Carlo Molinaro

Contatti poetici e perdite di tempo


Ero poco fa sul tram numero tre in corso Regina Margherita e mi si è aperto in testa un verso di Montale: lo sai: debbo riperderti e non posso. Mi è capitato così, senza motivo, perché la poesia quando arriva arriva; e mi ha messo addosso una grande volteggiante malinconia. Prima mi è venuta in mente un donna, che non posso «riperdere» perché non l’ho mai «avuta», ed è la donna a cui ho dedicato la poesia Sottoripa, che c’è nell’immagine del messaggio precedente, nella pagina degli Atti, e che comunque avevo già messo almeno una volta in questo blog, qui. Poi mi sono venute in mente altre donne, trovate, perse, ritrovate, riperse. E infine la vita: che è lei, la vita, che si può riperdere tante volte, perché tante volte si può ritrovare. Ma di ritrovarla non sei mai sicuro. E comunque ogni riperdita è un dolore, indipendentemente, a prescindere. E ci sarà la volta che non la ritrovi più.Giunto a casa ho cercato la poesia. Non su Internet, no, sul libro, è meglio. Sul libro l’ho trovata e l’ho letta. Non ricordavo affatto che alla fine della prima strofa parlasse di Sottoripa. Che strani collegamenti, che misteriosi riverberi ha la poesia. Allora forse l’abbiano sentito entrambi, lui e io, a Genova, quell’odore d’ombra che sale dal porto. Entrambi l’abbiamo associato a una donna e a qualcos’altro.Ho pensato in successione tre cose stupide.1) Chissà come si chiamava la donna che Montale doveva riperdere.2) Ma tu, perché non mi dai un bacio? Un bacio, dai.3) Non posso perdere tempo dietro queste fantasticherie, ho da lavorare.Sì, appunto. Adesso basta, adesso torno al lavoro.Qui sotto c’è la poesia di Montale. Noto in quest’attimo che anche la sua è fatta di due strofe di sei versi, come la mia. Strane, strane combinazioni di cose. Però la mia ha un motivo preciso per essere fatta di due strofe di sei versi, un motivo che non vi dirò, ma che è preciso, banale, sciocco, da ridere (cantava Vecchioni venerdì sera a Varazze, con le parole di una poesia di Pessoa:  le lettere d’amore / fanno solo ridere: / le lettere d’amore / non sarebbero d’amore / se non facessero ridere; / anch’io scrivevo un tempo / lettere d’amore, / anch’io facevo ridere: / le lettere d’amore / quando c’è l’amore, / per forza fanno ridere).Adesso basta, adesso torno al lavoro. Però ho voglia di spaccare tutto. Non è che sono poi così triste o incazzato o disperato, ho solo voglia di spaccare tutto, così. Chissà se ce l’aveva anche Montale. Sembrava un tipo timido. Ma anch’io lo sembro. A volte l’apparenza inganna. =========================Lo sai: debbo riperderti e non posso.Come un tiro aggiustato mi sommuoveogni opera, ogni grido e anche lo spirosalino che straripadai moli e fa l’oscura primaveradi Sottoripa.Paese di ferrame e alberaturea selva nella polvere del vespro.Un ronzìo lungo viene dall’aperto,strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segnosmarrito, il pegno solo ch’ebbi in graziada te.          E l’inferno è certo.(Eugenio Montale, Le occasioni (1928-1939), Parte seconda - Mottetti, in Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Cles, Trento, 2006, p. 139)  [nell’immagine, due poeti moderatamente maledetti seduti per terra a Genova, fra Sottoripa e il «Porto antico», il 5-XI-2004]