Carlo Molinaro

Spaese


A volte ci si sente estranei, straniati. Isolati. Anche per le ragioni «di società» che esprime Ilvo Diamanti in questo bell’articolo sulla Repubblica di stamattina. Ma non solo per quello. E non è neppure questione di essere veramente soli. In questo agosto ho visto tante persone a me care e ne ho ricevuto affetto e amore (e spero di averne anche dato, almeno un po’). Non è necessariamente questione del dove, del come. Ricordo che nell’estate del 1974 ero a Bucarest da solo: dopo i cursuri de vară, una specie di progetto Erasmus romeno ante litteram, avevo deciso di trattenermi oltre (un po’ clandestino! overstayer! a rovescio, geograficamente, di quel che accade oggi!) e bighellonavo facendomi ospitare da varie famiglie conosciute lipperlì (all’epoca il regime, nonostante tutto, lo permetteva: la degenerazione finale autoritaria di Ceauşescu, con divieto di ospitare stranieri, cominciò qualche anno dopo). E il 23 agosto andai nientemeno che alla grande sfilata popolare obbligatoria (come quelle del nostro fascismo: ho visto di recente il bel film Una giornata particolare, dove si ascolta in sottofondo la
radiocronaca di una celebrazione fascista oceanica) della festa nazionale romena. Una sfilata di gruppi organizzati e inquadrati, naturalmente: ma io mi ci infilai così con nonchalance e nessuno mi controllò. Scattai pure delle fotografie, fra cui quella qui a sinistra in cui si vede il duce Nicolae che saluta la folla. Poi dormii a casa di Sticluţa o di Elsa o di Magda, non ricordo. Magda la primavera successiva partorì un bel bambino ma giuro che non sono stato io.E adesso perché mi è venuto da raccontare questo? Sono svagato! Ah sì, è perché non mi sentivo solo, là, nel 1974, anche se ero a 2500 km da casa (tre giorni di treni scombinati) e le comunicazioni telefoniche erano come erano (cinque o sei ore di attesa all’ufficio postelegrafonico – dove molti apparecchi erano alimentati a manovella – per sperare di avere un collegamento con l’Italia, che poi spesso risultava impossibile: altro che cellulari satellitari!). Però altre volte mi sono sentito sperduto in Romania come in qualsiasi altro posto, quindi non è questione... Insomma, non c’entra un cazzo.No, è qualcosa dentro che sfugge, ci sono dei movimenti sussultori, degli smottamenti nell’anima (chiamiamola così), degli assestamenti forse.Non si può non correre dietro alla vita. Lo esprime benissimo una poesia che una donna mi ha dedicato ieri e che mi permetto di trascrivere qui sotto. Ci si può riposare ogni tanto, ma poi la vita è troppo bella per non correrle dietro. Ma dato che corre più veloce di me, a volte la perdo di vista: ecco, forse questo è lo spaesamento: come quando cammini insieme con qualcuno in una città che non conoscete e lui va avanti e tu che magari ti eri distratto un attimo non lo vedi più nella via e ti prende l’ansia e non sai cosa fare: stare fermo sperando che se ne accorga e che torni indietro, o cercarlo rischiando di perdere ancora di più la strada?Qualcosa così. Poi magari se mi gira un po’ la testa sarà anche perché noto adesso che sono le otto di sera, passate, e non mi sono ricordato di pranzare, non che di cenare. Pensandoci, non ho neanche fatto colazione. Devo ricordarmi di fare queste cose! Adesso vado a mangiare.E poi un’altra donna ieri mi ha fatto leggere un pezzo che ha scritto in forma di lettere immaginarie a un famoso scrittore della prima metà del Novecento. Serve per un suo lavoro e mi ha chiesto un parere, una cosa tecnica. Ma io l’ho sentito anche come se fosse scritto a me (sono straniato ma non riesco a straniarmi: che contraddizione!): e dove «gli» dice che se fosse una sua donna non starebbe nei suoi scritti, nelle sue carte, nella sua penna, ma rovescerebbe tutto a terra per prenderlo e baciarlo davvero nella vita, non ho potuto non pensare: «Ah, se tu l’avessi fatto!». Già, ma non era per me, era per quel famoso scrittore morto da decenni. Che stupidaggini, i miei pensieri. Dovevo solo dare un parere tecnico. Eccolo: il pezzo è scritto bene, si è impegnata e ha fatto meglio del solito.
Ecco, il giorno finisce, l’aria imbrunisce. Stamattina il campanile di Santa Zita inondato dal sole mentre i tetti sotto erano ancora in ombra era molto bello (immagine a destra).Tutto questo non ha molta importanza. Però l’articolo di Ilvo Diamanti leggetelo, che secondo me tocca un problema reale delle nostre città, del nostro (non) stare insieme. Buona serata! È importante sdraiarsi al fianco di qualcuno per riposare dopo la corsa. O anche solo sapere di poterlo fare. Sapere che quel qualcuno esiste. E poi ripartire, finché ce n’è.ASCOLTAMILa vita è una ragazzae tu lo saicorrile dietroe non fermarti mai.Non dare rettaa chi nel giudicaredecide in frettache non sai amare.Corri dietro a quegli occhia quel sorrisoalla freschezza belladel suo viso.Non rinunciaree se ti senti stancoriposa un pocosdraiandoti al mio fianco.Farò la guardia e fino a domaniti terrò il cuore al caldocon le mani.                                         (C.)