CARICO A CHIACCHIERE

E CI SIAMO GIOCATI L'AMAZZONIA


   Doveva accadere e prima o poi, avremmo dovuto ricevere la notizia tragica e maledettamente vera: l'Amazzonia, il noto polmone del pianeta, la foresta tropicale più grande del mondo, produce quantità immani di ossido di carbonio. Il gioiellino brasiliano, di cui beneficiavamo tutti, nel tempo ha cominciato a perdere le sue qualità naturali e il "polmone verde" che meritava di essere protetto e salvaguardato, si è ammalato perdendo le sue prerogative essenziali. Tra roghi incontrollabili e fortemente deleteri, deforestazione abusiva e intollerabile, siccità e temperature in aumento progressivo ed esponenziale, le sue emissioni di CO2 aumentano perché la foresta non è più in grado di difendersi come natura comanda. Gli studi sviluppati e condotti da equipe professionali in quest'ultimo decennio, sono disarmanti e desolanti: meno alberi, meno piogge, temperature più alte delle medie precedenti, sono a confermare ciò che già si sospettava e il quadro odierno è purtroppo disastroso. Bolsonaro il presidente del Brasile, il dittatore di cartone, ai problemi naturali ci ha messo i suoi carichi da undici, peggiorando ulteriormente i problemi da affrontare e la deforestazione da lui voluta, si è aggiunta a quella causata dagli incendi paurosi avvenuti recentemente. Pensate che alcune zone dell'Amazzonia sono state poste in vendita su Facebook per meri scopi economici e finanziari. Insomma, se da una parte occorre impegnarsi con un piano globale per salvare la foresta  tropicale (in tal caso occorrerebbe la collaborazione mondiale), dall'altra parte, un gruppo di ecologisti  brasiliani ci informano chiaramente che fino a quando sarà presidente Bolsonaro, sarà impossibile salvare l'Amazzonia. Fa male tutto ciò, e se non si cambia registro, veramente saremo senza un polmone. Difficile campare con un organo così importante, mancante al nostro vivere.