Achab

Achab è un' Associazione Culturale che si occupa di scrittura creativa, libri, poesia. Achab è l'Associazione che accoglie docenti, studenti, appassionati di letteratura e non solo, chiunque voglia unirsi a noi per aiutarci a" inventare" una "scuola migliore"! Achab è l'Associazione Culturale che annovera tra le sue dorate fila anche giovani talenti ed amanti della cultura. Buona permanenza!

Creato da ChiarAchab il 22/09/2011

Area personale

 

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Emily Dickinson

Non esiste un vascello veloce

come un Libro

per portarci in terre lontane.

 

Fernando Pessoa

Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di "Sentire."

 

Virginia Woolf

Non c'è cancello, nessuna serratura,
nessun bullone che potete regolare
sulla libertà della mia mente.

 

 

Luigi "The Kaos" Pirandello.

« Il nostro spirito consiste di frammenti,
o meglio,
di elementi distinti,
più o meno in rapporto tra loro,
i quali si possono disgregare
e ricomporre in un nuovo aggregamento,
così che ne risulti
una nuova personalità,
che pur fuori
dalla coscienza dell'io normale
ha una propria coscienza a parte,
indipendente,
la quale si manifesta viva
e in atto,
oscurandosi la coscienza normale,
o anche coesistendo con questa,
nei casi di vero e proprio
sdoppiamento dell'io.
[...] Talché veramente
può dirsi che due persone vivono,
agiscono a un tempo,
ciascuna per proprio conto,
nel medesimo individuo.
Con gli elementi del nostro io
noi possiamo perciò comporre,
costruire in noi stessi
altri individui,
altri esseri con propria coscienza,
con propria intelligenza, vivi e in atto. »

KAOS


 

Antonio Gramsci

L'indifferenza è abulia,

è parassitismo,

è vigliaccheria, non è vita.

Perciò odio gli indifferenti.

Amore per la parte buona della vita

ripudio dell'indifferenza, dell'infingardaggine

della vanagloria,

dell'indolenza:

Amore incondizionato per la gioia

dell'Esistenza.

 

Cesare Pavese

AMORE:

è DESIDERIO di

CONOSCENZA.

 

Lo spiraglio dell'alba
respira con la tua bocca
in fondo alle vie vuote.
Luce grigia i tuoi occhi,
dolci gocce dell'alba
sulle colline scure.
Il tuo passo e il tuo fiato
come il vento dell'alba
sommergono le case.
La città abbrividisce,
odorano le pietre
sei la vita, il risveglio.
Stella sperduta
nella luce dell'alba,
cigolio della brezza,
tepore, respiro
è finita la notte.
Sei la luce e il mattino.

- C. Pavese -

 

Charles Baudelaire

Già s'avvicina l'ora che trepido ogni fiore
come un vaso d'incenso svapora sullo stelo;
solcano effluvi e musiche la sera senza velo;
malinconico valzer, delirante languore!

Ogni fiore svapora trepido sullo stelo;
il violino geme come un afflitto cuore;
malinconico valzer, delirante languore!
Come un altare immenso è triste e bello il cielo.

Il violino geme come un afflitto cuore,
un mite cuore, ch'odia il nulla vasto e gelido!
Come un altare immenso è triste e bello il cielo;
nel suo sangue rappreso il sole immoto muore.

Un mite cuore, ch'odia il nulla vasto e gelido,
dei bei giorni che furono raccoglie ogni bagliore;
nel suo sangue rappreso il sole immoto muore....
Il tuo ricordo in me brilla come un cimelio.

- C. Baudelaire-

 

 

Kahlil Gibran

La mente soppesa e misura,


ma è lo spirito che giunge al cuore della vita


e ne abbraccia il segreto;


e il seme dello spirito è immortale.


Il vento puo' soffiare e placarsi,


e il mare fluire e rifluire:


ma il cuore della vita


è sfera immobile e serena,


e in quel punto rifulge


una stella che è fissa in eterno.

 

 

Parole incipriate

Post n°52 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Uomini
senza condivisione
calpestano
medesime ombre.
Incontri inattesi
rivelano incastri
mentali.

Assonanze
secernono affinità.

Strucco
parole
da polveri boriose,
indifese
cingono
frequenze parallele.

Una stretta di mano
imprime quel frammento labiale

Risfodero la cipria...

di Ivana Orlando


 

 
 
 

La finestra sul treno

Post n°51 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Luoghi estranei
scrutano
vesti indiscrete.

Bocche gremite
di salive
illibate
ostentano lessici casti.

