Carlo Molinaro

Clelia e Ara


Ho letto il libro di Remo Bassini Dicono di Clelia (Mursia, Milano 2006). È scritto bene, anche se ho fatto fatica e leggerlo perché è composto di tanti capitoletti narrati in prima persona dove però il soggetto parlante cambia: da un capitoletto all’altro chi dice «io» sono molti personaggi diversi, intrecciati, ed è una struttura che trovo faticosa: ogni volta impiego molte righe prima di capire chi è che sta raccontando, e a volte non arrivo neppure a capirlo con certezza. Avevo fatto la stessa fatica con un libro di un israeliano famoso che adesso non mi viene in mente, e non posso cercarlo con Google perché sono a Vercelli e ce l’avrei anche il collegamento internet con la «chiavetta» via cellulare, ma non funziona, e ho chiamato il 155 e ho spiegato il problema (prima però ho detto a Bernardo, l’operatore che mi ha risposto, Buon Natale, perché insomma, anche se non sono credente, stamattina è pur sempre il 25 dicembre), e ho parlato con due o tre persone (Buon Natale a tutte) e mi hanno detto che no, funziona tutto perfettamente, è solo che c’è troppo affollamento, e di riprovare più tardi. Riproverò. Strano che alle otto del mattino del 25 dicembre ci sia tutto quell’affollamento in rete, vorrà dir qualcosa?Ma non divaghiamo. Non voglio scrivere una recensione a Dicono di Clelia, mi è venuto da parlarne per una faccenda più personale (e forse perché sono a Vercelli: Bassini è vercellese almeno d’adozione, direttore dell’antico giornale locale La Sesia). Clelia, la protagonista (ma non proprio protagonista: così, a impressione mentale, ho la sensazione che non sia per lei lo spazio maggiore del libro, che forse appunto, come dice il titolo, più che su Clelia è su ciò che dicono di Clelia), è una ragazza che prima faceva la studentessa e poi fa la puttana e cose così, e viene riconosciuta in uno spogliarello televisivo da un ex compagno di università che forse ne era innamorato e si mette a cercarla. Non stiamo a raccontare tutto il libro, ora. Ma è chiaro che Clelia mi ha ricordato Ara, la protagonista del mio Io sto come mi pare (Delos Books, Milano 2008). Anche Ara fa la studentessa e poi la cameriera e altre cose e poi la puttana e cose così. Eppure sono lontanissime. La mia Ara ha i suoi problemi (come tutte le persone viventi su questo pianeta), ma vive la sua vita con pienezza e direi persino con gioia, e con un grande senso di libertà. Clelia no, naturalmente no, è infelice, fugge dagli altri e da sé stessa, è maltrattata, disamata, colpevolizzata. Ho scritto naturalmente perché un po’ tutte le «puttane» raccontate nei libri sono così: vittime e colpevoli, vergognose, inchiodate al loro stato. E circondate da persone torbidissime.Chiedo scusa a Bassini se uso il suo libro per parlare di mie cose personali, ma la vita e la letteratura sono uno scambio continuo, no? Ecco: mi domando (me lo sono già domandato alcune volte) se il mio libro, che racconta una «puttana felice» (nei limiti del possibile), è un libro superficiale, sciocco, irreale. Forse sì. Forse è un banale sogno, una favoletta. E ho sbagliato completamente anche come marketing, allora, perché ho scritto una favoletta porno: gli adulti (che pure dal porno spesso sono attratti) non lo trovano interessante perché è una favoletta, benché porno; e ai bambini non è adatto perché è porno, benché favoletta.Forse vivo in un mondo di sogni, irreale. Anche se a volte lo trasformo in realtà. Nel libro di Bassini c’è un uomo che ha una figlia che lo considera una carogna totale (ha schifo persino del gatto che lui accarezzava, e cerca perciò di strozzarlo, povero gatto) con la motivazione che un giorno l’ha sorpreso in compagnia di una donna (diversa dalla di lei madre, ovviamente). Certo, una cosa così può succedere, ci sono vari tipi di rapporti con i genitori, più chiari e più oscuri. Ma succede sempre? No, perché, se succedesse sempre, io, personalmente, con tutte le mie storie extra- e post- coniugali, con tutte quelle altre donne, per mia figlia dovrei essere mister supercarogna – tanto per fare un esempio. E invece ho con lei un ottimo rapporto, mi sento il padre più felice del mondo, amato e stimato da lei, come io amo e stimo lei: e con una confidenza fiduciosa reciproca che raramente si trova fra genitori e figli e, dirò di più, fra le persone in generale. (Tutto ciò vale anche per l’altro mio