Carlo Molinaro

Una lettura di poesie ad Erli


UNA LETTURA DI POESIE AD ERLI Ho letto poesie dal mio libro, quello nuovo, sul palco naturale nella montagna d'Erli, al tramonto, nella festa del vento alla borgata Bassi, che è un luogo speciale. Ho letto a lungo, per un tempo che di solito è troppo lungo per leggere poesie. Ma sentivo che potevo andare avanti. Un ragazzo alla fine continuava ad applaudire, però lentamente, era come in silenzio e mi osservava stupito, sorpreso. Mi hanno detto che li ho emozionati, mi hanno ringraziato per quello che ho dato: l'hanno fatto in sei o sette o più, toccandomi il braccio, prendendomi in disparte: uomini, donne, ragazzi, ragazze: sentivo che era vero. Queste potrebbero essere delle soddisfazioni per un poeta: come una splendida fioritura di rododendri per un giardiniere o una pietanza che i commensali lodano per un cuoco o un pavimento a filo, perfettamente a filo, per un piastrellista. E qualcosa della soddisfazione c'è anche, c'è, non dico di no. Eppure dopo mi aggiravo fra loro ed era come se sui sassi e sull'erba ci fossero dei cerchi che loro attraversavano con naturalezza e io no, su ogni arco di circonferenza s'arrestava la mia voglia impropria, impossibile di dire e baciare ed essere baciato: mi aggiravo estraneo fra loro, fra gli amici, fra le donne, faticavo anche a chiedere un pezzo di focaccia dal forno acceso che mandava un buon odore di pane e di fuoco e di legna. Ha ragione Eva Sánchez: m'innamoro a livelli strani, in un modo sospetto e inquietante: sono il maniaco che guarda con gli occhi ubriacati di bellezza e non sa muoversi e poi se si muove chissà che cosa fa. Forse ti mangia o gira intorno senza osare nulla o t'offre doni così ingarbugliati che è un'impresa trovarci l'amore: così tu pensi che forse non c'è. Nelle poesie, di questo desiderio tracimante non passa nemmeno la centesima parte, eppure basta talvolta a sgranare tutti gli occhi agli uomini, alle ragazze sedute davanti. Cosa accadrebbe se passasse intero? È comprensibile una certa diffidenza, una certa prudenza: forse è perciò che vedo tutti quei cerchi nell'erba e non riesco a traversarli come fanno gli altri: che anzi, credo, neanche li vedono: non c'è bisogno. A mezzanotte s'è alzata la luna dalla cresta del monte e m'ha preso una voglia di andare via, giù verso il mare, solo. Ho pensato di dover salutare o forse no. Mi sono avvicinato a Mac, lui però stava parlando con una ragazza e perciò non mi vedeva, non si voltava, ero fuori dal cerchio, sono scivolato via, ho lasciato un libro sul tavolo in casa di Nico perché me l'aveva chiesto, sono salito per il viottolo con in testa tutto l'amore che c'era dentro quei prati, sotto quella luna: l'amore che mi esplode nella testa ma non sa dare istruzioni sensate agli occhi al cazzo alle gambe alle mani: solo qualche parola, qualche ritmo sopra un foglio di carta. È troppo poco. Ho letto poesie dal mio libro, quello nuovo, sul palco naturale nella montagna d'Erli, ho dato ciò che mi riesce di dare. Mi urla dentro come un branco di lupi e la donna che si bacia con i lupi c'è solo nel libro di Guido Catalano: nella realtà non è facile amarmi: la donna che ci prova è paziente e lodevole,comprende le invadenze e le mancanze. A volte sono vuoto, secco; a volte sono rigonfio come un fiume in piena: né il secco né la piena vanno bene per dissetare, lo sanno anche i bambini: è meglio una sorgente a cui si possa accostare la bocca, una sorgente che sai che c'è e sai dov'è e com'è. Molto spesso con me non resisto neanch'io. Ho letto poesie dal libro, quello nuovo. Ho sentito profumo di pane e ragazze, terra umida, passi, luna piena. Tornando in auto da Albenga a Torino ho cantato tutto il tempo a squarciagola.Un video con pezzetti di festa (non la mia lettura, dato che il video l'ho fatto io, s'intende) è qui.