Carlo Molinaro

Non solo sull'infanzia


No, non me l’hanno ancora aggiustato il computer, forse domani. Ho tirato fuori un vecchio portatile che funziona abbastanza male, ha la tastiera inglese (quindi le accentate bisogna farle con i codici), ha un monitor che ci vuole la lente d’ingrandimento, ma in qualche modo riesce a connettersi. Lavorare con questo è un po’ dura, ma spero per domani di riavere il mio. Spero! Con il servizio di assistenza dei computer non si sa mai, purtroppo: il tecnico c’è, non c’è, torna dopo... Nonostante tutte queste traversìe, ho scritto una poesia, che forse è una poesia sull’infanzia, o forse no. Buona giornata.IL TERRACANTIEREMOTOCARROLUCENo, vede, in questa sera diversa, ulteriore,lo sento, sa, come è inutile raccontare:eppure non c’è altro da fare,devo scrivere il tema, professoressa:sono rimasto un momento questo pomeriggiomezzo assopito sul letto e ho sognato di esserenella strada su cui fuggiva il motocarroarrugginito e a destra c’era la voraginedel cantiere e a sinistra l’asfalto, e in mezzoun ciglio rado d’erba, qualche fiore minimoe l’odore che lasciava il motocarroaspro, di ferro e carburante bruciatoe l’erba, e tutto insiemeera da esplorare e respirare(non c’era differenza fra esplorare e respirare):anche allora la sera cominciava dalla terrascoperta della buca che si faceva umidae scura e rasa dalla luce scarsasulle scabrosità che si alzavano come pustole:tutto era insieme, non è che fosseumida e poi scura e poi rasa dalla luce,era qualcosa che è questo insieme indivisibile,professoressa, è per questo che nei teminon uso gli aggettivi, lei mi rimprovera,ma gli aggettivi sono talmente generici:umida e scura e rasa ma veramentenon era nessuna di queste cose, no,era quello che sentivo nella bocca passando,so benissimo com’era:tornavo a casa agitato e i miei «cosa hai fatto?»e io «niente» e passavo per un bambino scorbuticoma non era per cattiveria era perchénon c’erano le parole per dirloe non ci sono neanche adesso, signora,e soprattutto gli aggettivi no,gli aggettivi sono troppo fuorvianti,terra umida lei chissà cosa pensa:magari i campi ubertosi o l’irrigazione:no vede quella terra era dura compatta,come dire, l’umido ce lo metteva la seracon lo scuro o forse, sa, ce lo mettevo io,perché altri testimoni avrebbero riferitodiversamente, avrebbero detto«guarda che bella sera d’estate c’è venuta»oppure «che quartiere di merda con tutti i lavori di scavo»,ma quel ciglio con poca erba e qualche minimo fiorefra quell’asfalto sgranato, sa, quello grezzoe la terra, aveva un odore che i fiorierano la stessa cosa del motocarro,petali di benzina, erba arrugginita,ma non lo dico in senso negativo:vede com’è difficile professoressa,era meraviglioso che tutto stesse insieme,le giuro era un profumo meravigliosoquello che filava dietro il motocarro,qualche radice che spuntava dal tagliodello scavo del cantiere e il caloredel giorno restava, ma era freddo e la lucec’era ma diventava scura, vede quanti aggettivinon funzionano, anche gli altri dettagli,rumori di ruote e di campanee più in là l’orizzonte era tutto macchiatodi fumo dei camion, lei non ha ideadi quanto sia bello quell’arancio pallido col nerodel fumo e la terra che sosteneva il motocarroe me, le mie scarpe, tutto aveva un odore congruente:ma vede che mi disperdo, sarà contenta che ho usatopiù aggettivi però io no, sa, a ogni respiromi sembrava di avere già perso il filocome se un attimo prima ci fosse qualcosaa cui non ero stato attento abbastanza, ma almenorestava quella luce-odore-scuro chiaro,vede, io sapevo perfettamente che cosa teneva unitil’erba e il motocarro e la fila delle casecon lo scavo del cantiere e il fumo dei camion:guardi che respiravo benissimo, non creda,poi dopo a casa certe volte mi prendeva la pauradi morire ma questo è già un altro discorso:avevo sette anni e sapevo com’erail terracantieremotocarroluce,era un paradiso perduto mi creda,queste erano le mie passeggiate verso seraquando avevo sette anni le prime volte che mi lasciavanoandare in giro da solo:strisciavo il dito su certi muri che sembravano grattugieper farmi sanguinare, per lasciarci del mio:perché volevo essere terracantieremotocarrolucee invece ne venivo allontanato,pian piano ne venivo allontanatoe sono qui, adesso, però nell’angolo del terrazzodico adesso 45 anni dopo in un altra cittàc’è una pianta in un vaso e il muro scrostatocon la luce radente della sera fa un poco di odoresimile, un poco simile, sa, dicono l’infanzia,cosa vuole mai, io la cerco in un angolo umido:quell’odore, sa, che tutto sta insieme,il motocarro, il cantiere, l’erba scarsa, la radicetagliata, io non posso sapere se lei sa,respiro uguale, guardi respiro bene,poi a casa certe volte mi prende la pauradi morire, vede che non cambia nientea sette anni o adesso è lo stessoo no, non è lo stesso ma vede non c’è una parolache prenda insieme quello che si sente,sono solo pezzetti e non è mica dettoche messi in fila dicano la cosa,le parole sono tutte così generiche:io non saprò mai dirle, signora professoressa,com’è il terracantieremotocarrolucee come posso ritrovarlo stasera sul terrazzo:figuriamoci se posso dirle che cos’è l’infanzia,figuriamoci se posso dirle che cosa è adesso.