Carlo Molinaro

Cinque poesie in questi giorni


IO NON SO ASPETTAREIl futuro dei bambini è sempre oggi. Domani sarà tardi. Gabriela Mistral (1889-1957)Io non so aspettare, lo ammetto, non so aspettare,e difficilmente maturerò perchénon so neppure darmi torto per questo non sapere:aspettare che cosa? Domani saròpiù vecchio di oggi, e poi morto, e poi basta.Certo, lo so, un vero uomo sa aspettaree progettare anche su tempi lunghissimi:il mio non saper aspettare ha un suo prezzo,mi vieta alcune cose: i lavori lunghi mi mandanofuori di testa, vorrei concludere subito, probabilmenteè per questo che faccio poesie e non romanzi,perché per il romanzo ci vanno mesi o anche annie io mi stufo, mi stufo, mi snervo, domaninon sono lo stesso di oggi, come faccioa continuare il romanzo di ieri?E se un amore mi dura una vitaè perché ogni giorno mi ricomincia nuovo.Datemi tutto oggi, per favore:domani non esiste e non esisteneppure ieri: ieri è oggi, oggiè il mio piccolo eterno che tutto vuolee che nulla dimentica mai.MEGLIO ANCORALe mansarde sono luoghi d’amore.Certo, ci si può amare anche al pianterrenoe forse addirittura nei piani intermediche sono i più stupidi, né carne né pesce;ma le mansarde e i sottotetti sonoprivilegiati luoghi dell’amore.Io se penso una coppia innamoratae non so dove metterla, la mettosicuramente dentro una mansarda:ce la metto davvero, non solo scrivendo,e meglio ancora se lui sono ioe lei si abbraccia e si bacia con me.LAPIDE QUI GIACESOTTO MUCCHI DISORDINATI DI PENSIERI E COSE VARIEUSADUSDACES (*)NATA A TORINO, VIA SILVIO PELLICO, IL 25 SETTEMBRE 2008MORTA A TORINO, CORSO VALDOCCO, IL 21 LUGLIO 2010LA SUA BREVE (MA FORSE FIN TROPPO LUNGA) VITAFU TRAVAGLIATA MA BELLAAVEVA QUALCHE DIFETTO CONGENITOMA TENTÒ UGUALMENTE IN TUTTI I MODI DI CRESCEREPERCHÉ LE PIACEVA ESISTEREERA PICCOLA MA VOLEVA ESSER GRANDEEBBE E DIEDE PROBLEMICADDE STRONCATA DA UNO SGUARDO INDIFFERENTECOME DA UNO SGUARDO SORRIDENTE ERA NATATU VIAGGIATORE CHE PASSIACCANTO A QUESTA LAPIDESOFFERMATI UN MINUTO IN UN PENSIEROCON TENEREZZA SE TI È POSSIBILEPOI CONTINUA IL TUO CAMMINOSERENAMENTE(*) Una speranza assurda di una storia d’amore con Eva S. CICALECCIOMezzo assopito con la finestra apertaho ascoltato le cicale, dai pini vicini:ho pensato che il loro non è un cicaleccio,non è confuso, ha il suo ritmo, è un coro regolarea due o tre voci, non è quello che gli uominichiamano cicaleccio. Prima ho guardato il mare:mosso al mattino, con il vento, poi calmoa mano a mano che sale il calore. E ho guardatole ragazze sulla riva passeggiare o prendere il soleo immergersi in acqua, con i loro bikini o topless,e ho ascoltato i motori delle barche al largoe il coccobello coccofresco coccobellodell’uomo scuro con la maglietta biancae il secchiello blu pieno di foglie e di spicchi.Ho pensato che tutte queste cose le ho viste e ascoltateper tante estati, tantissime estatiqui in Liguria, questo mare vicino, questo maredomestico che in due ore lo raggiungi:anno dopo anno dopo anno le cicalee il mare e il vento e le ragazze e le barche.M’ha preso una stanchezza: ma non delle cose,né delle stagioni che ritornano, nédel mare, né del vento, tantomenodelle ragazze, né delle cicale né delle barche:m’ha preso una stanchezza di me stesso,di questo corpo e di questo pensiero,di questo uomo che si muove goffourtando tutto con i gomiti, comei ragazzi dinoccolati che uscendo da una stanzaabbattono tavoli sedie tovagliee lampade, inciampando nei fili:escono veloci, distratti, affrettandosi versonon sanno cosa – eppure sì che lo sannoe corrono e non badano e hanno voglia.Io sono quello e non sono più quelloe non so essere altro e non so più nemmeno– o non ho mai saputo – essere quelloche sono, o che non sono: il paesaggiomi guarda con sospetto, con distacco,mi dice: tu non sei di queste parti,tu in queste parti non hai il passo giusto,con quei tuoi grossi piedi puoi far danni.E sono stanco e ho voglia di andaresenza badare, strappandomi la tascasulla maniglia e rovesciando vasidi porcellana preziosa e neppuresentire i tetri rimproveri inseguirmi,il cicaleccio dei tetri rimproveri:e camminare, camminare verso.CHI TI AMA LO SALei pedala veloce in biciclettadopo il bagno nel fiume:fresca, ancora bagnatapedala veloce e mi manda un messaggioforse senza nemmeno fermarsipericolosamente armeggiandocon il telefoninoper dirmi che lo fa.Io leggo il messaggio e la vedo pedalarefresca e bagnata e soprattutto contentacome una bambina;la vedo con l’aria e con tutti i coloriaddosso, bionda, bionda tutta, una sciadi colore sull’argine: saràvestita d’azzurro e di bianco ma è giallacome quando riverbera il solenelle giornate limpide, senz’afa.La vedo bene, da cento chilometri:non c’è bisogno che mi racconti altroo mi spieghi: la vedo bene, nitida,perché è contenta e ha tutti i coloriaddosso, io la vedo beneperché i colori è meglio averli addossoche raccontarli:chi ti ama lo sa.