Carlo Molinaro

La chanson des vieux amants


Oggi mi sono domandato perché mi piace tanto la canzone con cui ho costruito il video qui sotto: La chanson des vieux amants, di Jacques Brel, qui tradotta in italiano nell'interpretazione di Petra Magoni (voce), Ferruccio Spinetti (contrabbasso) e Stefano Bollani (pianoforte). Perché è una bella canzone, certo: potrebbe essere una risposta soddisfacente e sufficiente. Ma io sono egocentrico e, quando una canzone mi piace davvero tanto, di solito è perché tocca corde mie, corde profonde della mia vita.Qui la faccenda non sembra così immediata. La canzone parla, si direbbe, di vecchi amanti che sono stati insieme tutta la vita, da quando avevano vent'anni, e sono ancora lì, in una stanza senza culla, dove forse hanno abitato sempre, e hanno ancora, sia pure smussate dall'inesorabile trascorrere degli anni, le stesse tempeste: perché sono riusciti a invecchiare insieme senza diventare adulti.Non è la storia della mia vita: ho cambiato tante case, alcune delle quali con culle, ho cambiato amori, non conservo quasi nulla di quand'ero ragazzo. Le donne che amo non sono le stesse che amavo a vent'anni: non potrebbero esserlo in alcun modo, perché a vent'anni non avevo nessun amore reale, corrisposto, vissuto. Eppure quella canzone mi sembra storia mia, ugualmente.La chiave è di certo in quel «c'è voluto del talento per riuscire a invecchiare senza diventare adulti». Questa è la cosa che ho fatto e che faccio, e c'è voluto e ci vuole del talento, confermo, del talento e del coraggio e anche del dolore, se mi è concesso dirlo. Ma ne vale la pena. E poi non è solo questo... c'è anche «sapevo delle tue bugie, tu delle mie tristi viltà». Questo profondo sapere è da poco che so prenderlo e darlo, ma è da tutta la vita che lo cerco, perché è il nucleo dell'amore che ho sempre immaginato e voluto. E allora forse la canzone calza, perché, anche se a interpretarlo sono state delle donne diverse con dei me stessi diversi, è proprio lui, è l'amore che è cresciuto, perché aveva bisogno di crescere, ma senza diventare adulto. Crescere.Perché diventare adulti non è crescere: diventare adulti è smettere di crescere, è rinunciare. Una cosa che l'amore non può fare. E che nemmeno io posso fare, costi quel che costi il non farlo. Sarà sempre la stessa dolce guerra, fino alla fine.A volte mi sembra che gli uomini, la maggior parte, vengano su a rovescio, come un calzino indossato male o una sigaretta accesa dalla parte del filtro. Arrivati a un certo punto, si mettono a fare grigie cose da adulti, privi di sguardo sui colori, però continuando a litigare come bambini cocciuti, senza una matura capacità di comprensione, mediazione e accettazione dell'altro. Ma cazzo, non sarebbe meglio fare il contrario? Proseguire a fare cose colorate da bambini, però sviluppando comprensione, mediazione, accettazione? Che strano mondo. Buona domenica.[Nell'immagine in alto a destra: gite marine, 1960: la pensioncina, l'auto, io, mia sorella.]