Carlo Molinaro

Finestre e stil novo


Oggi ho molto da lavorare e in effetti sto lavorando. Fuori il cielo si è fatto grigio e piovoso, ma di un piovoso comunque fecondo, primaverile. Lavorare va bene ma ho anche scritto due poesie, insomma. La prima è dedicata alle finestre delle scale del mio condominio, trascurate e obliate. Eh, pazienza! La seconda è dedicata agli stilnovisti, a Dante, e anche a una donna di cui dopo lungo tempo mi sono accorto che ha gli occhi belli. E ad altre cose ancora. A proposito di finestre: nell’immagine in alto a destra, quattro aspetti (nell’arco di un giorno) dell’ormai celebre finestra della mansardina qui di fronte. Buon sabato!MEMORIA DI FINESTREHanno messo l’ascensore nel condominio:esterno, attaccato alle scale. Faccio le scale(tanto non posso usarlo, l’ascensore:non ho le chiavi, il padrone di casanon ha voluto partecipare alla spesa:meglio così: far le scale mi va benee almeno non aumenterà l’affitto)e mi accorgo che non ricordo piùcom’erano le finestre prima chel’ascensore le rivoluzionasse.Eppure era soltanto un mese fa– in un mese hanno fatto il lavoro –ed è quasi un decennio che sto qua:dunque le avevo viste tutti i giorni,più volte al giorno per quasi un decennio.Niente, non le ricordo, non sapreidirle né disegnarle. Addio, finestre,non siete mai esistite per me– scusate se è crudele. La memoriaè giustiziera: non l’inganna l’abitudine,non la seduce il tempo, non la muovea pietà una lunga consuetudinedomestica affettuosa. La memoriamantiene e custodisce altre finestrestraniere e immeritevoli, che un giornohanno riflesso un attimo di solee di colore: l’han fatto penetraredentro e poi niente, poi si è andati via,perché non si poteva rimanere.IO, CARO DANTE, FACCIO UN PASSO AVANTIPer i poeti del dolce stil novol’amore è meglio se non è appagato:così può sublimarsi nei sonettitutti belli perfetti:indenne dall’intrico dei difettidelle voglie e dei corpi: sollevatodal vecchio amaro stile dell’esistere.Io, caro Dante, faccio un passo avanti,poi mi volto a guardare e vedo gli occhidi lei brillare: non immacolatie non eterni ma blu di un bel blu:non celestiali ma celesti. E scrivoquesto, con il mio verso zoppicante.Io, caro Dante, se leggo il tuo Infernovedo gente che vive una vita di merdaperò la vive, come in certe fabbrichedi Singapore, tu non puoi sapere.Nel Purgatorio invece, caro Dante,c’è gente attenta a non vivere piùper non distrarsi dal viaggio al Paradiso:è come in certi uffici di Milano.E il Paradiso? Lì mi resti sul vago,racconti che son cose che ridirené sa né può chi di là su discende...Io ci sospetto qualche fregatura.Mi contento del mio cammino oscuroche cerca un po’ di dolce nell’amaroe non bada allo stile, nuovo o vecchio:ho ben altri problemi: nel mio piccoloimpiego anni, dei pochi che ho,per trovare e vedere occhi imperfetti:non celestiali ma celesti. Vivi.