Carlo Molinaro

L'uomo che per conservare disperdeva


Era un uomo disordinato. Non aveva un cassetto per una cosa e un cassetto per un’altra. A casa sua nessuna cosa aveva un posto fisso. Per esempio dopo colazione lavava il pentolino del latte e poi pensava: adesso lo metto al suo posto – ma immediatamente si accorgeva che in casa non esisteva il «posto del pentolino del latte», e allora lo metteva in un posto qualsiasi. Nell’armadio tutta la roba era accumulata, e per trovare un paio di mutande buttava all’aria maglioni, magliette, fazzoletti (usava ancora quelli di stoffa, non gli piacevano i fazzolettini di carta), cinture, camicie, calzini, giacche, pantaloni, federe di cuscini. Ma non era un grosso problema perché non possedeva poi tante cose, e in un tempo ragionevole di solito le mutande emergevano.Con i libri era la stessa cosa: se gli veniva in mente un libro, per trovarlo doveva scorrere prima tutti gli scaffali, poi tutti i mucchi sul pavimento, poi guardare sotto il divano, e poi pensare che forse l’aveva prestato e non glielo avevano più restituito. Ma intanto, nella ricerca, quasi sicuramente trovava un altro libro interessante, e leggeva quello, e dunque neppure qui c’era un grosso problema.Alle lettere d’amore (le lettere e le cose affini: foglietti, quadernetti scritti per lui, biglietti, oggettini mandati nelle buste) era affezionato di più, e cercava di mantenerle più sotto controllo. Nell’ultimo anno aveva cercato di mettere in un cestino quelle di C., di C. e di C. (il destino non lo aiutava a fare ordine: tre donne con la stessa iniziale) e quelle di R. – ma poi si era accorto che sì, nel cestino ce n’erano molte, ma non tutte. Altre erano sparse qua e là, perché lui mentre le leggeva sognava, e poi trasognato le appoggiava dove capitava, e restavano lì. A casa sua un oggetto poteva rimanere appoggiato su un tavolo, o per terra in un angolo, senza nessun motivo ragionevole, per giorni, mesi e anche anni. Insomma, non si può pensare a tutto.Gli anni passavano e lui si era convinto, non a torto, di essere un pessimo conservatore di cose. E poi pensava che non avrebbe potuto conservare nemmeno sé stesso, perché invecchiava e poi sarebbe morto, e allora a che scopo conservare le cose per sé? Era così giunto alla conclusione che il modo migliore per conservare è disperdere. Non fanno così anche i pioppi con i loro semi? Si presume che i semi siano la cosa più cara per un pioppo, eppure il pioppo lascia che il vento li porti via, li porti lontanissimo. Non fa nulla per conservarli presso di sé.Per vivere faceva mestieri precari, ma era anche un poeta, e quando scriveva una poesia o un racconto, lo mandava immediatamente in giro. «In giro» gli sembrava l’unico luogo relativamente sicuro in cui riporlo. Pensava: una cosa sparsa per il mondo ha più possibilità di durata che una cosa chiusa in un mio cassetto. Se avesse trovato in cantina (diciamo così per assurdo) un quadro mai visto di Monet, il più bel quadro di Monet, che l’autore aveva nascosto appena dipinto perché era troppo bello e aveva paura di abbagliare il mondo, non l’avrebbe trattenuto in casa neanche un giorno, sarebbe corso a portarlo in un museo, un museo fidato, luminoso e aperto al pubblico. Non era geloso. Per lui, tutte le cose belle sarebbero dovute essere visibili a tutti, perché non è che puoi decidere tu prima chi le apprezza e chi no. Odiava i posti chiusi, le società segrete e l’esoterismo, quelli che ci tenevano a far buio anziché far luce.Il mondo è già tutto un mistero di suo: che ci siano uomini che fanno i misteriosi è una caricatura ridicola, pensava. L’esoterismo è come uno che ha la caghetta e mangia marmellata di prugne.In realtà, lui avrebbe disperso per il mondo tutte le cose belle che possedeva, sia perché gli pareva il modo migliore per conservarle, sia perché il mondo potesse vederle. Sapeva che in ogni caso si trattava di una conservazione relativa: anche il quadro conservato al Louvre ed esposto a tutti, prima o poi andrà distrutto. Per un incidente, per il logorìo, per un terremoto o, più probabilmente, per l’arrivo di un’altra civiltà avversaria che lo considera brutto, osceno, peccaminoso. Migliaia di meravigliose opere dell’antichità pagana furono distrutte nei primi secoli del cristianesimo, e oggi un buon islamico integrale non esiterebbe a dar fuoco alla Primavera del Botticelli, dato che è nuda, e al Cenacolo di Leonardo, dato che è cristiano. Gira così.Ma, giri come giri, dispersa in mille case una poesia può durare di più che chiusa in un cassetto solo. Perché poi la volesse far durare, non lo sapeva neppure lui. Puro istinto di conservazione, probabilmente, lo stesso che fa sì che ogni animale cerchi di vivere finché può, fino all’ultimo soffio.Questo principio di disperdere per conservare lo avrebbe applicato anche alle lettere d’amore, quelle belle, alle foto delle fidanzate, anche in déshabillé, e insomma un po’ a tutto: gli veniva spontaneo. Ma quasi sempre riusciva a trattenersi perché sapeva che gli altri non erano tanto d’accordo, c’era la riservatezza, la discrezione, tutte quelle cose lì che a lui, che era un tipo un po’ strano, suonavano già un po’ esoteriche, già un po’ da prugne sulla caghetta. Quindi si tratteneva, però in sostanza era fatto così: ci sono uomini che se hanno una bella fidanzata le dicono esci coperta da un velo perché solo io devo vedere la tua bellezza, e uomini (pochi) che invece le dicono esci nuda così il mondo è più bello e in un mondo più bello c’è più felicità. Lui era del secondo tipo. Fermo restando che la fidanzata deve poi poter uscire come cazzo le pare, senza ascoltare consigli dagli uomini.Insomma però era un uomo molto disordinato, certo. Si metteva a scrivere e si dimenticava di mangiare. Usciva per comprare il riso e non si ricordava che era domenica e così restava senza. Si metteva a fare un lavoro e poi pensava centomila altre cose e così a mezzanotte era ancora lì che non aveva finito. Un grandissimo casinista.Pensandoci, era persino strano che ogni tanto qualcuna riuscisse a volergli un po’ di bene. Lui ogni tanto rifletteva su questo e si diceva: sono un uomo disordinato ma in fondo sono un uomo fortunato.E appoggiava il pentolino del latte sul primo angolino di casa libero orizzontale che trovava, magari su una pila di libri, e guardava fuori dalla finestra il campanile illuminato dal sole, e si sentiva diventare vecchio come tutti quanti, e sentiva le cose tritarsi nella betoniera del tempo, ma quello era il mondo, sempre, e alzava le spalle e diceva, alla francese: c’est la vie. Poi scriveva un raccontino e subito lo metteva nel blog. E per oggi niente riso, ma ci sono dei fusilli. Da qualche parte.                                                 J'ai douté des détails, jamais du don des nues.