Acerbe parole
scalfiscono
la mia attenzione.

Paesaggi oltre il vetro ..

Volgo il mio sguardo
oltre la finestra.

Stralci
di promesse,
di ritorni,
si infrangono
contro vetri sapienti.

Ripongo lo sguardo aldiquà del vetro ..

di Ivana Orlando

 
 
 

Abitudine

Post n°50 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Bastarda
cadenza temporale.
Involucro
di gesti,
parole consumate.

Dissipatore di Amori

Bramosa
ti lasci tastare
da primizie suadenti.

Da puttana
insoddisfatta
divieni vergine vogliosa

covando quotidianità..

di Ivana Orlando

 

 
 
 

Apart

Post n°49 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Falling apart.
That's my mind.
Kind of sadness
I can't feel.
Kind of feelings
I can't trust.
Rust in my heart
with no meaning.
My soul leaning
on something
I can't see.
How blind am I?
I can't tell.
Bell ringing who
I can't hear.
Is it just fear?
Don't wanna run,
but hide instead.
Doesn't worth it,
will i go mad?
Probably so.
Know the line
I can't cross.
Because i see
nothing to start,
that's why, why
I'm falling apart.

di Fabrizio Marongiu

 
 
 

La morte del giorno

Post n°48 pubblicato il 19 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Cala il buio sulle strade.
Si oscurano le ultime case,
invase da quel freddo
che d'un tratto le pervade.
È la quiete a dominare,
ma sopra un suono malato.
Celato pare all'apparenza
e all'udito non traspare.
È un rumore silenzioso,
prende corpo nel tormento.
Lento trascorre il tempo,
non c'è pace nel riposo.
D'angoscia s'impregna
questo suolo indifferente,
nell'opprimente borgo
che all'oblio si consegna.
Si risveglian dal torpore
afflizioni e infausti intenti,
confidenti delle tenebre,
scaturiscon dall'orrore.
Compare sola nella volta,
una nube in lontananza.
Avanza d'essa l'ombra
ed ogni cosa vien accolta.
Incerto appare il domani,
mentre ogni speranza
importanza va perdendo,
smarrita in echi lontani.

di Fabrizio Marongiu


 
 
 

Nei momenti bui della notte

Post n°47 pubblicato il 18 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Nei momenti bui della notte, quando un nonsoché di onirico e di dubbioso m'assale,

quando una domanda tra le tante si spiaccica sul soffito e m'osserva,

come un vaso di Pandora mi solletica la curiosità, gode a farmi arrovellare,

allora avvampo con la bocca arsa e le parole che s'affollano lì,

nel vano tentativo di "risolvere"..allora lei è proprio impaziente:

la penna m'attende.

Sgattaiolo dal peso greve, afferro il foglio.

Scrivo, compongono fiumi di parole,

che mentre straripano insensatamente mi liberano

e le tempie s'alleggeriscono miracolosamente.

Ho sempre scritto per passione,

per divincolarmi da qualche spina nel fianco,

per esprimere e tradurre in linguaggio quell'emozione

che tento di comporre intatta così come mi pervade,

imprimendola sul foglio.

Ho anche scritto per tentare di mantenere in vita qualcuno

di cui è priva la mia vita o metonimicamente almeno il ricordo suo,

far sopravanzare un individuo, dargli forma.

Una presenza.

Vado a caccia di entità vaghe, come fossero farfalle.

Le colleziono.

E poi con la penna do loro consistenza,

un senso, un perché.

Il peso del mondo spesso me lo sento urgere sulle spalle,

gravare,

qualche volta mi gambizza, ma proseguo.

E' una Croce scrivere, arrovellarsi per cercare la forma,

per mimare l'indistinto della finitezza a cui siamo stati destinati.

E' doloroso scrivere, occorre denudarsi davanti a sé stessi,

contare ad uno ad uno i propri limiti,

riconoscere che l'indistinto ci sopraffà talvolta, che si è fragili.

E' in ogni caso una malinconica delizia,

quando la forma viene scovata, quella "adatta",

quando le mani si esercitano,

si affannano ad inseguire il fiume della smania alfabetica.

Quando scrivo è come se fossi febbricitante,

in dimensioni dimentiche, atemporali.

Fluttuo nel transitorio.

Scrivere ha a che fare con l'intimità,

con l'amore, con l'osservazione minuzioso-maniacale del dettaglio,

scrivere ha a che fare col ritmo,

col rito delle lancette dell'orologio: un tic tac regolare, r i t m a t o.

Scivere è melodiosa allietterazione..

