelago Einaudi, 110, Torino, febbraio 2007.  Il fiume s’è alzato, ha coperto i tre gradinipiù bassi. Le ali di Chiarasono dipinte sulla schiena. Hanno tolto i tavolinidalla terrazza inferiore. Le ali di Chiarasono dipinte sulla schiena in color sangue.Si resta a bere sul terrazzo più alto. Le alidi Chiara, color sangue, non sono per volare.Si servono caffè in tazze di plastica. Le alivere sono nascoste. Gli studenti sfoglianodispense in fotocopie rilegate con spirali.Le ali scendono sulla schiena come sangue.Squilla un telefono. Bisogna cancellarele ali di sangue perché possano schiudersile ali vere. Quattro canottieri spingono un armonella corrente. Come cancelli il sangue?È giugno, è tempo d’esami, due ragazzes’interrogano di biologia. Non lo cancellima seccherà, e si distaccherà. Il fiume è gonfio,dopo la siccità prende respiro. Le ali di Chiarasi apriranno leggere, invisibili, frantumerannoil sangue. Un ragazzo si toglie gli occhiali.Asciugate dal sangue le ali di Chiarala porteranno in volo, via dall’amore in eccesso,via dallo stringere di braccia senza garbo,via dalla nostalgia carnivora, da tuttele trappole del tempo. Un cameriereprepara per la sera. Osserveremoil volo libero, non alzeremo il braccioper fare segni, non racconteremocome si svela il suo mistero. Il fiumetrascina tronchi grigi. Eviteremodi fare chiasso, d’innamorarci troppoo di esternare chissà che sciocchezze.S’accende qualche luce dietro il banco,un uomo indossa il grembiule e risciacquai boccali. Le ali di Chiaranon saranno più argomento per discorsiquando Chiara, ordinata una birra,sorriderà come dovrebbero sorrideretutte le donne, in piedi, fra gli amici.                                                 Torino, 8-9 giugno 2007