CARICO A CHIACCHIERE

VIZI E VIRTU' D'OLTRALPE


  I francesi mi sono cordialmente antipatici, ne ebbi la definitiva conferma quando l'indimenticabile Bruno Lauzi, incise il famoso brano "Bartali" di Paolo Conte. Sono caratterialmente come noi e come giustamente li definiva Cocteau: "I francesi sono sostanzialmente degli italiani di cattivo umore". Detto da un grande francese, mi sembra ben calzante la definizione. A Parigi dove risiede un quarto (circa) di tutti i francesi, basta osservarli e seguirli con lo sguardo: sono frenetici, incazzosi, insofferenti ad ogni minimo contrattempo, per loro la vita č un correre e un ingrugnirsi per ogni piccolo intoppo. Perņ, ad onor del vero, c'č un momento, una situazione che rende il francese un paziente, un rassegnato con gusto, un'altra persona: č quando fa la fila, la coda per un qualsiasi motivo. Il Professor Larson che studia questi fenomeni, sostiene che i francesi vivano le code, le lunghe file, come esperienze collettive benefiche, avvenimenti da conservare per il futuro nella memoria, situazioni che consentano loro di dire: "Io c'ero!". E' questa la semplice ma profonda spiegazione: un sentirsi bene entrando in un  locale dopo  aver  fatto   un'ora di fila, accedere al museo per una mostra dopo oltre due ore di fila con il sorriso stampato in faccia,  essere in coda al panificio per l'acquisto della classica baguette senza spazientirsi, attendere in fila per ottenere un tavolo al ristorante, insomma, a Parigi, dove ti volti e ti giri vedi code, file di gente felicemente in attesa. E' ormai tanto radicata la strana composizione di persone che pazientemente e serenamente attendono il loro turno che č ormai una "sciccheria" consolidata. Si calcola che l'80% dei francesi conceda ad una fila un'ora (in media) alla settimana; ben venga: si relazionano, si distendono psicologicamente e scaricano tutte le tensioni che accumulano nel trantran quotidiano. Ossia, nč pił nč meno...come gli italiani. Capite ora perché mi sono cordialmente antipatici?