Carlo Molinaro

Non vi siete accorti della mia profondissima infelicità


Un periodo d'intense serate. Venerdì 16 ho letto poesie alla libreria Massena 28, c'è il video integrale fatto da Beppe qui. Giovedì 22 ho letto poesie al Kalimba e un'amata gentile ha filmato alcune parti, ecco qui. Ieri sera poi mi sono fatto un giro a sentire il Grande Fresco all'Artintown e ho filmato io qualche pezzo, ed è qui.Ora è sabato, è il 24 aprile, oggi Monica avrebbe compiuto quarant'anni se non fosse morta, domani mia sorella ne compie 52, eppure sembra ieri che giocavamo in cortile, io la spaventavo con i ragni e la buttavo per terra e lei mi spaccava la testa a colpi di scarpa. Domani è l'anniversario della Liberazione, è un'altra primavera, il tempo passa, ci sono giorni belli.Ieri sera all'Artintown riascoltando la poesia di Guido Catalano Sempre in buona compagnia, comunque (che è nel suo nuovo libro La donna che si baciava con i lupi, a pag. 107), che secondo me è una delle sue migliori, e che mi emoziona sempre molto (non so se gli altri li fa solo ridere: me mi tocca e mi emoziona nel profondo: ne vedo l'intensa, intensissima componente tragica: è segno di grande bravura, detto per inciso, saper dire il tragico con ironia), ho pensato che forse la frase che nella poesia lui rivolge a Dio, a Gesù e allo Spirito Santo, è una frase che io invece ogni tanto rivolgo, però in silenzio, al mondo, a chi mi sta intorno, a chi non mi sta intorno, agli amici vicini e lontani, come diceva Nunzio Filogamo. Forse anche lui, Guido Catalano, in realtà la rivolge al mondo, nella metafora, la frase: non glielo domanderò, perché non si chiedono spiegazioni, di norma, sulle poesie: le poesie sono come sono e ci leggi quel che ci leggi.È una frase che si rivolge quasi sempre in silenzio, perché dirla a voce significa passare da vittimisti, pesudogeni incompresi, anche egocentrici, insensibili ed egoisti (e magari è vero). Eppure è una frase che affiora, a me affiora spesso, esplicita o implicita, dalla remota infanzia fino a oggi, affiora. Una frase difficile, e infatti anche lui, nella poesia, deve fare un respiro enorme prima di profferirla. Ecco, cito:feci un respiro feci un grande respiro feci un respiro enorme dissi: «voi tre voi tre voi che vi credete di essere voi tu, tu e tu tu tu e tu non vi siete accorti della mia profondissima infelicità e dunque io vi disconosco perché mi siete inutili non siete riusciti a far nulla per me mentre io per voi ho fatto ed ora mi sento asciutto secco stanco ho sonno e me ne vado a letto e i soldi, scordatevi che ve li do»Non vi siete accorti della mia profondissima infelicità. Ecco. È da tutta la vita che io, non solo nelle storie d'amore ma anche nelle amicizie, non lascio, vengo lasciato. Critico poco, molto vengo criticato. Tutti mi dicono che non capisco un cazzo, e forse è vero. Che sono uno stronzo egoista insensibile, e forse è vero. Ricordo una discussione in giro, dopo una sera di bevute, a diciott'anni, con l'amico Vispo, una discussione accesa: non ricordo l'argomento, ma mi è rimasta impressa una cosa che lui mi disse: «Non puoi capire, non hai nessuna sensibilità». La frase mi ferì e pensai che avrei potuto dire a lui la stessa cosa, dato che non mi pareva che lui capisse me: però non gli avrei mai detto «non hai nessuna sensibilità», perché ognuno ha la sua, ognuno capisce delle cose e altre cose no. Ma non dissi nulla, e probabilmente fu un errore, un errore ripetuto mille altre volte.Poi, quasi tutte le donne con cui sono stato, una settimana un mese un anno dieci anni o vent'anni, mi hanno detto, prima o dopo, le stesse cose: che non capisco un cazzo, che sono stronzo, insensibile, che non mi accorgo di niente. Anche se a me è sempre sembrato di vedere infinite cose (perlopiù meravigliose) in loro. Mi hanno detto le stesse cose persino le donne con cui «non» sono stato, quelle che ho solo corteggiato: ed è strano: si vede che rifiutarmi subito o stare con me vent'anni conduce allo stesso risultato finale. Anche amici maschi, più recentemente, in età adulta, mi hanno detto le stesse cose, in qualche caso troncando l'amicizia: che non capisco un cazzo, che sono insensibile.Io non voglio fare la vittima. Se per mezzo secolo praticamente tutti hanno detto così, sarà vero. Anche se a me sembra di avere una mia sensibilità, che per certe cose è pure più forte della loro, e vede cose che loro non vedono. Ma probabilmente non sono le cose importanti. Forse ci sono cose importanti che calpesto senza accorgermi. Può essere. Anche a me però ne hanno calpestate tante, di cose, e non ne ho mai fatto tragedie né troncato amori, perché ho sempre pensato che non si può vedere e capire tutto tutti, ognuno vede e capisce una parte.Non lo so. Alla fine resterò da solo, ma mi viene da dirlo, e se è vittimismo pazienza, mi viene da dirlo: voi, voi che vi credete di essere, che vi credete di capire tutto, ma vi siete mai accorti della mia profonda infelicità? Più in generale, vi siete mai accorti di qualcosa di vero e bruciante dentro di me? Avete sempre esatto (participio passato di esigere) che io mi accorgessi in voi, accusandomi di non accorgermi, ma voi vi siete accorti in me? Io ho sempre accettato che voi non vi accorgeste, perché non si può pretendere, l'ho già detto, di capire tutto tutti; ma se non mi accorgo io mi mandate affanculo. Non so, ci vedo uno squilibrio, e dato che la mia vita è mia, è certo colpa mia.Ci penserò ancora. Quella poesia di Guido è molto bella, comunque. Buon sabato.[Nell'immagine, acquerello sulla copertina del libro per Grazia B.]