Spesso sperimento nuove tencniche

o vanagloriosamente il tentativo talvolta

è riprodurre il flusso dei pensieri come Joyce,

con pessimi risultati..

Non organizzo i pensieri e realizzo un affastellamento di sensazioni inaudite.

Esprimere la caducità traducendola in parola è estenuante,

ma è l'apogeo della realizzazione,

se avviene, certe notti, è libertà pura: Luce abbacinate, ebbrezza.

Scrivendo riesco a liberarmi dal pozzo nero in cui annega il cuore,

il foglio assorbe il male, i pensieri, s o n o libera.

Uno strumento in balìa di mille voci narranti,

di cori ancestrali che analogamente all'ululato del vento

t'incutono sicurezza e protezione,

se hai un antro che ti protegga dalle raffiche.

Sono perennemente disadattata,

come se l'anima fosse divisa per compartimenti stagni,

che nascondono altre entità a sua volta:

una rete infastrutturale costellata di zone d'ombre

e che nonostante tutto,

collaborano armoniosamente quando la penna traccia sul foglio.

Scrivere cambia, ti cambia incosapevolmente,

ti trasporta e le parole strattonano violentemente,

vogliono sprizzare fuori anche quando non è il momento:

bisogno impellente di s c a n d i r e.

Sono una cacciatrice dell'ambiguità della parola e al contempo,

la preda preferita del tedìo se il verso tarda a venire.

Cerco una voce universale,

tentando spesso di ripudiare l'autobiografismo,

il punto è che quando sei puerpera di qualche scritto,

anche banale, è difficile che la Creatura non abbia componenti matriarcali.

(Altro rovello).

Scrivere ti catapulta in dimensioni strane,

ti mette di fronte agli specchi e l'immagine è quella,

è quella che non cambia,

ti spunta in faccia quel che sei,

perché devi rovistare nei meandri più tortuosi dell'anima.

Scrivere è sincerità, le parole non mentono,

è l'uomo che le strumentalizza o interpreta male,

le parole son pure, virginali,

hanno dei significati ben specifici o traslati,

ma son sincere, le parole in sé.

Soffoco se non scrivo,

il riflesso di abbassamento dell'epiglottide non ha luogo

e l'alfabeto mi strozza se non lo sputo componendo.

E' un istinto naturale.

Ci sono giorni in cui sento maledettamente il bisogno di farlo,

anche se non so da dove cominciare, statica guardo il foglio,

è l'inerzia della prima parola.

E' la prima parola,

è a lei che spetta il compito di sfuggire dalla "posizione di comodo"

e dare il via alla composizione.

Ma la prima parola è pigra,

si fa attendere come una smorfiosetta altezzosa.

E' coraggiosa però, alla fine si rivela,

dopodiché le sue sorelle la seguono,

dapprima non in ordine, sprazzano qui e là:

Poi si mettono in fila come buone scolarette.

E' che io ho l'istinto di dire, sempre..

parlo pure alla luna, e poi ne trascrivo i dialoghi.

La luna ne ha da raccontare, ci spia sempre, sa consigliare.

Spesso parlano anche i fiori, chi l'ha detto che si studia solo l'inglese?

Le lingue naturali sono sempre più belle,

il perché si evince già dal termine: Natura.

La sinteticità non è reale, è clonazione.

La clonazione è sempre la brutta copia di qualcosa,

un vano tentativo di riprodurre.

E' finta, la finzione non è sincerità, la scrittura sì.

Non a torto descrivo la vita, quella naturale s'intende.

Preferisco parlare coi fiori: pensino pure sia folle..

la follìa è sempre sincerità: La sincerità ha a che fare con le parole,

le parole immancabilmente con la scrittura.

 
 
 

DIVENIRE

Post n°46 pubblicato il 15 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Rintocchi cadenzati

scandiscono crescita.

Storni
vegliano
partoriente terra.

Rigoli
allattano corolle.
Grondante polline
ciba infanti acini.

Sbuccio corteccia
da divelti alberi,
riaffiora
..
orfana radice
supplica d'acque.

Adagiata
rimbocco
coltre piovana .


In rugiada
si
specchia

il Divenire..