figlio, s’intende: ho fatto l’esempio con la figlia per analogia con il libro di Bassini.)Quindi non sempre un padre di liberi amori è carognizzato dalla figlia: di questo fatto sono certo, lo vivo nella mia quotidianità. Ma perché racconto questa insalatina di cavoli miei? Forse perché ho la sensazione che siamo, nella letteratura ma anche nella vita, schiavi di stereotipi ormai un po’ vuoti. Il genitore (o genitrice) che fugge dietro liberi amori è per i figli una carogna. La ragazza che fa la puttana è una colpevole infelice vergognosa trista figura, vittima e/o carnefice. La fidanzata che tradisce è una troia, la ragazza che va a letto con il ragazzo fidanzato con un’altra è una troia pure lei. Ma è vero? È sempre vero? È prevalentemente vero? E se magari no?Non sarà che non siamo ancora capaci di adeguare il nostro schema mentale alla nostra stessa realtà (personale e sociale) forse un po’ mutata? Un pochino mutata, sì, lo sarà: siamo ottimisti, dai! Lo pensavo nei giorni scorsi, ero lì che pensavo a due compagnie, due gruppetti che frequento e di cui ascolto discorsi seri e chiacchiere volanti. Due gruppetti composti prevalentemente di persone molto più giovani di me. E a volte sento dire quelle cose lì, sento parlar male di ragazzi e ragazze per quei motivi lì «parasentimentalsessuali», e a un certo punto mi è venuta una piccola illuminazione: ho passato in rassegna nella mente cinque o sei ragazze di uno dei gruppetti suddetti, ragazze simpatiche, profonde, intelligenti, belle e dolci, che conosco abbastanza bene, e ho realizzato che tutte, ma proprio tutte, nelle loro ancor brevi vite hanno già ricoperto (anche più volte) il ruolo sia di fidanzate «ufficiali» sia di amanti volanti/clandestine di uno o di più uomini. I ragazzi poi non parliamone, le esperienze più svariate e plurime.Ma allora, figliuoli, scusate, ma non sarebbe giunto il momento di sbarazzarci di tutto quel polveroso armamentario di giudizi e maldicenze e di dichiarare finalmente che va bene così, e basta? Che i genitori e le genitrici possono nutrire altri amori al di là della coppia che ha generato i figli; che le fidanzate e i fidanzati non smettono di innamorarsi ancora di altri e di altre; che si possono benissimo amare più donne e più uomini insieme, se succede; e, infine, che possono anche esistere puttane felici, innocenti e limpide, come l’Ara del mio libro. O no? Io dico di sì: sarò pazzo, ma dico di sì.Le ferite ai sentimenti rimarranno sempre: siamo esseri delicati, anche gli uomini apparentemente più duri, ci feriamo con un nonnulla. E gioiamo per un nonnulla. Questo è nella nostra natura, sarà sempre così, è l’umanità, fragile e meravigliosa. Ma almeno liberiamo ferite e gioie dai ruoli e dagli schemi! Sentiamoci come ci sentiamo e non come «dobbiamo sentirci» secondo il bieco imprinting che ci hanno consegnato in eredità. Esistono ragazze stronze, ma non sono quelle che vanno a letto con un altro: magari sono quelle che non ti ascoltano e ti trattano come uno stuoino. Esistono padri carogne, ma non sono quelli che amano altre donne oltre (o al posto della) madre: sono magari quelli che mentre gli racconti un tuo problema di adolescente ridono e rispondono al collega al telefono. Tutto quell’ambaradan di pregiudizi è anche un velo che nasconde la verità, è un alibi per fidanzati fedeli ma vuoti e noiosi, per genitori apparentemente esemplari, ma freddi e inutili.Quand’è che ognuno potrà dire, come il titolo del mio libro, io sto come mi pare, e non io sto come mi hanno insegnato che devo stare?Esiste Clelia – certamente esiste, eccome. Ma può esistere anche Ara. Una mia amica per esempio mi ha detto di riconoscersi in Ara, e vorrei approfondire con lei questo discorso, una volta o l’altra. Esiste il torbido, ma esiste anche il limpido. E il limpido non è che sia più superficiale e facilone del torbido, come certi paiono intendere. Anzi: quando l’acqua arriva lì tutta a ondate, in genere è torbida, e ci vuole del bello e del buono per arrivare a illimpidirla, o a illimpidirne un po’. La gioia è una grande fatica ma esiste. Perseguiamola caparbiamente.E vabbè. Ho fatto il mio sproloquio natalizio. Segue pranzo. Bassini scusami se ho usato il tuo libro per parlare di cose mie, ma mi è venuto così, e comunque il tuo è un bel libro: se no non sarei riuscito a leggerlo: i libri brutti li butto via dopo poche pagine. Buon Natale!