CARICO A CHIACCHIERE

OSPEDALI SPECIALISTI E...PAZIENTI


  Alzi la mano chi non abbia mai subito una bella "lista d'attesa" per poter eseguire una visita specialistica, oppure un esame piuttosto impegnativo come una tac o una risonanza magnetica? Siete tutti sani e in buona salute, quindi non avete mai fatto questa esperienza? Sono felice per voi, allora mettiamola così: alzi la mano chi abbia parenti, amici o stretti conoscenti che abbiano provato questa "Via Crucis" impossibile per un paese come il nostro e con una sanità che ci costa un occhio della testa. E per saltare queste liste per una visita da uno specialista, quanti di voi pur di evitare questa tortura (vuoi anche per una fretta giustificata da una patologia preoccupante), hanno deciso anche a costo di sacrifici economici, di rastrellare soldoni per la mancia e per pagare l'onorevole onorario del professionista? Funziona male questo giocattolo della sanità, certo ci sono regioni virtuose, magari non perfettamente in regola, ma capaci di far fronte alle emergenze e alle richieste, ma di contro, ci sono molte regioni specie al sud, dove se intraprendete questo calvario, non ne uscite facilmente. I dati recenti parlano chiaro sulle percentuali e sull'alto numero dei pazienti inseriti nelle liste. Molti ci restano perché il problema non possono risolverlo sborsando molti soldi sia per chi deve addomesticare la lista, sia per pagare l'onorario. Tanti altri ancora, nelle disponibilità, agiscono aggirando l'ostacolo e devono provvedere, nonostante i quattrini che devolvono alla regione per la sanità, sborsando anche questi costi. Una cosa credo possa essere certa: se un assistito chiede una vista e/o un esame particolare, presumibilmente ha fretta, ha bisogno, non può prorogare per attendere di essere chiamato. Insomma, non si va a rompere le scatole per farsi vedere un unghia incarnita o un mignolo che presenta una leggera curvatura anatomica ed è là sin dalla nascita! Orbene, alla luce di questa situazione improvvida e insostenibile, dovremmo porci domande sulla morte dell'infermeria in pensione di Savona: Mirella Ottonello, operata al cuore a metà dicembre, sapeva di dover affrontare ancora un lungo cammino: le era stata prevista una visita per stabilire come affrontare la sua patologia dopo l'intervento: si affannava, parlava con una ex collega al telefono e la informava che la visita era stata annullata e non si trovava un sostituto disponibile. La donna non si rassegnava, conosceva come vanno le cose in questi casi, le ha viste in corsia quando lavorava, le stava vivendo sulla propria pelle. Non si può continuare a parlare di "numeri", lei pretendeva di essere una paziente e nel suo pieno diritto data la situazione, di essere visitata poiché la patologia non consentiva tentennamenti e rinvii. Scaricava tutta la sua rabbia su FB, raccontava quel che stava passando; vi ricordo che siamo in Liguria, no al sud come spesso i pregiudizi ci inducono a pensare. Purtroppo, nel giro di poche ore, la Mirella lascia questo mondo. Avrebbe dovuto avere un po di pazienza il suo cuore e aspettare che la chiamassero dall'ospedale. Questo significa provare duramente e drammaticamente sulla propria pelle, cosa significhi aver bisogno di aiuto. L'ho sempre sostenuto nella mia vita recente, quando in casi analoghi ho dovuto peregrinare per anni; così mi rivolgevo ai medici: "Ricordatevi che io sono paziente sia come aggettivo, sia come sostantivo.  E' il "sostantivo" che vi inviterei a rispettare...Grazie!".