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Messaggi del 18/09/2018

TROPPO FACILE DIRE "COLPA DI UN SELFIE"

Post n°2996 pubblicato il 18 Settembre 2018 da monellaccio19
 
Foto di monellaccio19

Risultati immagini per rischiare per un selfie

 

 

L'altro giorno è toccato ad un ragazzo ammazzarsi per un gioco mediatico: in casa, senza che nessuno se ne accorgesse in tempo, è stato trovato morto. La rete ancora una volta ha procurato una vittima. L'altro ieri è toccato ad un quindicenne che per provare a tutti che la paura non è nel suo DNA, nel suo bagaglio di esperienze quotidiane, è salito sul terrazzo di un centro commerciale per farsi un selfie azzardato con un amico e a causa di un infame destino, è morto precipitando in un profondo condotto d'aria.  Grande partecipazione per questi due ragazzi deceduti per cause assurde, tutti presi dalle circostanze drammatiche e tragiche; tuttavia facciamo un passo avanti, ovvero  cerchiamo di analizzare le motivazioni, gli atteggiamenti e le molle che fanno scattare certe scelte pericolose. Riusciamo a comprendere il perché di questi gesti? Oppure siamo troppo presi da altre questioni che ci impediscono di volgere lo sguardo ai giovani? Sappiamo che ad incoscienza i ragazzi non scherzano: non è un libera e valutata scelta, loro non realizzano esattamente, con opportuno raziocinio, l'entità di ciò che si apprestano a fare, loro lo fanno perché questo è uno degli indici da "rispettare" nella loro sfera giovanile. I like sono la dannazione del nostro tempo e se altri lo fanno per interessi materiali e astrusi, i ragazzi lo fanno per dimostrare a se stessi e ai loro coetanei che non hanno paura di questo tempo, delle perversioni e degli agguati del fato: anche un corridore di formula uno, un motociclista da GP, possono essere vittime di incidenti. E come per loro il rischio è calcolato, tenuto ben presente nel loro agire, per i ragazzi è più o meno simile. Sanno di essere capaci a priori, magari hanno fatto un percorso che li ha indotti all'estremo, vantandosi di essere riusciti sempre a guadagnarseli quei like che affluiscono sempre di più; più la prova a cui si sottopongono è difficile, più si guadagna in applausi! Pertanto nasce la necessità di superarsi, la voglia di superare un compagno per cui è necessario azzardare sempre più nel più totale vuoto della lucidità, della piena coscienza. Tutto ciò per la rete, per il web, il dannato modo per essere, per contare, per vantarsi. La sorella del ragazzo precipitato, ha appreso la notizia sul Facebook: pensate, nemmeno da un genitore, in rete ha cominciato a piangere la perdita del fratello! I selfie non sono i veri colpevoli, il selfie serve solo come pretesto per spiegare quello che accade e accantonare la tragedia senza troppi se e senza troppi ma. Il papà sostiene che se ci fosse stata una grata di protezione alla condotta nella quale è precipitato il figlio, non sarebbe morto. E' probabile sostengo io, ma questo ahimè, non risolve il problema delle scelte dei ragazzi, delle loro pretese e delle loro azioni mirabolanti e eccessive. Mettiamoli sotto pressione, laddove vi fossero genitori e parenti, lavorassero con loro: parlare, spiegare, relazionarsi e mostrare che i like non formano gli uomini, e i selfie sono solo pretesti per nascondere le responsabilità della società tutta. Siamo tutti colpevoli e se non capiremo questo, dovremmo sempre più spesso parlare di giovani vittime dell'assurdo!

 
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