Carlo Molinaro

Le «famose» mie lettere ai giornali


Una volta scrivevo molte lettere ai giornali. E me ne pubblicavano molte, anche più di cinquanta all’anno. Soprattutto su Stampa, Repubblica e Manifesto, e poi su Cuore e sul Vernacoliere, e occasionalmente altrove. Nell’immagine ne vedete una pubblicata su Cuore che creò un po’ di scompiglio, eufemisticamente parlando. [Molto dolorosa per me.] Sì, per una ventina d’anni (anche di più) almeno cinquanta lettere pubblicate all’anno, fa... mille lettere pubblicate? Sì, si potrebbe fare un libro, ma non so se sarebbe poi così interessante. Io non potrei curarlo, comunque, perché quasi tutte quelle lettere le ho perse: sono un pessimo conservatore delle mie cose, così come Avellaneda è una pessima incitatrice di vita (questa è una frase criptata che credo possa capire solo una persona al mondo, una persona che purtroppo non vedo da tanto). Bisognerebbe andare a spulciare negli archivi dei giornali o nelle biblioteche, con pazienza, giornale per giornale, una ventina di annate e più, e raccogliere le lettere. Se io fossi molto famoso, lo potrebbe fare un volenteroso studente per una tesi di laurea: «La componente grafomaniaca in Carlo Molinaro: una vita di lettere ai giornali. Consonanze e dissonanze con la produzione poetica. Alcuni appunti» (alcuni appunti fa sempre figo in fondo a un titolo, agli accademici fa venire un orgasmo). Ma non sono famoso, e niente tesi! Però è stato divertente scrivere quelle centinaia e centinaia di lettere su di tutto un po’. Una sul Vernacoliere, mi ricordo, era intitolata Viva le troie; una su La Stampa proponeva l’abolizione del sistema contributivo per le pensioni e l’assegnazione di mille euro al mese a chiunque avesse compiuto sessant’anni, indipendentemente da che cosa avesse fatto o versato nella vita: égalité almeno nella vecchiaia. E via farneticando! Oh, ma ogni tanto ne scrivo ancora, eh! Di meno, ma ne scrivo ancora.