on the road

Lo Tsnuami riporta a riva Norge e uno splendido quadrifoglio


 Il viaggio riprende. Sono stato fermo per molto tempo con la mia bimba a guardarmi dentro, il mio tsunami che ha spazzato via tutto. Poi c'è stata l'onda di riflusso. Che riporta a riva le cose che il mare aveva portato al largo. Ha lasciato al largo Moosh, ma ha riportato a riva Norge. Non si sfugge a sé stessi. Norge, con la “g” dura, vuol dire Norvegia, in norvegese. Ricordo di un viaggio e di un periodo della mia vita molto importante, anche per la formazione del mio carattere. La giornata è grigia, fredda (sembra di essere a Bergen, a proposito di Norvegia), ma la voglia di viaggiare in moto è intatta. Anzi. Mi piace viaggiare in moto con il freddo. Bravo scemo, dirà chi legge. Però, al solito, il blog è mio e la salute anche, quindi... Scherzi a parte, mi è sempre piaciuto il freddo, il caldo mi intontisce, i pensieri faticano a concatenarsi. Il freddo invece li libera, la mente è nitida ti fa vedere chiaramente quel che sono. Poco importa se in tutti questi anni di “ricerca interiore” al gelo su due ruote comincio ad avere mal di schiena, non riesco a farne a meno. E' tempo di tirare fuori la moto dal box. E' tempo che Norge torni sulla strada. Casco, sottocasco, tuta antipioggia, guanti, stivali.... In questa maniera ho affrontato viaggi con un tempo ben peggiore, con l'unico risultato di bagnarmi un po' i capelli. Però vuoi mettere? Lontano dall'autostrada, dove i camion ti fanno prendere più freddo di quel che già è, mi butto sulle strade di campagna, appena fuori dalla città, senza bisogno di andare tanto lontano. Curve, controcurve. Attraverso paesi dove la gente mi guarda, probabilmente pensando “ci è so pazzo che va in giro in moto con un tempo simile?”. Sono solo. Almeno fisicamente. In pratica c'è un passeggero, ma non è dietro, sulla sella. E' sotto il casco, sotto il sottocasco, sotto i capelli già umidi della pioggia che è passata attraverso il casco. Dentro la mia testa. E' un passeggero, anzi una passeggera, una persona che in questi giorni è entrata nella mia vita e nei miei pensieri. L'ho trovata per caso, come si trova un quadrifoglio in un prato in primavera. In mezzo a un mare d'erba. L'avevo già vista, passando, ma pensavo fosse un trifoglio, come tanti in mezzo a quel prato. Invece andando avanti e indietro mi sono accorto della differenza. Quattro petali. Porta fortuna, dicono. Quel che è certo è che mi porta gioia. Intanto che penso mi accorgo che questa pioggerellina e questo freddo sono una vera rottura, una volta non mi pesavano così, non starò invecchiando? Naaaa... però mi fermo in un bar lungo la strada, una vera bettola, ma almeno caldo. Una bettola. Quando ho parlato al mio quadrifoglio di bettola si è stupita: “Mi porti in una bettola?”. Il padrone mi guarda male, sono zuppo, non credo gradisca che gli stia allagando il locale. Chissà che penserebbe lei di questo posto, con il legno unto la macchina del caffè che sembra lurida. Anzi è lurida. Caffè, corretto grappa, al volo e via, perdo tempo. Botta di calore. Metto in moto e riparto. Chissà se anche lei sta prendendo freddo, spero di no. Lei. Ho iniziato questo viaggio per stare un po' da solo con i miei pensieri e con lei, una presenza che mi fa piacere. In queste giornate di lavoro sfibrante la sua presenza costante ma discreta è ristoratrice. Il viaggio continua. Sotto le nuvole e quest'acqua che sembra nevischio. Ma vedo una luce... spero sia il sole e non il lampeggiante di un carro attrezzi...