Carlo Molinaro

Numeri riservati


Ho diversi amici e amiche che vivono in una certa «segretezza»: niente telefono sull’elenco, indirizzo noto a pochi, spesso anche un numero sul citofono al posto del cognome, nickname e non vero nome su Internet, e così via, accorgimenti vari di privatezza. Non sono divi del cinema e nemmeno cospiratori o agenti del Mossad (che io sappia, almeno!), ma hanno di certo le loro ragioni, che in parte capisco: e poi – questo è fondamentale – vale la regola che ognuno fa come gli pare. Anche se a me, alla mia personalissima specifica sensibilità, sembra più serena una società di reperibili: più fiduciosa nel prossimo, se non altro.Mi è venuto in mente questo perché, per ragioni che non starò a raccontare, ho rivisto un mio libretto (Sospeso sogno) pubblicato nel 2003 in cui in una poesia c’è il mio vero numero di telefono (poesia poi ripresa, sempre con il vero numero di telefono, nel librone antologico del 2006). Molti mi dissero (molti, insomma, non esageriamo: tre o quattro!) che ero matto a mettere il mio vero numero in un verso di una poesia pubblicata.Bah! A distanza di un lustro, quel numero pubblicato nel libro mi ha «fruttato» solo due telefonate, ed entrambe di pura curiosità sul mio essere matto, appunto:– Pronto, chi parla?– Sono Carlo Molinaro.– Ah, ma allora è vero, è proprio il tuo numero nel libro...– Certo che lo è.– Ecco, sì, ero curioso! Beh, grazie, allora, ciao, ciao.Stop, fine, nessun ulteriore contatto, erano solo curiosi di sapere se davvero quello era il mio numero. Io sono reperibilissimo (numero in elenco, con l’indirizzo e tutto; mail sparsa in ogni angolo della rete; cognome sul citofono, e così via) e la cosa non mi ha dato problemi. Ma son situazioni variabili.Massì: il giorno che in via Pinelli ci saranno centinaia di piccole fan assatanate che bloccheranno il traffico e si picchieranno fra loro per salire da me (qualcuna con una scala da pompieri cercherà persino di arrivare al balcone) valuterò se adottare pratiche di maggiore riservatezza. Forse valuterò! Non è detto.Al momento non mi pare che succeda. Aspetta un attimo che vado sul terrazzo a controllare. Ecco... Vediamo un po’...No, ci sono solo quattro uomini che chiacchierano davanti alla bottega del barbiere. Per adesso, posso lasciare numero e indirizzo in elenco. E persino nelle poesie. Poi si vedrà. Buona giornata! [Nell’immagine: Minchia, forse devo lavarmi i piedi, e ho un calzino bucato!, foto in luce diurna, tecniche digitali. Esempio di arte povera-concettuale, in aperta polemica con la tradizione colta. Novembre 2008. Torino, collezione privata. Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi, compreso lo Sri Lanka.]