Carlo Molinaro

Salò


Ieri sera ho visto il film Salò o le 120 giornate di Sodoma, di Pier Paolo Pasolini: il suo ultimo film, del 1975. Amo Pasolini, lo considero un grande, ma questo film non l’avevo visto: me l’ero perso allora, quando era uscito fra polemiche e censure, e poi mi ero proposto varie volte di cercarlo, ma alla fine l’ho visto per la prima volta ieri sera, trentatré anni dopo: scaricato da Emule. E va bene, in fondo: questo slittamento temporale forse mi ha permesso di recepirlo in modo diverso, più maturo. Non ne scriverò una recensione, certo che no. È un film che sta già dentro la storia. Ma voglio dire qualche impressione a caldo, il caldo di trentatré anni dopo.Il potere che Pasolini descrive è violento e sadico, ma – salta subito agli occhi – è anche, e forse è soprattutto, noioso e stupido. I racconti delle vecchie prostitute «esperte» che dovrebbero eccitare i perversi fascisti sono talmente monotoni e banali che, al confronto, l’ultimo dei video porno prodotti in serie per il mercato spicciolo risulterebbe un capolavoro di colorate fantasie talentuose. I perversi fascisti si scambiano battute di spirito che farebbero cadere le palle anche all’ultimo dei deficienti (esempio: c’era un tale che aveva un amico di nome Perotto; una sera lo cercava, sente un rumore e dice: Sei Perotto? – e una voce risponde: Quarantotto! – che ridere!). La violenza del potere sembra dunque essere l’unico modo, in persone così prive di ogni creatività, così vuote di ogni genio, per tentare (credo senza peraltro riuscirci) di vincere la noia, l’angoscia del nulla. La loro sessualità è deprivata d’ogni amore e d’ogni genuino desiderio, è solo una frustrante finzione, e allora «devono» violentare e uccidere ragazzi e ragazze indifese, soggiogate al loro potere. È l’unica cosa che riescono a portare a compimento. La meraviglia del fare l’amore non la conoscono e non la conosceranno mai. E allora violentano – ma nello stesso tempo «si» violentano (mangiano anche loro gli escrementi che obbligano le loro vittime a inghiottire).Comandare è meglio che fottere è il motto degli impotenti d’amore: nessuna persona sana lo sottoscriverebbe mai. Solo un pazzo, un disturbato, può preferire il faticoso imbarazzo del comando alla dolcezza di un amplesso gioioso. Dunque il potere è, prima di tutto, una patologia. Una patologia anche difficile da indagare per chi, come me, riesce a fare sesso solo se rimuove, per quanto possibile, ogni idea di potere (esercitato o subìto). Se percepisco un rapporto di potere mi blocco (letteralmente: non mi viene duro). Nel profondo, non riuscirò mai a comprendere come possano esistere gli stupratori, e che strano e assurdo cazzo abbiano, che può penetrare in chi non lo vuole. Posso capire la prostituzione: è un accordo, può essere un accordo rispettoso. Ma lo stupro per me è semplicemente inconcepibile. Eppure esiste: come esiste il potere, come esiste chi lo «ama» e lo esercita, con violenza e sadismo. E costoro, che andrebbero curati, distruggono l’umanità che hanno intorno. La loro patologia è letale: bisogna prevenirla fin dalla prima infanzia (credo con potenti iniezioni d’amore e libertà: la medicina migliore: ma per somministrarla bisogna averla).Questa è la cosa principale che ho visto nel film di Pasolini. Un film che resta attualissimo in ogni tempo, perché è appunto un discorso – eterno – sul potere. Un discorso condotto bene, da maestro.