Sono stato al Teatro della Caduta a vedere il nuovo varietà del martedì La Terra in una grotta. L’ho deciso all’ultimo momento, quindi niente prenotazione, e sono riuscito a entrare per miracolo, ultimo degli ultimi. La situazione era aggravata dal fatto che un gruppo di elementi del Rotary Club aveva prenotato per sei persone che poi invece sono diventate il doppio. Bisognava lasciarne fuori la metà, in lista di attesa come tutti i non prenotati, però erano persone anziane (oddìo, anziane... mediamente avranno avuto cinque o sei anni più di me... ma la rotaricità invecchia, intorno a quei circoli ho visto talora ventenni che parevano miei nonni, è vero) e allora dato che sono buoni, quelli della Caduta, li hanno fatti entrare tutti. Vabbè, così si sono visti un bello spettacolo, speriamo che giovi loro e buon pro faccia. Però non erano tanto simpatici. Entrando commentavano con una cert’aria di sufficienza tutto quanto e ho sentito uno che spiegava all’altro: «Non si paga il biglietto: poi se lo spettacolo ti piace metti nel cappello cinque euro». Ma come cinque euro? Sei del Rotary (quindi ricco, non venite a raccontare che non è così) e metti nel cappello cinque euro? Così, con quella faccia da dottor Livingstone (I suppose) che guarda benevolo i negretti? Ma minimo cinquanta! Meglio cento! Magari duecento è meglio ancora. Che ti costa, se li hai? Io che sono in strabolletta non ne metto mai meno di dieci, e stasera ne ho messi venti per compensare un po’ tutta quella pitoccheria, nel mio piccolo, si fa quel che si può. Sul palcoscenico hanno lavorato quindici artisti, senza contare chi ci ha lavorato intorno. Dare cinque euro significa valutare ciascun artista 33 centesimi. Un po’ di pudore! E perdipiù un rotaricolo è uscito prima che fosse finito lo spettacolo, facendo spostare tutti e facendo aprire la porta, e non stava mica morendo o cose del genere, se ne è andato via così, come da un posto qualsiasi, come da un autogrill. Ci sono stato ormai decine di volte al Teatro della Caduta, ma è la prima volta che vedo uno alzarsi e uscire prima che sia finito lo spettacolo. Ma che roba! Scusate, sarà solo un fatto mio personale, ma io Rotary, Lyons, Soroptimist, Sorpessimist, dame della Madonna, sottufficiali, cadetti, Leo, Tiger, Tamoil, debuttanti, lavate con Perlana, massoni e massini, malte e cavalieri, rosacroce e volovàn, non è che li sopporto tanto, e li trovo pure pericolosi, perché è gente che ha del potere. Vabbè, fisime mie, niente. Basta.Lo spettacolo è stato bello. Non starò a fare un resoconto dettagliato (i numeri erano davvero tanti): ho apprezzato molto, in particolare, un ragazzo e una ragazza che mimavano in una sorta di tango un timidissimo approccio ingarbugliato di pensieri torbidi e contorti: mi ha ricordato tantissimo i miei primi approcci con il sesso femminile. Sì, perché le cose si apprezzano anche per motivi propri personali, è normale, tutto si mescola, l’emozione è quando un fuori ti tocca un dentro. E fuori dal teatro, dopo lo spettacolo, è cominciata a cadere la neve: un finale da maestri. Gratis.Peccato che al momento del «coinvolgimento», quando chiedono se qualcuno del pubblico vuol salire in scena a fare un numero o qualsiasi cosa, non sia salito nessuno. Mi era venuta una mezza idea di andare, ma sarebbe stata la seconda volta e non bisogna esagerare. E poi ero indietro indietro, in piedi contro il portone, e per arrivare alle luci della ribalta avrei dovuto scomodare, scavalcare, quasi calpestare un sacco di gente. E calpestare gli altri per arrivare in scena non va bene. No, non va bene. Buone cose a tutti![Nell’immagine, uno scorcio suggestivo di Lisbona, la capitale del Portogallo.]
