Carlo Molinaro

LA STRAGE DI TORINO


La mia scelta abituale è di non mettere in questo blog fatti di cronaca, eventi politici, attualità. Non perché quelle cose non mi interessino, ovviamente, ma perché hanno già i loro spazi, sia a livello di notizia che di commento. Ci sono persone più competenti di me a parlarne; non voglio disperdermi in un presuntuoso blog «tuttologo». Ma oggi devo fare un’eccezione.In una fabbrica che dista poco da casa mia, qui a Torino, sono morti quattro operai. Quattro nel momento in cui scrivo, e speriamo sia la cifra definitiva, perché altri sono in gravi condizioni. La fabbrica è un’acciaieria, una ferriera. Si chiamava proprio così, Ferriera, poi è diventata Teksid Acciai, poi è stata travolta dalla crisi, adesso tira avanti sotto la gestione di un supersfruttatore tedesco dal nome che ricorda cose sinistre di guerre passate, Thyssen, Krupp... Un supersfruttatore che vuole spremerla fino all’ultima goccia per poi, naturalmente, chiuderla: chiudere e licenziare è l’unica cosa che sanno fare bene, i grandi geni dell'imprenditoria mondiale.E in questa stretta finale dello sfruttamento il lavoro diventa ancora più inumano. Lo straordinario praticamente obbligatorio porta la giornata a dodici ore di inferno. Le misure di sicurezza? E chi ci bada alle misure di sicurezza, bisogna lavorare, produrre, crepare. E prima o poi succede, è successo altre volte, adesso fa notizia perché è più grave, è una strage. Quattro ragazzi sono morti. Ragazzi italiani, piemontesi – fossero stati extracomunitari non cambiava nulla, certo, ma è per far sapere che esistono ragazzi italiani che fanno gli operai sfruttati, e muoiono. (No, è solo perché a volte sento dire che i ragazzi italiani non hanno voglia di lavorare, e allora.)E allora questa notizia, questa tragedia, la voglio scrivere anche qui, nel mio blog. La scrivo con tristezza, perché so che, dopo le parole di circostanza, dopo lo sciopero che lunedì fermerà Torino, non succederà nulla, come al solito. Non succederà nulla perché non può succedere nulla: quello che accade è intrinseco al sistema, a questa new economy che ci ha riportati indietro nel tempo, ha cancellato i diritti, e ha trasformato il lavoro in roba da pagare al minimo prezzo possibile. E chi se ne frega se ogni tanto qualche ragazzo brucia nelle fiamme di quell’inferno. È la produzione, bellezza!