Si lavora, oggi anche tanto, ma ho ripensato un attimo al giorno di Pasquetta, con gli amici a pranzo e a cena in casa e il pomeriggio sui prati, e la pallavolo, e i castagni, e i discorsi del dopocena, e allora ho scritto questa specie di poesia, forse più specie che poesia, ma insomma è venuta così. Nell'immagine, scorcio di tavolata pasquettale.JAHVÌDopo la cena di Pasquetta a Mallarel'amico Mac, che si dice monogamo e geloso,discutendo fra un amaro e un dolcettodichiara che per lui l'amore è comeil dio della religione ebraica arcaica,Jahvè prima maniera, il dio gelosoche non negava ancora l'esistenzadi altre divinità - come poi avrebbe fattocon il putsch monoteistico - ma già comandava:«Tu - dico a te - non avrai altro dio all'infuori di me».Cioè quando l'amore arriva è unicoed è geloso, dice Mac, cosicché gli altri deivanno messi da parte - se ho capitobene, è questo che Mac intende. Ho pensatoalla vita, alla vita di quasi tutti,dove ci sono amori in successionefin dall'infanzia, e ciascuno di essiallora è unico, è Jahvè, ed è geloso.Questi Jahvì me li sono immaginati(lo so che Jahvì non è il plurale correttodi Jahvè, me lo sono inventato, ma d'altrondenon credo che ne esista un plurale in ebraico)tutti in fila, in bell'ordine, attential loro turno, a non pestarsi i piedi:che non sia mai che nella successioneJahvè 1, Jahvè 2, ... Jahvè nmagari Jahvè (13) entri in campo mentreè ancora presente Jahvè (12) e faccia confusionee magari arrivi in anticipo anche Jahvè (14)e ripassi per caso Jahvè (7) che era via da un po'e venga fuori un bordello di Jahvìtutti unici e gelosi - perché non succedai Jahvì dovrebbero avere un servizio d'ordineche nemmeno il PCI negli anni Settanta.Mi sembra inverosimile. Checché ne dica Maca me par naturale e inevitabileche più amori, tutti veri, stiano insiemenel tempo e nello spazio, e siano tuttiimportanti, che mancandone unoc'è perdita e dolore. Se vogliamofar paragoni su cose divinemi trovo meglio coi greci e romanidove di dei ce n'è un sacco e nessunoha il potere assoluto: anche Zeusha i suoi casini e non di rado s'innamoradi ragazze mortali che lo mandano a cagaree lui per conquistarle si travesteda albero, da bestia, da qualsiasi cosae loro niente, loro scappano viada quel vecchio ridicolo dioma lui insiste, eh! Mi è simpatico.Non divaghiamo. Dicevo che gli amorisono divini e sono tanti e importanti.Mac non si convince, Chiara scuote il capoe poi consente che gli uomini in fondosono poligami e non c'è soluzione, Cesarese ne sta sulle sue senza entrarenel vivo del discorso, Lella raccontauna sua storia e poi finisce lì.Ci si abbraccia, che questo è l'importante,ognuno sente le cose a modo suoe i paragoni con gli dei non reggono:che poi io con gli dei mica ci parlo,loro sono immortali e io sto quaa sbattermi entusiasta per un pugnod'incerta breve mia felicitàche nel farsi è già lì che si disfà:va bene il dialogo, sì, però ammettiamolo:siamo troppo diversi. Io se fossiun dio onnipotenteinventerei un modo che gli amorine trovi sempre nuovi ma nessunosi perde nel passato: io fareicosì. E non sono dio, però canticchioda solo in auto tornando a Torinocanticchio perché sono contentodi un pomeriggio passato fra amicie ragazze sull'erbapiccola cosa piccolama forse è tutto lìforse tutti quegli Zeus e quei Jahvìla loro invidia è questa cosa qui.
Jahvì
Si lavora, oggi anche tanto, ma ho ripensato un attimo al giorno di Pasquetta, con gli amici a pranzo e a cena in casa e il pomeriggio sui prati, e la pallavolo, e i castagni, e i discorsi del dopocena, e allora ho scritto questa specie di poesia, forse più specie che poesia, ma insomma è venuta così. Nell'immagine, scorcio di tavolata pasquettale.JAHVÌDopo la cena di Pasquetta a Mallarel'amico Mac, che si dice monogamo e geloso,discutendo fra un amaro e un dolcettodichiara che per lui l'amore è comeil dio della religione ebraica arcaica,Jahvè prima maniera, il dio gelosoche non negava ancora l'esistenzadi altre divinità - come poi avrebbe fattocon il putsch monoteistico - ma già comandava:«Tu - dico a te - non avrai altro dio all'infuori di me».Cioè quando l'amore arriva è unicoed è geloso, dice Mac, cosicché gli altri deivanno messi da parte - se ho capitobene, è questo che Mac intende. Ho pensatoalla vita, alla vita di quasi tutti,dove ci sono amori in successionefin dall'infanzia, e ciascuno di essiallora è unico, è Jahvè, ed è geloso.Questi Jahvì me li sono immaginati(lo so che Jahvì non è il plurale correttodi Jahvè, me lo sono inventato, ma d'altrondenon credo che ne esista un plurale in ebraico)tutti in fila, in bell'ordine, attential loro turno, a non pestarsi i piedi:che non sia mai che nella successioneJahvè 1, Jahvè 2, ... Jahvè nmagari Jahvè (13) entri in campo mentreè ancora presente Jahvè (12) e faccia confusionee magari arrivi in anticipo anche Jahvè (14)e ripassi per caso Jahvè (7) che era via da un po'e venga fuori un bordello di Jahvìtutti unici e gelosi - perché non succedai Jahvì dovrebbero avere un servizio d'ordineche nemmeno il PCI negli anni Settanta.Mi sembra inverosimile. Checché ne dica Maca me par naturale e inevitabileche più amori, tutti veri, stiano insiemenel tempo e nello spazio, e siano tuttiimportanti, che mancandone unoc'è perdita e dolore. Se vogliamofar paragoni su cose divinemi trovo meglio coi greci e romanidove di dei ce n'è un sacco e nessunoha il potere assoluto: anche Zeusha i suoi casini e non di rado s'innamoradi ragazze mortali che lo mandano a cagaree lui per conquistarle si travesteda albero, da bestia, da qualsiasi cosae loro niente, loro scappano viada quel vecchio ridicolo dioma lui insiste, eh! Mi è simpatico.Non divaghiamo. Dicevo che gli amorisono divini e sono tanti e importanti.Mac non si convince, Chiara scuote il capoe poi consente che gli uomini in fondosono poligami e non c'è soluzione, Cesarese ne sta sulle sue senza entrarenel vivo del discorso, Lella raccontauna sua storia e poi finisce lì.Ci si abbraccia, che questo è l'importante,ognuno sente le cose a modo suoe i paragoni con gli dei non reggono:che poi io con gli dei mica ci parlo,loro sono immortali e io sto quaa sbattermi entusiasta per un pugnod'incerta breve mia felicitàche nel farsi è già lì che si disfà:va bene il dialogo, sì, però ammettiamolo:siamo troppo diversi. Io se fossiun dio onnipotenteinventerei un modo che gli amorine trovi sempre nuovi ma nessunosi perde nel passato: io fareicosì. E non sono dio, però canticchioda solo in auto tornando a Torinocanticchio perché sono contentodi un pomeriggio passato fra amicie ragazze sull'erbapiccola cosa piccolama forse è tutto lìforse tutti quegli Zeus e quei Jahvìla loro invidia è questa cosa qui.