Belle cadute
Sono stato al Teatro della Caduta a vedere il nuovo varietà del martedì La Terra in una grotta. L’ho deciso all’ultimo momento, quindi niente prenotazione, e sono riuscito a entrare per miracolo, ultimo degli ultimi. La situazione era aggravata dal fatto che un gruppo di elementi del Rotary Club aveva prenotato per sei persone che poi invece sono diventate il doppio. Bisognava lasciarne fuori la metà, in lista di attesa come tutti i non prenotati, però erano persone anziane (oddìo, anziane... mediamente avranno avuto cinque o sei anni più di me... ma la rotaricità invecchia, intorno a quei circoli ho visto talora ventenni che parevano miei nonni, è vero) e allora dato che sono buoni, quelli della Caduta, li hanno fatti entrare tutti. Vabbè, così si sono visti un bello spettacolo, speriamo che giovi loro e buon pro faccia. Però non erano tanto simpatici. Entrando commentavano con una cert’aria di sufficienza tutto quanto e ho sentito uno che spiegava all’altro: «Non si paga il biglietto: poi se lo spettacolo ti piace metti nel cappello cinque euro». Ma come cinque euro? Sei del Rotary (quindi ricco, non venite a raccontare che non è così) e metti nel cappello cinque euro? Così, con quella faccia da dottor Livingstone (I suppose) che guarda benevolo i negretti? Ma minimo cinquanta! Meglio cento! Magari duecento è meglio ancora. Che ti costa, se li hai? Io che sono in strabolletta non ne metto mai meno di dieci, e stasera ne ho messi venti per compensare un po’ tutta quella pitoccheria, nel mio piccolo, si fa quel che si può. Sul palcoscenico hanno lavorato quindici artisti, senza contare chi ci ha lavorato intorno. Dare cinque euro significa valutare ciascun artista 33 centesimi. Un po’ di pudore! E perdipiù un rotaricolo è uscito prima che fosse finito lo spettacolo, facendo spostare tutti e facendo aprire la porta, e non stava mica morendo o cose del genere, se ne è andato via così, come da un posto qualsiasi, come da un autogrill. Ci sono stato ormai decine di volte al Teatro della Caduta, ma è la prima volta che vedo uno alzarsi e uscire prima che sia finito lo spettacolo. Ma che roba! Scusate, sarà solo un fatto mio personale, ma io Rotary, Lyons, Soroptimist, Sorpessimist, dame della Madonna, sottufficiali, cadetti, Leo, Tiger, Tamoil, debuttanti, lavate con Perlana, massoni e massini, malte e cavalieri, rosacroce e volovàn, non è che li sopporto tanto, e li trovo pure pericolosi, perché è gente che ha del potere. Vabbè, fisime mie, niente. Basta.Lo spettacolo è stato bello. Non starò a fare un resoconto dettagliato (i numeri erano davvero tanti): ho apprezzato molto, in particolare, un ragazzo e una ragazza che mimavano in una sorta di tango un timidissimo approccio ingarbugliato di pensieri torbidi e contorti: mi ha ricordato tantissimo i miei primi approcci con il sesso femminile. Sì, perché le cose si apprezzano anche per motivi propri personali, è normale, tutto si mescola, l’emozione è quando un fuori ti tocca un dentro. E fuori dal teatro, dopo lo spettacolo, è cominciata a cadere la neve: un finale da maestri. Gratis.Peccato che al momento del «coinvolgimento», quando chiedono se qualcuno del pubblico vuol salire in scena a fare un numero o qualsiasi cosa, non sia salito nessuno. Mi era venuta una mezza idea di andare, ma sarebbe stata la seconda volta e non bisogna esagerare. E poi ero indietro indietro, in piedi contro il portone, e per arrivare alle luci della ribalta avrei dovuto scomodare, scavalcare, quasi calpestare un sacco di gente. E calpestare gli altri per arrivare in scena non va bene. No, non va bene. Buone cose a tutti![Nell’immagine, uno scorcio suggestivo di Lisbona, la capitale del Portogallo.]