Carlo Molinaro

Sono in treno e c'è un gatto


Ecco, sono ancora in treno, sempre con il computer, collegato alla rete, questa cosa moderna, come un giocattolo nuovo, lo so. E va bene. Così ho scritto una specie di poesia, questa qui qua sotto, che in effetti sono in treno e c’è un gatto, e buona domenica sera a tutti.SONO IN TRENO E C’È UN GATTOSono in treno e c’è un gattoaccanto a me in un gabbiotto,un gabbiotto portagatti.Passa il carrello bar, prendo un caffèche fa schifo e lo so, ma così,per prendere qualcosa.Mi viene in mente che quand’ero bambinouna vecchia signoraforse una zia forse un’amica di famigliaforse più d’unaforse diverse vecchie signoreforse quando non ero più nemmenotanto bambinoforse la vecchia signora per antonomasiaforse me la sono inventata ioma sono sicuro che diceva:«Non c’è da fare grandi imprese nella vita,basta fare le cose da fare e soprattuttonon far soffrire nessuno»– e sorrideva compiaciuta comeuna maestra zen (esistono maestre femmine zen?),compiaciuta come una chelei di sicuro ci riusciva eccome.Il gatto nel gabbiotto si rigira.Ogni tanto nel vagone dove sonova via la corrente ma per fortunail computer con cui sto scrivendopassa in automatico alla sua batteriae ha una buona autonomia.Si abbassa solo un po’la luminosità dello schermo.Il gabbiotto portagatti è bianco e rosso,il gatto nel gabbiotto è bianco e nero.Una ragazza bionda legge un libro,una ragazza bruna guarda il nulla e......e ascolta musica, per verificareche avesse le cuffiette l’ho guardataun po’ di scatto e se n’è subito accorta,ora credo che sappia che ho scritto di lei.D’altronde io non sono di quei poetiche scrivono baggianate incontrollate,e se scrivo che la ragazza bruna ascolta musicadevo controllare che sia vero, se nonon lo scrivo. Pensandoci, potrebbe non esseremusica quella che ascolta con le cuffiette,anche se è molto probabile che lo sia.Allora: la ragazza bruna ascolta qualcosacon le cuffiette. Pensandoci, potrebbe anchenon ascoltare nulla, tenere le cuffiette spente,così, perché a lei piace così.Non si può essere mai certi di niente.Però quella vecchia signora pseudomaestra di zencon quella sua facciotta compiaciutaben sicura della sua filosofiasparata lì fra un bignè e un pettegolezzosecondo me era un’oca presuntuosache diceva così tanto per dire.La ragazza bruna si è tolta le cuffiettee mi guarda: provo un po’ di disagio,come se le avesse tolte per me,per i miei dubbi su di lei. Non riescoa far passare neppure una giornatasenza fare soffrire nessuno:si fa sempre soffrire qualcuno.Percepisco che il gatto nel gabbiottoè d’accordo con me, però forseè solo un’impressione. Comunqueno, non si può dire, brutta vecchia signora,che basta non fare soffrire nessuno,dirlo così come fosse la cosapiù semplice del mondo.Secondo me tu sei una grossa stronzae chissà quanti ne hai fatti soffrire,forse neanche te ne rendi conto,ma questa non è mica una scusante,vuol solo dire che oltre che stronzasei scema e non t’accorgi delle genteche ti sta intorno. Quante belle parolefra i tuoi bignè e i tuoi pettegolezzi.La ragazza ha rimesso le cuffiette.A ogni gesto, a ogni movimento,a ogni scelta, a ogni sguardo, a ogni amoresi fa soffrire qualcuno: succedefin da bambini, giocando con le bamboleo i soldatini. La padrona del gattosi è sporta dal sedile per chinarsisul gatto, un ragazzo coi capelligià un po’ grigi sono due ore che giocaal solitario sul suo computer e mi pareche non gli venga mai. Adesso volevoguardare ancora la ragazza delle cuffiette,se le ha o non le ha:ma mi sono trattenuto.Non l’ho guardata più.Non so perché mi sono trattenuto,non è che le faccio male se le guardole orecchie, però così, così, non so:non si può essere certi di niente.Faceva davvero schifo quel caffè,il gatto gira dentro il portagatti,forse neppure un’ora si può staresenza fare soffrire.Ecco siamo a Milano, ora scendonoil gatto, il portagatti, la padronadi gatto e portagatti, la ragazzacon o senza cuffiette e anche il ragazzoche il solitario mica gli è venuto.La bionda invece prosegue col libro.