Carlo Molinaro

Tirocolè


Oggi mi sento incomunicabile. Non comprendo e non esprimo. Ma essendo comunque poeta, ho scritto lo stesso una poesia. Una poesia che non comprende e non esprime. Una poesia incomprensibile e inesprimibile. In parole povere, una cazzata. Ecco qua.       TIROCOLÈ       Il corteo        è corto, lì.        Or lecito       cetriolo.       Licet oro,       torco lei.       Colorite       troie col       reticolo.       Oltre ciò,       l’erotico       lieto cor.       Tirocolè![Nell’immagine, il poeta titolare del presente blog, sia pure vagamente affranto dopo un lungo viaggio dal capoluogo subalpino fino alla capitale d’Italia, regge sulle ginocchia, all’interno di un pube (così in romanesco; ingl. pub) del semicentro, zona Tiburtina, un peso dolce e non sgradito: una sua buona amica, l’immagine delicata e graziosa della quale, a causa di una spietata legge detta «delle privazíe» (ingl. privacy), s’è dovuta occultare dietro un’improbabile scesa di celesti nubi dalle sfere angeliche, o dal soffitto del pube, o qualcosa così.]