Mondo contadino

GRAZIE MAESTRO


 Al mattino presto, il netturbino riforniva di legna la scuola, sistemandola vicino alla stufa di creta. Il maestro, poi, minuziosamente ne sceglieva un pezzo, possibilmente lineare e senza molti nodi, e lo faceva roteare tra le mani. Era un rito quasi sacro per lui, che da giovane era stato tenente d’artiglieria e aveva conservato intatta negli anni la passione per la rigida disciplina militare.  Noi alunni non avevamo scelta. Eravamo costretti a spremere le meningi e ricordare il nome di tutti e sette i re di Roma e della capitale della Romania, se non volevamo assaggiare quel legno sulle nostre mani. Almeno in altre classi si usava la bacchetta, che era di dimensioni più modeste e umanamente tollerabili, ma quel ciocco dalla dura corteccia incuteva terrore come vero e proprio strumento di tortura.Chi era sorpreso impreparato, già sapeva che la dose minima dei colpi che gli sarebbero stati inferti sulla mano era di dieci legnate. Poi si continuava, fintanto che il malcapitato non si decideva a ringraziare il nostro marziale educatore. Il limite massimo fu di 60 colpi. Tanti ne subì Vittorio, che per il suo cocciuto carattere perdurò nello stoico silenzio. E fu il maestro ad arrendersi e a desistere quando gli vide la mano sanguinare. Vittorio non gli volle dire grazie né in quella circostanza né mai. Noi altri, invece, continuammo a farlo fino agli esami di quinta, quando salutando il maestro finalmente dicemmo addio al terrore e alle bacchettate.