Carlo Molinaro

Due poesie


 ECCESSO DI STUPORE                                          a C. Ceniamo sul terrazzo e ho innaffiato stupidamente le piante - era più logico che le innaffiassi dopo cena - così pestiamo con i piedi l'acqua che esce dai vasi. Mangiamo roba fresca in insalata e mentre mangio e ti ascolto in una pozza di pochi centimetri che s'è formata fra un vaso e uno specchio appoggiato al muro (uno specchio trovato accanto a un cassonetto, come pure la sedia: la gente butta via utilissime cose) vedo un doppio triangolo di casa e di cielo: riflesso nella pozza e ririflesso nello specchio che riflette la pozza. È bellissimo, azzurro rosa bianco in cinque centimetri, vorrei parlartene ma mi sono già voltato e ci sono i rondoni, altri colori fra i coppi e le antenne: e fra una visione e l'altra si sono infilati cento pensieri fra cui non so scegliere. Vedi, è per questo eccesso di stupore - tutto mio, perché per altri è solo uno schizzo d'acqua per terra e il consueto cielo di Torino, nulla di particolare - è per questo accavallarsi di meraviglie che certe volte io sono taciturno. È che non faccio in tempo. Ma ti amo in quei momenti: e forse tu lo sai. LO SGUARDO È TUO                                       a E. Una volta ho sognato (non saprei dire se da sveglio o dormendo) che tu eri bambina, avevi cinque o sei anni, quindi doveva essere l'ottantotto, l'ottantanove, ed eri con tuo nonno, seduta in campagna sul bordo d'un campo, di notte, e tuo nonno t'insegnava le costellazioni (era una notte limpidissima): l'Orsa Maggiore, l'Orsa Minore, il Cigno, Cassiopea... Tu ascoltavi incantata. Non posso sapere se è vero, se davvero tuo nonno, una notte, sul bordo d'un campo t'ha insegnato le stelle, però se anche non fosse accaduto è come se lo fosse, perché tu hai, adesso hai, lo sguardo di ragazza che è stata bambina imparando le stelle. I miei sogni sono soltanto miei (e a te sono fastidiosi, credo) però lo sguardo è tuo e io lo vedo quando ci sei e quando non ci sei.