Ivana Orlando

 

 
 
 

La città dei fiori

Post n°45 pubblicato il 13 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Nel binario che conduceva alle città remote
la gente barattava la vita antecedente per una realtà schioppettante.
Nel treno che portava all'oltre, s'affastellavano in mucchio le speranze.
"Sogni in vendita" urlò il capostazione, "si affrettino i signori, il treno parte per la Città dei Fiori".
E le genti negli scompartimenti, sudavano occasioni migliori, a denti stretti.
"Agognavo per un lavoro onesto, si ripetevano i viaggiatori", sarà dura, ma ci metterò tutto me stesso,
non chiedo molto, è mai reato sognare un lavoro sicuro, non minato dal fantasma del precariariato?
Passai la vita sul libro, mi piegai la schiena sul banco all'università, vorrei poter fare solo il mio mestiere,
quanto costa la serenità? Adesso scappo nella Città dei fiori:
Questo paese è un inferno, chi l'ha ridotto così non è Geronte: fu la scure del governo.
Scappo perché sono in crisi,come il Paese, che non si inginocchiò difronte la piaga della tisi,
e ora si piega alla disoccupazione, agli oltraggi all'istruzione.
Scappo perché son estenuato, la cultura passa in secondo piano, precendenza alle nefandezze dello stato."
Così il treno accoglieva i viaggiatori, che allontanandosi fuggivano nella Città dei fiori.
La Città si nascondeva nell'antro del loro cuore, edificata da una speranza intessuta di languore:
Desideravano poter lavorare senza che lo spettro dell'incertezza li potesse intaccare.
Il treno che giunge alla Città dei Fiori viaggia tutt'oggi
con i vagoni pieni, tracotanti, nei cuori di chi ancora ci crede:
che il lavoro duri una vita e non pochi istanti.

"Ai precari, a coloro che ancora ci credono, alla gente onesta."

 
 
 

Creatura spaziale

Post n°44 pubblicato il 10 Ottobre 2011 da ChiarAchab

..Le piaceva sostare tra la folla, con lo sguardo sperduto in un'era senza congiutivi, senza cardine di tempo. Rifletteva senza pensare, a mazzate pensieri inenarrabili domiciliavano nel pozzo ignifugo della sua mente. Sorrideva labilmente, designando sulle labbra un sottile taglio trasversale, edificato dall'ironia e abbrutito dalla malinconia. Respirava appena, col metabolismo lento di chi dorme, mentre danzava sull'irregolarità dei battiti cardiaci. Un'intelligenza sottile e strana, medicamentosa nei sentieri iperbolici dei dubbi, sterile nella giungla delle sottigliezze in cui si smarriva. Senza dove, dimorava in sé stessa, senza liberarsi dalle catene dell'insicurezza, un fiore raro, senza utilità, un ornamento soltanto. Rendeva meraviglioso il mondo senz'agire, ignara. Fissò lo sguardo sui lampioni semi-accesi all'imbrunire, l'arancione triste e flebile colorava le pozzanghere tenebrose, dello stesso colore gli umori che la travolgevano. Il crocchio di gente l'osservava, un nugolo di curiosi senza nome, non li vide neppure. Si strinse nelle spalle, rabbrividì nella felpa. Pensò che la sera stesse avanzando e rievocò, per qualche strana ragione, il ricordo del mare che al crepuscolo scintilliva d'azzuro dentro le sue serate infantili in spiaggia. Un manto altrettando scuro la travolse, l'accozzaglia di ricordi, la marea lacustre Scilla le vomitò in faccia senza misericordia. Le destabilizzò le certezze, si sentì ardere i polpastrelli, era arsa e folle, dolce nei gesti, un ossimoro bilanciato. Aliena nel mondo comune. Risolse, in quattro passi felpati di sopprimere quelle emozioni barbare, estranee alle carni umane. Nella luna affondò lo sguardo, che si annegò nei raggi diafani subtaneamente, il suo cantuccio alle prepotenze terrestri dimorava lì, nel broto spaziale, nel pertugio cosmico. Era un astro anche lei, dagli iridi boreali, pura e intessuta di celeste. Sorrise alla genti in cerchio, continuò a non vederli. Aveva capito, non c'era spazio per lei in quel mondo, giacché essa fosse creatura stessa dello spazio.

 
 
 

Ceneri

Post n°43 pubblicato il 09 Ottobre 2011 da ChiarAchab

Sereno d'incanto.
Mal dimora tal paura,
dell'animo le mura
van si sparendo,
che la lor sostanza
quasi si consuma.
Scoprendo come
l'argine, l'attesa cura,
fine d'idea impura
ch'aleggia in pensier
da sporca e vil natura.
Sulla forca del saper,
rival di desideri
ormai più non matura.
Quel d'antico perdura,
m'anelito fatica.
Al cor par chiaro,
s'è spenta la premura.
Sofferma la chiusura,
tristo rimpianto.

di Fabrizio Marongiu

 
 
 

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