Carlo Molinaro

Scontrini


Una ripulita al portafogli, che lo devo cambiare, è ormai completamente sfasciato, e saltano fuori bigliettini e scontrini di varie epoche e varie località [nell’immagine, una piccola selezione]. Chi ha qualcosa da nascondere fa bene a buttarli via subito: potrebbero rivelare, chessò, a una moglie itinerari insospettati del marito. Ma per indagini poliziesche sarebbero inaffidabili: per esempio, a me piace raccattare sul treno biglietti usati abbandonati, purché puliti e in buono stato: non è che li conservo, li butto via poi dopo, ma li tengo un po’ con me. In fondo lo scopo di tutti i nostri sforzi, e anche della poesia [vedi quella qui sotto, tratta da La parola rinvenuta, pagg. 551-552], è perdere le cose un po’ dopo. Quindi trovarmi in tasca un biglietto Cucciago-Milano può non significare che sono stato a Cucciago, ma solo che ho trovato quel biglietto su un sedile in uno scompartimento del Milano-Torino. Se ne tenga conto. Ci vuole acutezza e fantasia anche per indagare senza commettere strafalcioni. Di fatto, non sono mai stato a Cucciago. Chissà com’è. Magari è un bel posto.Non è facile comunicare. Il guazzabuglio che abbiamo in testa si riflette nel guazzabuglio delle parole e dei gesti. Decifrare una frase o un testo, decifrare uno sguardo. Non si è mai sicuri. C’è anche chi non si impegna: scopro oggi sul giornale che il venti per cento dei laureati è sostanzialmente analfabeta e non me ne stupisco: a leggere ciò che scrivono avrei detto molti di più. Di mio, ho sempre il timore di capire ciò che voglio e non ciò che è, e perciò raramente mi fido delle mie intuizioni, quasi sempre alterate dalla tramontana sferzante del desiderio. Appartenendo al novero di coloro che la ragion sommettono al talento (cfr. messaggio n. 232), non posso mai sapere nulla con certezza di ragione. Questo crea a volte qualche problema, qualche malinteso, ma tant’è. Lasciamo ad altri la conoscenza oggettiva del soggetto (un ossimoro?). Non sono uno scienziato della psiche. Sono un ordinato poeta del cosmico caos. O un caotico poeta del cosmo ordinato. Fa lo stesso. È un casino. Ritmo! Olè.In questo istante, ore 15.52 del 6 febbraio MMVIII post Christum natum, mi telefona Claudia che trilla felice: «L’ho passato! Ventisette!» – e racconta e racconta dell’esame e del pomeriggio in facoltà, che cosa le hanno chiesto, e poi chi ha incontrato, e le mancano solo due esami alla laurea triennale, e le parlo con il vivavoce mentre continuo a scrivere, in diretta, e si è contenti, e fuori c’è il sole che inclina sui tetti, e questi sono fatti, e se io non capisco mai niente, pazienza.CHE COS’È UNA POESIA?                               Dopo la serata poetico-musicale all’Humpty Dumpty                               a Genova il 23 febbraio 2006                               con Davide Ivaldi, Luca Pagani, Cesare Oddera e Francesco VicoGiulia non ama il miele né altre coseprodotte dalle api. Titty hai capelli a fusilli, il musicistapiù alto ha qualcosa di Troisi,c’è un asse con i chiodi con su scrittoquesto è un appendiabiti. Due stanzedi locale occupato con noi treche leggiamo poesie. Soffia il ventoin via delle Fontane. Che cos’èuna poesia?Forse soltanto un modo per non perderesubito tutto – per perderlo dopo.Per prolungare l’attimo fuggente:cose d’amore, prevalentemente.Ho scatole di lettere in soffittanella casa di prima. Dovrei mettermid’accordo con chi ancora abita lìper andare a riprenderle. Perònon trovo il giorno giusto. Ho da viverequesti amori di adesso. Lo faròquando sarò più vecchio o forse mai.Qualcuno un giorno con semplicitàprenderà tutto e lo butterà via.Cesare e io passiamo per Savonaa lasciare giù Mac, Francesca e Giulia.Giulia è così linda – allora scrivoquello che so di lei, che è molto poco:non ama il miele, e ha un padre fascista.Quando conosco una ragazza lindascrivo di lei foss’anche quasi nullaper non perderla subito, per perderlaun giorno dopo.Savona non è bella, conveniamone,a tarda notte un giovedì qualsiasi:c’è aperto solo un autogrill per prendereun panino e una pasta. Eppure annotoanche Savona e l’autogrill, per nonperderli subito.Cesare lui è bravo a seminaresguardi e battute e saluti affettuosiin questi posti così impermeabiliall’attenzione, in questi posti dovela gente passa quasi senza accorgersi.Così poi sono suoi almeno un minimo– e lui lo fa, io so che lui lo fa,per non perderli, non perderli subito.Siamo strane creature sì lo siamo.Annoto amori minimi e persinoamori altrui che poco mi riguardano:dietro Savona ritrovo annotatofra una via stretta e un brutto caseggiatoil nome di Virginia.Così già quasi vecchio, vagabondo,senza lavoro fisso, ho un grande archiviod’annotazioni inutili, dispersonei luoghi più improbabili, anche in luoghiche più neppure esistono.Qualcuno un giorno con semplicitàprenderà tutto e lo butterà via.Che cos’è una poesia?