Mondo contadino

IL VESTITO DA SINDACO


Il vestito da sindaco
Il professionista si decise: si sarebbe candidato anche lui a sindaco del paese. Il padre che, in un libriccino che s’era portato anche in America, era solito leggere i nomi di tutti gli arcipreti e i sindaci del paese, lo aveva supplicato prima di morire: – Ti prego, figura anche tu nella lista, sarai ricordato dai posteri.Prete non lo era divenuto perché dopo qualche mese aveva abbandonato il seminario, ma sindaco poteva ancora diventarlo. Rispettato ed amato dai paesani, assoldò il compare Antonio, i cognati, i cugini e tutto il parentado. Riaccese vecchie e assopite amicizie, divenne più cordiale e disponibile con ognuno. Insomma, si buttò anima e corpo nella campagna elettorale, promettendo solennemente, sotto giuramento, che avrebbe fatto questo e quello per il paese.Nell’imminenza del voto, si riunì il comitato a casa sua ed ognuno lesse la lista degli elettori che avevano assicurato il loro voto. Nella prima ce n’erano almeno 400 certi al cento per cento; nella seconda se ne accertarono ben 300, nella terza sui 250 e infine, nella quarta lista, attorno a 200. In totale, voto più voto meno, si poteva contare su 1150 simpatizzanti. Allora il candidato ruppe ogni indugio, corse da Moffa a Campobasso ad acquistare un vestito degno della prestigiosa carica che avrebbe ricoperto e, alla commessa che gli chiese come lo desiderasse, rispose semplicemente: – Da sindaco.Purtroppo per lui, quel vestito non ebbe mai modo di indossarlo, perché a dispetto delle rosee previsioni sindaco non lo divenne. Né a lui, né ai suoi parenti, né a nessuno del comitato elettorale era passato per la mente di verificare meglio i nomi compresi nelle liste dei 1150 voti promessi, visto che il paese contava appena 800 votanti.